Le stime del Fondo Monetario Internazionale
La settimana si chiude senza grandi movimenti nei rendimenti dell’area dell’Euro e con la decisione della Banca Centrale Europea di mantenere immutati i tassi di riferimento.
di Redazione GirlPower 11 apr 2008 ore 14:15TITOLI DI STATO E TASSI
La settimana si chiude senza grandi movimenti nei rendimenti dell'area dell'Euro e con la decisione della Banca Centrale Europea di mantenere immutati i tassi di riferimento. Le notizie più importanti sono, a mio parere, quelle che ci arrivano dal Fondo Monetario Internazionale riguardo alla crescita dell'economia nei prossimi anni e quelle relative a nuove misure delle banche centrali per stimolare la liquidità dei mercati finanziari.
Il Fondo Monetario, nel suo documento semestrale "World Economic Outlook" (vedi il sommario in inglese o in francese) pubblicato mercoledì 9, ha aggiornato le sue stime di crescita per i principali paesi del mondo, evidenziando una contrazione della crescita media e alcune aree in cui il rallentamento sarà più forte che in altre.
Per gli USA, il Prodotto Interno Lordo potrebbe crescere solo dello 0,5%, invece dell'1,5% previsto fino ad ora. L'Italia sarebbe uno dei paesi in assoluto messi peggio, visto che la crescita economica sarebbe prevista nell'intorno dello 0,3% sia per il 2008, sia per il 2009.
Un altro punto sollevato dal Fondo è quello delle misure per stimolare il ritorno della liquidità sui mercati finanziari, che andrebbero ampliate da parte dei governi. I tassi andrebbero tagliati, specie negli Usa e in Europa ed i bilanci pubblici dovrebbero essere utilizzati per grosse operazioni di prestito/acquisto, relative a strumenti finanziari che ora non trovano mercato tra gli investitori.
Il governo americano ha già fatto presente di non aver apprezzato l'interferenza del Fondo sulla sua politica economica, ma sta comunque silenziosamente vagliando diverse alternative per "normalizzare" alcuni comparti come quello del credito ipotecario o degli ABS in genere, che, oggi come oggi, hanno smesso di funzionare e che sono essenziali per il buon funzionamento dell'economia.
Non sono solo gli americani che si preoccupano di potenziali interventi sul mercato. Anche in Europa, in Australia o in Canada, i governi sono alle prese con ipotesi di ogni genere, dall'emissione di garanzie in favore delle principali banche ad acquisti in blocco di attivi, passando per cambiamenti delle normative bancarie in grado di alleggerire i vincoli di bilancio degli intermediari.
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CORPORATE La notizia della settimana in campo societario vede l'Italia come protagonista. Con la sua decisione di non richiamare alla data di call un'obbligazione subordinata di tipo "Lower Tier II", il Credito Valtellinese ha innescato una intricata diatriba tra gli operatori. Prima bisogna dare qualche nota d'insieme, ance se i lettori più assidui di questa newsletter saranno stanchi di sentirmi ripetere spesso le stesse cose.
Quando acquista un'obbligazione subordinata bancaria, l'investitore accetta, in cambio di una remunerazione più elevata che nel caso di un normale bond, alcuni rischi supplementari, in primis quello di essere penalizzato nel caso si verifichino eventi negativi nella vita dell'emittente (liquidazione, insolvenza, ingenti perdite, non pagamento dei dividendi, intervento della banca centrale sono i casi standard). Esistono diverse tipologie di strumenti subordinati con diversi profili di rischio/rendimento. In particolare, i subordinati Lower Tier II sono considerati relativamente poco rischiosi: il loro regolamento prevede che vengano trattati peggio delle altre tipologie di indebitamento dell'emittente, solo in caso di insolvenza/liquidazione. Finchè il debitore è solvente, deve pagare le cedole del titolo e rimborsare il capitale a scadenza. Questi titoli hanno una scadenza predefinita e certa (a differenza di altri bond subordinati come le preferred shares o i titoli ibridi), di solito di dieci o dodici anni e hanno molto spesso (non sempre comunque) una clausola cosiddetta di call/step-up, dopo cinque o sette anni dall'emissione: per rendere più appetibili i titoli e diminuirne la vita media attesa, l'emittente prevede la possibilità di rimborsare alla data di call, il titolo (o alle date di pagamento cedola successive). Se non esercita quest'opzione, la cedola subisce un aumento ("step-up"), penalizzante per l'emittente. In questo modo, il mercato è convinto che l'emittente abbia un forte interesse a rimborsare il titolo, che viene trattato come un titolo dalla vita media più ridotta di quanto non reciti il regolamento (l'investore presume che il titolo sia rimborsato alla "call date").
