Strategie equity: correlazione tra Nikkei e Nasdaq...in attesa del rialzo del Nasdaq?
di La redazione di Soldionline 14 ott 2005 ore 08:48Negli ultimi anni c'è stata una correlazione molto forte tra il Nikkei 225, il principale indice azionario giapponese, e il Nasdaq.
Lo scorso 3 febbraio in un report intitolato 'Asset allocation: Nikkei al posto del Nasdaq' sostenevamo che dato l'alto grado di correlazione, ci fosse un certo livello di indifferenza tra le due tipologie di assets. Il Giappone (Nikkei) era però a nostro avviso da preferire in quanto con rendimenti non dissimili esprimeva una volatilità molto minore, e quindi un rapporto rischio/rendimento migliore.
Negli ultimi mesi la correlazione tra gli indici che dal 2000 era stata alta si è molto ridotta.
L'obiettivo di questo report è di fare delle ipotesi se in futuro potrà nuovamente tornare ai precedenti livelli.
fonte: Bloomberg
Elementi comuni tra i due indici:
Dato un determinato grado di correlazione che deriva semplicemente dalla serie storica dei prezzi, il passo successivo è cercare di spiegare da quali variabili è originato. Nel precedente report un elemento considerato era la composizione degli indici, contraddistinta da un alto contenuto tecnologico anche per il Nikkei. Oltre ad una certa diffidenza degli investitori scottati, seppure per motivi diversi, dal violento crollo di entrambi gli indici dai massimi.
Anche altri elementi in comune tra i due indici vanno sottolineati. Il primo riguarda le acquisizioni sbagliate e a prezzi sovente eccessivi, elemento comune nel Giappone degli anni '90 e nel Nasdaq, indipendentemente dai settori che lo compongono.
Queste acquisizioni hanno poi avuto molte conseguenze negative sui bilanci e sullo sviluppo successivo delle aziende coinvolte; conseguenze finanziarie con un calo della cassa, conseguenze reddituali per gli alti ammortamenti e per gli oneri talvolta richiesti dai processi di fusione, conseguenze patrimoniali per la successiva svalutazione dell'avviamento pagato che ha peggiorato i ratios delle società.
Il Giappone ha cominciato a piacere agli investitori esteri solo in seguito al processo di pulizia di bilancio, che forse in maniera più silenziosa, nondimeno è avvenuto anche per le società tecnologiche statunitensi.
Inoltre un elemento in comune tra le aziende dei due indici nei momenti di picco sono stati gli eccessi di capacità produttiva e di scorte.
Quando sembrava che l'incremento del fatturato fosse inarrestabile, le società hanno decisamente incrementato la capacità produttiva, fattore che ha richiesto drastiche ristrutturazioni negli anni successivi. Stesso discorso per l'eccesso di scorte che oltre alle implicazioni negative sul capitale circolante (e quindi sulla cassa), ha spesso necessitato di svalutazioni del magazzino.
Riprenderà il grado di correlazione tra i due indici ?
Il grafico successivo mostra il difforme andamento tra i due indici negli ultimi mesi.
fonte:Bloomberg
Dopo un tentativo di sovraperformance del Nikkei tra marzo ed aprile, successivamente rientrato, c'è stata la divaricazione di performance in agosto in seguito alle dimissioni del premier giapponese Koizumi.
Questo elemento è stato il driver necessario per fare uscire Giappone dallo stato di semi-torpore in cui versava. Driver che per il momento continua a mancare al Nasdaq.
Ipotizzare che il grado di correlazione tra i due assets ritorni alto significa fare delle supposizioni sul futuro andamento degli indici, soprattutto in un momento in cui il trend rialzista in essere sugli indici da inizio anno sembra essersi interrotto.
Nondimeno sul Giappone continuiamo ad essere positivi perché riteniamo che da una parte l'influsso positivo della crescita asiatica, dall'altra una ripresa della fiducia dei consumatori e delle imprese, possano garantire un continuo flusso di capitali.
Il Nasdaq come dicevamo, al contrario non da alcun motivo per prevedere un suo rialzo a brevissimo termine.
Lo scenario per l'equity in generale sembra peggiorare, le ultime operazioni straordinarie (vedi Oracle e Google) non sembrano in grado di creare grande valore e i giganti del settore (Microsoft, Cisco...) non sembrano riuscire a trovare nuove opzioni di crescita.
C'è però un elemento che a medio termine potrebbe essere estremamente positivo, che va a nostro avviso considerato (e che avevamo sottolineato precedentemente) relativamente alle similitudini tra l'indice tecnologico e il Nikkei: capacità produttiva e scorte.
Dopo il crollo del 2000 in borsa ma soprattutto del fatturato, anche le aziende tecnologiche patrimonialmente e dimensionalmente più solide (indipendentemente che producessero telecom equipment, semiconduttori o software), hanno cominciando a difendersi andando a ridurre in ogni modo possibile l'attivo di bilancio.
Le azioni principali oltre alla cessione di partecipazioni non core o comunque poco strumentali, sono state la chiusura di siti produttivi e la progressiva riduzione delle scorte. Anche le aziende che producevano in outsourcing, i cosiddetti Electronic Manufacturing Services (EMS) come Sanmina o Flextronic (società tipicamente situate a Taiwan o Singapore o in paesi dove il costo del lavoro è minore rispetto agli Stati Uniti), a fronte di ordini in riduzione sono corse ai ripari riducendo la loro capacità produttiva.
Nei prossimi mesi non possiamo escludere che la congiuntura globale rimanga forte. E nemmeno che in un ipotesi di soft landing (atterraggio morbido della crescita) ci possa essere una ripresa della fiducia sull'ipotesi che mercati emergenti come Cina, India, brasile o Russia comincino a sostituire l'occidente come motore di crescita.
In una situazione del genere è probabile che la domanda di beni tecnologici torni ai livelli del 1999 e del 2000, in un contesto di capacità produttiva fortemente ridimensionata. L'impatto sull'indice tecnologico di una ipotesi del genere sarebbe quindi decisamente positivo.
La probabilità che tale scenario diventi concreto deve a nostro avviso necessariamente superare questa fase di mercato, contraddistinta dai timori che il consumo e quindi la crescita possano rallentare in modo improvviso negli Stati Uniti.
Conclusioni:
Da inizio 2000 gli indici Nikkei e Nasdaq hanno avuto un grado di correlazione alto.
Da un punto di vista fondamentale gli elementi in comune tra i due indici sono maggiori di quanto potrebbe sembrare.
A inizio anno tra i due indici preferivamo il Giappone, che a fronte di un rendimento atteso simile, qualora la correlazione fosse rimasta alta, presentava un rapporto rischio/rendimento più conveniente.
Il poderoso rialzo del Giappone a partire da agosto sembra avere decisamente allentato questa relazione, che nel medio termine riteniamo possa riprendere.
Il Giappone si è mosso infatti al rialzo in seguito ad alcuni elementi catalizzatori che al momento sembrano mancare al Nasdaq.
Soprattutto a breve termine ci sono alcuni timori per gli indici azionari, che certamente non favoriscono un indice ad alto beta come il Nasdaq. In conseguenza di ciò a breve termine continuiamo a preferire il Nikkei.
Nondimeno se sposiamo l'ipotesi di un atterraggio morbido delle economie, allora è probabile che la riduzione della capacità produttiva e delle scorte in atto da alcuni anni da parte della maggior parte delle aziende tecnologiche possa ridare forza al movimento del Nasdaq. A quel punto il grado di correlazione con l'indice giapponese tornerebbe ad aumentare.
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