La reazione dei mercati alla crisi politica del Portogallo
Ciò a cui stiamo assistendo in Portogallo può essere definito come una crescente affaticamento nel processo di riforme
di Redazione Soldionline 4 lug 2013 ore 14:57
Articolo a cura di Willem Verhagen, Senior Economist di ING Investment Management
Ciò a cui stiamo assistendo in Portogallo può essere definito come una crescente affaticamento nel processo di riforme. Alla luce dei movimenti di protesta, si erano visti alcuni tentativi di rinnovamento, ma oggi i segnali di un indebolimento nella coalizione di governo sono evidenti. Così come in ogni paese periferico, i partiti politici stanno probabilmente facendo calcoli continui su cosa sia più utile per loro. Potrebbe esserci una forte spinta a rimanere comunque nelle coalizioni, seppure si rendesse necessario prendere misure impopolari, perché elezioni a breve termine potrebbero privilegiare partiti più populisti. Tuttavia, c’è anche l’eventualità di un partito che reputi maggiormente vantaggioso uscire dal governo e, così facendo, guadagnare consenso tra gli elettori più scontenti.
La ragione fondamentale per cui l’Europa è tuttora in una situazione di confusione è dovuta al fatto che sin dall’inizio della crisi i politici hanno fallito nel riconoscere che il problema è comune e che quindi tutti i partiti sono egualmente responsabili, sia per il suo manifestarsi sia per la sua risoluzione. In breve, un aumento dell’indebitamento e del deficit delle partite correnti non sarebbe stato possibile senza un corrispondente aumento dei finanziamenti e un surplus di bilancio nei paesi core. Troppo a lungo i paesi più virtuosi hanno considerato la crisi come il risultato di sperperi nei periferici che a loro avviso potevano essere risolti solamente attraverso riforme strutturali e politiche fiscali più stringenti. A causa della forte pressione dei mercati, i paesi core sono stati quindi costretti a concedere alcuni forme di sostegno attraverso l’Efsf e l’Esm e il Portogallo ne sta beneficiando.
Oggi è chiaro come un focus condiviso sull’inasprimento delle politiche fiscali e sulla simultanea implementazione di riforme strutturali comporti elevati costi sociali ed economici che, per un singolo paese, possono diventare insostenibili. Sarebbe stato molto meglio se la Troika avesse drasticamente ridotto l’inasprimento fiscale nei periferici, in considerazione dei possibili effetti negativi in uno scenario caratterizzato da deleveraging del settore privato, limitato accesso al credito ed export ostacolato dalla scarsa crescita nei paesi sviluppati e da problemi di competitività. Agendo in questo modo, anche le indispensabili riforme strutturali sarebbero state più socialmente accettabili. E inoltre ci si sarebbe potuti focalizzare maggiormente sull’adozione di politiche economiche più accomodanti.
Oggi i decisori politici dell’eurozona cominciano a prenderne consapevolezza, come testimonia una maggior indulgenza verso il rispetto dei target sul deficit. Ciò nonostante, un danno importante nei confronti dell’economia e della coesione sociale nei paesi periferici è già stato arrecato. L’attuale rialzo dei tassi non rappresenta un’immediata minaccia per le finanze pubbliche del Portogallo, dato che il paese sarà sotto il supporto della Troika fino alla seconda metà del 2014. Si pone comunque un problema indiretto perché l’impatto sulle condizioni finanziarie interne potrebbe portare a un restringimento del credito, nella misura in cui le banche domestiche dovessero farsi carico del debito. Tutto ciò avrebbe un effetto depressivo sulla crescita di breve periodo e, di conseguenza, anche sulla sostenibilità del debito pubblico e privato.
Una soluzione di breve periodo deve pervenire dai politici portoghesi dove però la situazione rimane fluida. E va anche ricordato che il Portogallo non è più sotto l’ombrello dell’Omt della Banca Centrale Europea, ma è completamente all’interno di un programma della Troika. Una strategia probabilmente era quella di riportare il Portogallo sul mercato l’anno prossimo, con una linea di credito dell’Esm a fungere sa sostegno, così da tornare a essere qualificato per il programma Omt. Grazie poi al fatto di essere sempre stato un “buon cittadino”, la reputazione del Portogallo a livello europeo, inoltre, è molto migliore rispetto a quella che aveva la Grecia. Se vi dovesse essere la necessità, ma solo dopo un ulteriore aumento della pressione, probabilmente una soluzione all’attuale turbolenza di mercato si potrebbe trovare. Così come per la Grecia, non si può escludere che un coinvolgimento del settore privato (Psi) possa essere una parte della soluzione. Tutto dipenderà dal fatto che gli altri paesi ritengano sufficientemente solide le protezioni contro il rischio di un contagio.
