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Analisi sul mercato obbligazionario

“Mario Draghi ha fatto quello che nessuno dei suoi due predecessori alla BCE è stato in grado di fare, affrontando la Bundesbank e mettendo in discussione il concetto che la BCE possa funzionare solo seguendo una politica monetaria dura di stile tedesco”

di Redazione Soldionline 11 set 2012 ore 11:34

Chris IGGO, CIO Global Fixed Income di AXA Investment Managers
 
Consilio et animis (con saggezza e coraggio). Giovedì scorso è stato forse l’inizio della riscossa latina? Mario Draghi ha fatto quello che nessuno dei suoi due predecessori alla BCE è stato in grado di fare, affrontando la Bundesbank e mettendo in discussione il concetto che la BCE possa funzionare solo seguendo una politica monetaria dura di stile tedesco. Il primo Presidente della BCE, Wim Duisenberg, era stato una scelta sicura alla guida della nascente banca centrale nel 1999, avendo condotto con successo la politica monetaria olandese sulla falsariga dei guardiani del Deutsche Mark. Non si sarebbe mai comportato in maniera avventata nel momento in cui la nuova valuta si stava forgiando e gli architetti dell’Euro erano ancora ossessionati dalla necessità di convincere il mondo che si sarebbe trattato di una moneta molto forte. La nomina di Jean-Claude Trichet quale successore era stata concordata con largo anticipo, dando alla Francia l’influenza sull’evoluzione dell’Area Euro, a lungo ricercata quale uno dei principali promotori della nuova Europa. A volte Trichet suonava un po’ come Karl-Otto Pohl o Helmut Schlesinger, così desideroso di dissipare l’idea che il Franco fosse il ventre molle della politica monetaria della nuova unione. Poi è arrivata la crisi e con essa Super Mario. Dalla sua nomina, l’Europa sta gradualmente ottenendo una politica monetaria più flessibile e più adatta alle condizioni economiche molto divergenti dell’area monetaria. Fattore più importante, si tratta di una politica che ha maggiori probabilità di mantenere in piedi la moneta unica.

L’OMT darà risultati migliori dell’SMP e dell’LTRO? 
Da Italiano, Draghi è cosciente dei vantaggi di cui le economie del Sud Europa hanno goduto grazie all’appartenenza al mercato unico e alla moneta unica. E’ inoltre assolutamente consapevole di come tali benefici andrebbero persi se la crisi del debito dovesse concludersi con un default e una ridenominazione. Il piano d’acquisto obbligazionario è, a mio avviso, un ulteriore strumento di politica per affrontare efficacemente le problematiche economiche e politiche dell’Europa di oggi. La BCE acquisterà un ammontare illimitato di debito statale a breve termine dei Paesi che concorderanno una certa condizionalità. Da rilevare che la condizionalità alla quale Draghi si riferisce è meno severa di quella imposta a Grecia, Irlanda e Portogallo. Altrettanto importante è inoltre la rinuncia allo status di creditore privilegiato della BCE per il nuovo programma. Entrambe queste condizioni sono vantaggiose per i Paesi beneficiari – quasi certamente Spagna e Italia – poiché si avvantaggeranno di una maggiore flessibilità nel definire i piani di austerity, e per gli investitori privati che non dovranno considerare un rialzo significativo nel calcolo delle “perdite causa default” poiché anche la BCE sarebbe penalizzata da eventuali perdite del debito sovrano. In tal senso, proprio per sua struttura, il piano OMT dovrebbe rivelarsi più efficace rispetto ai precedenti programmi di liquidità.


