Rapporto rendimento/duration: un aggiornamento dopo i movimenti dell’ultimo mese
di La redazione di Soldionline 8 dic 2005 ore 10:13![]() |
La metodologia consiste nel mettere in rapporto il rendimento di un titolo con la sua duration (che definisce di quanto varia il prezzo di un'obbligazione al variare dei tassi di interesse). In termini relativi, maggiore è il rendimento a parità di duration, minore è il rischio di avere un ritorno negativo sull'investimento, in quanto eventuali minusvalenze sul prezzo sono compensate dal rendimento del titolo stesso.
Considerando un periodo di tempo prefissato (tipicamente annuale), questo rapporto consente quindi di valutare la possibilità di avere ritorni annuali negativi dai propri investimenti obbligazionari.
Ad ogni significativo mutamento della curva dei tassi può essere interessante ripetere quest'analisi. Vediamo quindi quale è attualmente il rapporto rendimento/duration sulle varie scadenze.

In termini pratici la tabella precedente ci segnala che nel caso del BTP a 2 anni, con un aumento dei tassi superiore a 1,55% (dal 2,76% al 4,31%), la discesa di prezzo annullerebbe un anno intero di rendimento. Al BTP a 3 anni basterebbe un aumento dei tassi del 1,18% e così via.
Dato però che l'analisi è effettuata considerando la detenzione dei titoli per un periodo di tempo annuale, è secondo noi più corretto considerare la duration dei titoli fra 12 mesi, quando cioè si effettuerà la valutazione complessiva dell'investimento.
Con questa modifica i valori della tabella cambiano in modo significativo.

In termini pratici, acquistando oggi i BTP a 2 anni e detenendoli per un anno, ci vorrebbe un aumento dei tassi di ben il 3,29% (dal 2,76% al 6,05%) per far si che la discesa del prezzi annulli il rendimento percepito. Al BTP a 3 anni basterebbe un aumento dei tassi del 1, 93% per azzerare il rendimento complessivo e così via.
E' evidente che prendendo in considerazione scadenze via via più lunghe, sono necessari incrementi di tassi sempre inferiori per azzerare il rendimento annuo dell'obbligazione; in termini assoluti quindi (come è ovvio) le scadenze più lunghe sono sempre le più penalizzate.
A nostro parere tuttavia questa semplice metodologia è interessante per almeno due motivi:
o consente al risparmiatore di valutare con relativa semplicità uno degli elementi tipicamente critici di un investimento: l'eventualità di un ritorno complessivo negativo;
o consente di monitorare periodicamente le varie scadenze in termini relativi, confrontando quelle che si sono 'avvantaggiate' e quelle che invece hanno peggiorato le loro prospettive.
Relativamente a quest'ultimo aspetto per esempio, se confrontiamo il rapporto Rendimento/Duration odierno con quello di una nostra precedente analisi di luglio 2004, possiamo valutare come siano mutate le prospettive di investimento sui BTP delle varie scadenze.

Con tutti i limiti del caso (ricordiamo come sempre che questa metodologia non è rigorosa), la tabella precedente ci segnala che rispetto a 15 mesi fa l'investimento in BTP di scadenze brevi (soprattutto a 2-3 anni) ha decisamente migliorato le prospettive, viceversa quello in BTP con scadenze superiori ai 5 anni le ha leggermente peggiorate.
Questo ovviamente non significa che l'investimento nel BTP a 10 anni non possa in definitiva risultare migliore rispetto ad uno di scadenza più breve (se i tassi torneranno a scendere); tuttavia la metodologia proposta ci segnala che per risparmiatori poco propensi al rischio, le prospettive dei titoli a tasso fisso con scadenza a 2-3 anni sono decisamente migliorate.
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