Ciò a cui stiamo assistendo in Portogallo può essere definito come una crescente affaticamento nel processo di riforme. Alla luce dei movimenti di protesta, si erano visti alcuni tentativi di rinnovamento, ma oggi i segnali di un indebolimento nella coalizione di governo sono evidenti. Così come in ogni paese periferico, i partiti politici stanno probabilmente facendo calcoli continui su cosa sia più utile per loro. Potrebbe esserci una forte spinta a rimanere comunque nelle coalizioni, seppure si rendesse necessario prendere misure impopolari, perché elezioni a breve termine potrebbero privilegiare partiti più populisti. Tuttavia, c’è anche l’eventualità di un partito che reputi maggiormente vantaggioso uscire dal governo e, così facendo, guadagnare consenso tra gli elettori più scontenti.
La ragione fondamentale per cui l’Europa è tuttora in una situazione di confusione è dovuta al fatto che sin dall’inizio della crisi i politici hanno fallito nel riconoscere che il problema è comune e che quindi tutti i partiti sono egualmente responsabili, sia per il suo manifestarsi sia per la sua risoluzione. In breve, un aumento dell’indebitamento e del deficit delle partite correnti non sarebbe stato possibile senza un corrispondente aumento dei finanziamenti e un surplus di bilancio nei paesi core. Troppo a lungo i paesi più virtuosi hanno considerato la crisi come il risultato di sperperi nei periferici che a loro avviso potevano essere risolti solamente attraverso riforme strutturali e politiche fiscali più stringenti. A causa della forte pressione dei mercati, i paesi core sono stati quindi costretti a concedere alcuni forme di sostegno attraverso l’Efsf e l’Esm e il Portogallo ne sta beneficiando.
Oggi è chiaro come un focus condiviso sull’inasprimento delle politiche fiscali e sulla simultanea implementazione di riforme strutturali comporti elevati costi sociali ed economici che, per un singolo paese, possono diventare insostenibili. Sarebbe stato molto meglio se la Troika avesse drasticamente ridotto l’inasprimento fiscale nei periferici, in considerazione dei possibili effetti negativi in uno scenario caratterizzato da deleveraging del settore privato, limitato accesso al credito ed export ostacolato dalla scarsa crescita nei paesi sviluppati e da problemi di competitività. Agendo in questo modo, anche le indispensabili riforme strutturali sarebbero state più socialmente accettabili. E inoltre ci si sarebbe potuti focalizzare maggiormente sull’adozione di politiche economiche più accomodanti.
Oggi i decisori politici dell’eurozona cominciano a prenderne consapevolezza, come testimonia una maggior indulgenza verso il rispetto dei target sul deficit. Ciò nonostante, un danno importante nei confronti dell’economia e della coesione sociale nei paesi periferici è già stato arrecato. L’attuale rialzo dei tassi non rappresenta un’immediata minaccia per le finanze pubbliche del Portogallo, dato che il paese sarà sotto il supporto della Troika fino alla seconda metà del 2014. Si pone comunque un problema indiretto perché l’impatto sulle condizioni finanziarie interne potrebbe portare a un restringimento del credito, nella misura in cui le banche domestiche dovessero farsi carico del debito. Tutto ciò avrebbe un effetto depressivo sulla crescita di breve periodo e, di conseguenza, anche sulla sostenibilità del debito pubblico e privato.
Una soluzione di breve periodo deve pervenire dai politici portoghesi dove però la situazione rimane fluida. E va anche ricordato che il Portogallo non è più sotto l’ombrello dell’Omt della Banca Centrale Europea, ma è completamente all’interno di un programma della Troika. Una strategia probabilmente era quella di riportare il Portogallo sul mercato l’anno prossimo, con una linea di credito dell’Esm a fungere sa sostegno, così da tornare a essere qualificato per il programma Omt. Grazie poi al fatto di essere sempre stato un “buon cittadino”, la reputazione del Portogallo a livello europeo, inoltre, è molto migliore rispetto a quella che aveva la Grecia. Se vi dovesse essere la necessità, ma solo dopo un ulteriore aumento della pressione, probabilmente una soluzione all’attuale turbolenza di mercato si potrebbe trovare. Così come per la Grecia, non si può escludere che un coinvolgimento del settore privato (Psi) possa essere una parte della soluzione. Tutto dipenderà dal fatto che gli altri paesi ritengano sufficientemente solide le protezioni contro il rischio di un contagio.
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