Quello che è successo negli ultimi mesi (un colossale aumento dei rendimenti di mercato e le notevoli difficoltà, condivise da tutti, a reperire liquidità anche a tassi elevati), rende però questo discorso assai relativo. Nel caso del Credito Valtellinese 30 aprile 2013 (richiamabile il 30 aprile 2008), un titolo con caratteristiche "standard"sul mercato, il regolamento prevedeva, dal 2003 al 2008, una cedola pari all'Euribor trimestrale + 1% e, in caso di mancato rimborso alla data call, un aumento a Euribor+1,6%. Quello che nel 2003 era considerato un tasso penalizzante (appunto Euribor+1,6%), ora è una condizione di tutto favore e molto inferiore al costo che l'emittente dovrebbe pagare per un titolo subordinato dello stesso genere.
Il fatto che non sia stato rimborsato oggi (magari lo sarà tra un anno, quando le condizioni del mercato saranno migliorate) a me non stupisce più di tanto. Perché l'emittente dovrebbe esercitare per forza un'opzione in suo favore, se sfavorevole?
Invece, molti operatori di mercato sembrano "sconvolti" dalla decisone della banca italiana e chiamano al delitto di lesa maestà (qui vorrei fare qualche considerare su chi sta "scagliando le pietre", ma preferisco lasciare stare, il lettore potrà facilmente immaginare). In verità, ci si può aspettare che altri emittenti seguano l'esempio del Creval (tanto più che non sarebbero i primi a farlo e questo rende meno traumatica la mossa). Secondo dati forniti da BNP_Paribas, ci sono poco meno di 8 miliardi di obbligazioni Lower Tier II in scadenza nel 2008, vedremo chi le rimborserà.
Simili problemi potrebbero incontrarsi per titoli ancora più pesantemente subordinati, come gli Upper Tier II o i Tier I, che non hanno proprio una data di scadenza ma solo una data di call. In questo caso, le conseguenze sui prezzi sarebbero ancora maggiori.
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HIGH YIELD
Secondo Morgna Stanley, l'ondata di aumento dei rendimenti che, originatasi negli Usa, ha colpito tutto il mondo, ha reso il debito delle società asiatiche particolarment conveniente. Secondo la banca d'affari statunitense, il premio per il rischio sui mercati asiatici è il più alto a livello mondiale. Alcuni bond sono interessanti anche se analizzati da investitori del mercato azionario, tanto i loro rendimenti sono alti.
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PAESI EMERGENTI
Segnaliamo il primo bond internazionale da parte della Georgia (la Repubblica in passato parte dell'URSS) che ha emesso 500 milioni di dollari al 7,5% con scadenza nel 2013 ed un premio sui titoli del Tesoro Usa pari al 4,75%. Il rating del paese, che sta crescendo a ritmi forsennati negli ultimi anni, è par a B+.
In Islanda, la tensione resta alta ed il Primo Ministro, Geier Haarde, ha definito "ridicole" le voci secondo le quali il paese potrebbe defaultare (forse poteva evitare di commentare voci "ridicole").
Le parole del Primo Ministro sono state estremamente dure nei confronti degli speculatori che starebbero destabilizzando il paese: "E' chiaro che in giro ci sono persone che stanno provando a fare soldi a nostre spese e vogliamo scrollarceli di dosso".
Tanto per toccare il terzo continente in questa sezione, spendiamo poche righe per darvi un flash sul debito argentino. Sono sempre più pressanti le voci secondo le quali l'Argentina starebbe trattando con il Club di Parigi (che raggruppa i creditori sovrani), con il quale ha ancora molti conti aperti.
Tra le condizioni richieste dal paese sudamericano, ci sarebbero la totale esclusione del Fondo Monetario come interlocutore o garante dell'accordo (fatto insolito, ma prevedibile per via dello storico conflitto in essere con il governo), ma anche la non apertura del dossier relativo agli hold-outs (i detentori di bond argentini che non hanno aderito all'offerta di scambio del 2005), il che è francamente incomprensibile, salvo pensare che il governo abbia chiuso per sempre ogni porta agli investitori in vecchia carta argentina.