NAVIGA IL SITO

Fine del rally di mercato?

Siamo solo alla fine di gennaio e i mercati hanno già raggiunto il nostro target di fine anno che vedeva l’indice S&P 500 a 1.500 punti. Questo non ci porta a essere ribassisti, ma ci induce a essere cauti.

di Redazione Soldionline 1 feb 2013 ore 12:08

Articolo a cura di Andrew Pease, Global Head of Investment Strategy di Russell Investments

Siamo solo alla fine di gennaio e i mercati hanno già raggiunto il nostro target di fine anno che vedeva l’indice S&P 500 a 1.500 punti. Questo non ci porta a essere ribassisti, ma ci induce a essere cauti. Continuiamo a ritenere che nel medo termine le azioni sovraperformino le obbligazioni, ma nel più breve periodo è bene ricordare che i mercati si muovono secondo cicli di ottimismo e pessimismo.
Gli investitori, negli ultimi due anni, hanno cavalcato uno scenario di alternanza tra risk-on e risk-off in cui il principale errore è stato quello di comprare nei momenti di ottimismo e vendere nei momenti di pessimiss&pmo. E benché non ci siano al momento chiari indicatori in merito al fatto che gli investitori inneschino decisi movimenti di vendita, vediamo segnali di attenzione dai quali emerge come i fondamentali di breve periodo siano correttamente prezzati negli attuali livelli del mercato azionario.
Crediamo sia importante per gli investitori capire i fattori di possibile ottimismo, ma anche evidenziare i principali elementi di rischio che potrebbero portare a un’inversione di tendenza.

Cosa ha fatto salire cosi tanto i mercati?

• Gli Stati Uniti hanno evitato il “fiscal cliff” e c’è fiducia sul fatto che le imminenti scadenze sul tetto al debito pubblico e i relativi tagli alla spesa siano negoziati con successo.
• Le notizie relative all’economia americana sono positive. Il mercato immobiliare sta continuando a migliorare e gli indicatori del mercato del lavoro, come ad esempio le richieste settimanali per i sussidi, stanno migliorando.
• Ci sono state notizie migliori (o almeno meno peggiori del previsto) relative allo stato dell’Europa. I rendimenti obbligazionari sono tornati su livelli di sicurezza per la Spagna e per l’Italia e una crisi sistemica sembra essere meno probabile.
• La Cina si sta riprendendo. L’indice manifatturiero PMI è ai livelli più alti da due anni e molti analisti ritengono che una modesta ripresa sia in corso.
• La stagione delle trimestrali americane è stata leggermente migliore di quanto previsto.

Cosa potrebbe portare a un’inversione di tendenza?
• Il fallimento delle trattative per prevenire ingenti tagli automatici alla spesa pubblica negli Stati Uniti. Un accordo è stato raggiunto all’inizio dell’anno per attenuare gli aumenti automatici alla pressione fiscale e la scadenza sul tetto del debito pubblico è stata posticipata al 19 maggio. Il risultato chiave che ne emerge sono i 110 miliardi di dollari (0,7% del PIL americano) di tagli automatici alla spesa concordati al momento del dibattito sul tetto al debito pubblico nell’agosto del 2011. Questi saranno effettivi dal 1° marzo e benché il recente accordo sulla tassazione abbia portato un miglioramento della pressione fiscale dell’1,5% di PIL, l’aggiunta del pacchetto completo di tagli automatici porterà la pressione fiscale di quest’anno al 2% del PIL. Un elemento, quindi, che potrebbe minare la fiducia nelle previsioni di crescita dell’economia americana. Anche se gli investitori si sono abituati ad accordi dell’ultimo minuto e sono consapevoli dei rischi di uno stallo, il dibattito sui tagli alla spesa può turbare i mercati e a portare a un’inversione delle aspettative sulla crescita americana.