Ora tocca a voi – Monti e  Rajoy. La BCE è l’unica istituzione in grado di portare miglioramenti di breve periodo sui mercati finanziari europei – intendendo calo degli spread sovrani e minore volatilità. Draghi si è dimostrato decisamente più efficiente in questo di qualunque altro politico in Europa ed ha spostato gli equilibri della gestione della crisi del debito” dall’esclusivo affidamento ad un’austerity punitiva. Da quando, a fine luglio, ha dichiarato che la Banca centrale avrebbe fatto tutto il necessario per salvare l’euro, i rendimenti obbligazionari a 2 anni spagnoli sono scesi di circa il 3%, quelli italiani del 2%. Cali simili sono stati raggiunti dalla fine del 2011 al marzo 2012 quale risultato dei programmi LTRO volti a evitare la necessità di salvataggi sovrani su larga scala delle banche. Per bloccare i guadagni ottenuti dal mese di luglio, i leader di Spagna e Italia devono ora soddisfare un pre-requisito prima di poter accedere agli aiuti offerti. La BCE garantirà costi di finanziamento a breve termine bassi e l’ESM/EFSF può fornire finanziamenti di più lungo termine nel caso in cui Spagna e Italia concordino un livello di correzione fiscale coerente con il raggiungimento di un rapporto debito/PIL stabile nel medio termine. E’ difficile ipotizzare che non lo facciano, poiché evitare la firma degli accordi di convenzionalità provocherebbe semplicemente una nuova impennata dei rendimenti. Se poi i leader di queste nazioni riusciranno ad ottenere un sufficiente supporto interno è un’altra questione, ma in una certa misura il lavoro duro è già stato fatto. Sia la Spagna che l’Italia hanno già fatto molto in termini di tagli alle spese, aumenti delle imposte e riforme strutturali. E’ necessario che continuino in questa direzione e se si impegneranno nel rifinanziamento del debito in scadenza e nel finanziamento dei deficit fiscali primari (si spera in calo) il cammino sarà molto più semplice.

Il dominio della politica economica tedesca è finito del tutto? La BCE ha riportato una grossa vittoria sulla Bundesbank ma la Germania non abbozzerà completamente su questioni correlate alla mutualizzazione del debito. Dopo tutto, la Germania è il creditore principale e il suo “zeitgeist” politico è quello di evitare di firmare assegni in bianco ai Paesi del Sud Europa. Pertanto, qualunque aiuto ufficiale a Spagna e Italia dovrà soddisfare i criteri di condizionalità accettabili per Berlino. Questo sarà fonte d’incertezza nelle prossime settimane poiché saranno in corso delle trattative tra Spagna e Italia da un lato e UE dall’altro. Nel nuovo contesto di politica economica, tuttavia, l’utilizzo dei fondi pubblici potrebbe non essere così ingente come prima dell’intervento della BCE. Piccoli passi verso un’ulteriore integrazione fiscale, forse. Uno dei prezzi da osservare con attenzione è il valore dell’euro sul mercato dei cambi. Se si diffonderà la percezione di un eccessivo stemperamento dell’ortodossia tedesca, allora l’euro s’indebolirà. Interessante e significativo il fatto che dal 26 luglio non abbia invece fatto altro che salire.

Draghi salverà anche Obama? I mercati azionari hanno reagito positivamente all’annuncio della BCE. Negli USA, gli indici principali sono tornati ad attestarsi ai livelli di fine 2007/inizio 2008. La chiave per incoraggiare l’economia globale è la fiducia e Draghi deve aver incoraggiato la fiducia (o ridotto i rischi, dipende da come la vedete). Il miglioramento di alcuni dati economici negli USA e un mercato azionario positivo, con l’approssimarsi delle elezioni di novembre possono rappresentare un bel sostegno al Presidente in carica. Le metriche fiscali USA sono scadenti come quelle del Sud dell’Europa, per cui l’economia ha bisogno di crescita ma non di tagli fiscali sconsiderati. La continuità potrebbe essere il risultato migliore, anche se alcuni fardelli fiscali ostacoleranno la crescita nel prossimo futuro. Tuttavia, azioni positive sui mercati insieme ad un inalterato impegno a mantenere bassi i tassi d’interesse per un lungo periodo e la disponibilità ad impegnarsi in un ulteriore allentamento quantitativo potrebbero avere reali implicazioni positive sull’economia statunitense. Nel frattempo, c’è stato un immediato flusso di emissioni obbligazionarie in Europa, per beneficiare del drastico calo dei rendimenti sulla scia dell’annuncio della BCE. Il calo dei rendimenti in sé non crea crescita economica ma certamente agevola la correzione dei bilanci. Il rialzo dei titoli azionari e dei prezzi delle commodity, la riduzione degli spread dei CDS e l’enorme domanda di nuove emissioni corporate: il Signor Draghi si merita un bel bicchiere di Chianti questo fine settimana.


