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L'Irlanda fuori dalla crisi. Sicuri?

Nei giorni scorsi buone notizie per l'Irlanda: Dublino ha collocato un bond che è andato a ruba a un rendimento vicino al 3,5%. Ma le cose, per gli irlandesi, non vanno così bene

di Mauro Introzzi 16 gen 2014 ore 12:30
Nei giorni scorsi sono arrivate buone notizie per l'Irlanda. Dopo 3 anni di aiuti della Troika - e la conseguente impossibilità a finanziarsi sul mercato - Dublino è tornata sul mercato obbligazionario, collocando un bond decennale. Lo strumento ha registrato un grande successo, raccogliendo ordini per 14 miliardi di euro a fronte di un'offerta con un controvalore pari a 3,75 miliardi di euro.

Questa grande quantità di richieste ha permesso all'Irlanda di tenere al 3,543% il rendimento del bond, con il decennale già in circolazione che sul secondario ha toccato i minimi da inizio 2010. A riprova che gli investitori non ritengono così rischioso tornare ad investire sul debito di Dublino.

Ma è davvero così? Veramente l'Irlanda ha superato con successo il periodo di aiuti, e le relative condizioni, imposte per 3 anni da Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Unione Europea?

irlanda_3In un pezzo pubblicato sull'edizione online del New York Times Fintan O’Toole, editorialista dell'Irish Times, ci spiega meglio come stanno le cose, evidenziando che il costo dell'uscita dalla crisi è altissimo, in alcuni casi ancora maggiore della crisi stessa.
O’Toole evidenzia come tutti vogliano che quella irlandese sia una tipica notizia positiva, comprovante che il sopportare i dolori di un lungo e provante piano di austerità, alla fine, paghi. L'editorialista cita le parole del vicepremier Eamon Gilmore, determinato affinché quella irlandese sia una storia di successo europea", le dichiarazioni di uno dei più influenti membri del board della Bce, Jörg Asmussen, che ha detto che "il programma irlandese è una storia di successo", nonchè quanto dichiarato dal Cancelliere tedesco Angela Merkel, che ha più volte elogiato l'Irlanda e l'ha presa esempio di come i paesi in crisi possono risollevarsi.

Il problema è che gli irlandesi non se la passano proprio bene.
O’Toole prende a prestito una metafora cinematografica e paragona il suo popolo a "Rocky" più che a "Le ali della libertà". Gli irlandesi non sono stati gioiosamente liberati ma hanno appena sopportato un sacco di pugni. Sono ancora in piedi ma hanno incassato così tanti colpi che non riescono neanche a vedere.

L'economia irlandese, secondo quanto indica O'Toole, si poggia fondamentalmente su due gambe: quella più globale dei grandi gruppi multinazionali dell'hi-tech (con i loro splendenti uffici di Dublino che non hanno nulla da invidiare a quelli di Los Angeles o a Dubai), e quella più locale, della maggior parte dei lavoratori. Mentre la prima è fortemente in espansione la seconda soffre ancora molto. Al di fuori di Dublino, dove i prezzi degli case hanno ricominciato a crescere, il comparto immobiliare registra ancora delle flessioni.

La disoccupazione, evidenzia O'Toole, rimane molto elevata (al 12,8%)
e i giovani laureati stanno fuggendo all'estero, specie negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e in Gran Bretagna, allla ricerca di lavoro e di opportunità.
L'editorialista cita poi altre grandezze rilevanti. Come il dato sulla crescita, che il Fondo Monetario Internazionale, in scia al programma di aiuti e di austerity, aveva stimato pari al 5,25% tra il 2011 e il 2013 e che invece è stata pari alla metà. Oppure quello sul rapporto debito/pil, che a causa del debito crescente (un fenomeno che il programma di austerità non è riuscito a fermare, nonostante fosse uno dei suoi primi obiettivi) è passato dal 64% del 2009 al 125% dell'anno passato.
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