• Problemi rilevanti in Europa. Il successo delle manovre di Mario Draghi nel ridurre i rendimenti obbligazionari all’interno dell’Eurozona ha creato la percezione che la crisi sia ormai alle spalle. Ma questa view deve essere poi confermata nei prossimi mesi, poiché i dati economici stanno deludendo le attese e i tassi di disoccupazione ancora alti creano tensioni politiche e sociali. L’austerità fiscale sta continuando, la BCE non sembra intenzionata a sviluppare ulteriormente le misure di politica monetaria e l’euro forte sta mettendo in difficoltà la competitività nell’export. Benché più positivi degli ultimi, i recenti dati economici mostrano una recessione ancora perdurante e le elezioni in Italia previste a fine febbraio riaccenderanno l’attenzione sui problemi chiave dell’Eurozona.
• Gli utili hanno deluso. L’ultima stagione delle trimestrali è iniziata in maniera ottimistica, ma le previsioni per il 2013 sono piuttosto fosche. I margini di profitto delle società americane sono alti e gli indicatori futuri come la fiducia dei Ceo mostrano una crescita debole. Nel frattempo, il consenso degli operatori si attende per quest’anno una crescita degli utili per azione vicina al 10% per le società che appartengono all’indice S&P 500. Russell ritiene che una crescita generale dei profitti del 5% potrebbe già essere un buon risultato considerato che difficilmente il PIL nominale cresca più del 4%.
• Ottimismo esagerato. L’indice di Citigroup “economic data surprise”, che misura come i dati economici rispecchino le previsioni di consenso, ha virato in negativo segnalando come i dati ufficiali non coincidano che le previsioni più ottimistiche. L’Indice Vix è ai minimi degli ultimi cinque anni e mezzo, a un valore inferiore a 13. Gli investitori potrebbero focalizzarsi eccessivamente sui rischi di breve periodo e acquisire fiducia eccessiva rispetto all’outlook economico – una combinazione questa preoccupante.

Avevamo stabilito il target di un S&P 500 a quota 1.500 punti a metà dicembre 2012, quando l’indice era a 1.425. Ci aspettavamo rendimenti a una cifra dai mercati azionari rispetto a uno scenario di profitti in moderata crescita e valutazioni corrette per il mercato azionario. Niente di ciò che è successo da quella data ha modificato il nostro outlook. Se si avesse una fase di mercato rialzista, le valutazioni azionarie tornerebbero sui livelli pre-crisi. L’indice S&P 500 è attualmente su un rapporto P/E di 14,5 rispetto a una media di 16,5 prima della crisi. Ritornare a questi livelli richiederebbe che negli Stati Uniti e in Europa si registrino tassi di crescita pre-crisi.
E per avere ciò sarebbe necessario un piano credibile a lungo termine per mantenere la spesa pubblica americana in stato di salute, l’Europa dovrebbe raggiungere un’unione bancaria effettiva e mettere in atto un meccanismo di condivisione del debito tra i vari Paesi e porre termine all’austerità fiscale, così da iniziare a produrre crescita. Tutte queste cose sono possibili, ma nessuna di queste sembra probabile al momento. I mercati potranno tornare a correre se gli investitori iniziassero a spostare i loro investimenti dalla liquidità e dalle obbligazioni verso le azioni, specialmente chi ha perso il rally dello scorso anno e non ha intenzione di perdersi quello del 2013. Questo potrebbe portare i mercati lontano dai loro fondamentali e creare il rischio di una ritirata massiccia in un secondo momento.

Tutto questo cosa comporta per gli investitori?
Riteniamo che i mercati azionari siano correttamente valutati rispetto ai fondamentali e che molto del potenziale al rialzo sia stato già prezzato. I mercati si muovono secondo cicli e al momento vi sono sufficienti segnali che indicano come gli investitori stiano diventando eccessivamente ottimisti. In un’ottica di lungo termine, crediamo che le azioni sovraperformeranno le obbligazioni, ma al momento siamo cauti sul correre dietro l’attuale rally. Vogliamo evitare la trappola di comprare e vendere sull’onda del sentiment di mercato in un contesto di risk-on/risk-off.

Tutte le ultime su: obbligazioni , fiscal cliff , previsioni 2013
Questo scritto è redatto a solo scopo informativo, può essere modificato in qualsiasi momento e NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.