Può essere che il futuro ci riservi delle brutte sorprese ma fintanto che ci sono Draghi, Bernanke e King e il QE, “let’s take the liquidity and dance” (le mie scuse a Irving Berlin per il plagio)
. I meno inclini al divertimento contrasteranno senz’altro il mio ottimismo sottolineando come niente sia veramente cambiato. Ci sono ancora troppi debiti, troppa poca crescita, un sistema finanziario sempre in panne mentre persevera l’incapacità dei politici di delineare una struttura economica post-crisi. Tutto vero, e non ho mai sostenuto che i problemi economici che ci affliggono potessero essere risolti con facilità. Ma siamo realistici. Non ritorneremo indietro a prima del 2008. Non ci saranno più il boom del credito, l’espansione dei bilanci, i finanziamenti basati sui prodotti strutturati. Tutto questo non c’è più. E si, ci aspettano anni di correzioni fiscali e crescita scarsa e bassi tassi d’interesse. Ma le imprese continuano a produrre, offrendo lavoro, innovando e generando ricchezza. I fondi pensione devono essere investiti. Le polizze assicurative devono essere investite. Le famiglie devono far fruttare i propri risparmi. I mercati possono ancora offrire rendimenti accettabili anche in un contesto di crescita scarsa, soprattutto in presenza di grandi liquidità. Mi aspetto che gli entusiasmi vengano tenuti a freno dalla consapevolezza che il debito continuerà a salire, che i Governi dovranno continuare a cedere terreno e che i redditi reali resteranno sotto pressione per un certo periodo. Il succo della questione è che preferisco trovarmi ad affrontare questa realtà anziché il cataclisma di una rottura dell’Area Euro e della sua moneta con le conseguenti problematiche di ordine sociale ed economico.

I premi di rischio sono più bassi e questo implica prezzi obbligazionari più alti. C’è ancora del potenziale sul mercato obbligazionario, nei finanziari subordinati, nei corporate periferici, nell’HY e presumibilmente anche in alcuni dei titoli sovrani periferici a più lunga scadenza. Se i rendimenti obbligazionari sono inferiori e le previsioni di crescita marginalmente superiori, allora perché non aspettarsi che i mercati azionari proseguano da qui. I rendimenti dei titoli di Stato nei Paesi core resteranno ancorati a livelli molto bassi dai tassi ufficiali e dai programmi di acquisto delle obbligazioni e tuttavia, se l’approccio di “reflazione monetaria” alla crisi del debito inizierà a produrre i suoi frutti, le previsioni di crescita del PIL nominale saliranno e a beneficiarne saranno le obbligazioni correlate all’inflazione. I tassi d’inflazione break-even di lungo termine resteranno al di sotto del 2,5% per i mercati sviluppati e continuo a sostenere la necessità di proteggersi dall’inflazione e di ridurre la duration in ogni portafoglio obbligazionario con un notevole rischio di tassi d’interesse. Con la maggiore diffusione della “reflazione monetaria”, la combinazione di obbligazioni inflation linked e high-yield o di inflation linked e azioni diventa più interessante che mai quale strategia di più lungo termine.

E’ stata un’interessante prima settimana di settembre. La BCE ha esposto un piano sensato. Le Paralimpiadi hanno continuato ad offrirci storie avvincenti. Andy Murray ha un’altra possibilità di vincere il grande Slam. Il tempo a Londra è stato splendido. RVP è presto diventato il nuovo idolo del Manchester United. (Alcuni di voi hanno commentato l’assenza di riferimenti al calcio settimana scorsa). Siamo all’inizio della stagione ed oltre ai 4 goal di van Persie non c’è altro da commentare, a parte sottolineare il pessimo inizio del Liverpool. Ad ogni modo, la frase latina che ho usato all’inizio del blog è anche il motto dell’altra squadra di calcio di cui sono tifoso, lo Sheffield Wednesday. Il team, che milita nella seconda serie calcistica d’Inghilterra, sta facendo bene in questo momento, ma gli ultimi anni non sono stati buoni ed una frase più appropriata per i tifosi del club sarebbe stata “coraggio senza saggezza”. Si spera, come per l’euro, che le cose cambino in meglio.

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