2013: quali saranno le scelte politiche per l'economia?
Nell’editoriale di dicembre 2012 ("Cicli, tendenze di lungo termine e cigni neri), analizzavamo le principali svolte economiche avviate nelle grandi regioni mondiali nel corso dell'anno
di Redazione Soldionline 22 gen 2013 ore 15:59Articolo a cura di Carmignac Gestion
Nell’editoriale di dicembre 2012 ("Cicli, tendenze di lungo termine e cigni neri), analizzavamo le principali svolte economiche avviate nelle grandi regioni mondiali nel corso dell'anno. La fine della decelerazione economica in Cina, l'entrata in recessione dell’Eurozona, la debole ripresa negli Stati Uniti e la sfida del rallentamento giapponese ci indicavano le prospettive aperte ad una gestione globale per il nuovo anno. Sottolineavamo inoltre che l'impegno senza precedenti delle grandi Banche Centrali, in particolare quello che a partire dall'estate ha profuso la BCE, ha costituito una rete di protezione, offrendo ai vertici politici i margini di manovra necessari al ripristino delle rispettive economie. Nel 2013 spetterà quindi ai politici prendere in mano le redini, dopo il rinnovo dell'esecutivo nei cinque paesi maggiori quali gli Stati Uniti, la Francia, la Cina ed infine il Giappone nonché, a breve, l'Italia. La posta in gioco è significativa nei Paesi sviluppati poiché il varco è molto stretto tra l'ortodossia liberale, il cui costo sociale immediato contrasta la resistenza crescente dell'opinione pubblica, perfino negli Stati Uniti come ha potuto constatare Mitt Romney, e le politiche keynesiane che le finanze pubbliche non sono più in grado di sostenere da nessuna parte. La questione politica è molto concreta anche nell'universo emergente, dove i dirigenti devono guidare di comune accordo la ripresa dell'attività e il riequilibrio delle proprie economie verso il consumo. Una strategia di investimento globale necessita di porre un'attenzione particolare a questi temi decisivi.
Ogni paese europeo vorrebbe essere tanto forte quanto l'Europa unita e conservare più sovranità nazionale possibile nel caso non lo fosse (Mario Monti).
In Europa la governance politica, tallone d'Achille dell’area dall'inizio della crisi, si è di recente rinforzata. Mentre era stato necessario attendere fino all'estate 2011, ossia circa diciotto mesi prima che il Consiglio Europeo riconoscesse che la situazione della Grecia necessitava di fatto una ristrutturazione del debito, diverse fasi essenziali sono state invece superate in meno di sei mesi. Di rilevante interesse il riconoscimento esplicito al Consiglio del giugno 2012 della necessità di un'unione bancaria, fiscale, di bilancio ed economica, concretizzato fin dal mese di dicembre in un primo accordo di diciassette paesi per affidare alla BCE la supervisione del settore bancario.
Tuttavia gli ostacoli da superare rimangono notevoli, poiché la violenza della crisi ha riacceso le resistenze nei paesi stessi. Il regionalismo in Spagna, l’irrigidimento della sinistra parlamentare in Francia, l’attrattiva del populismo in Italia ed il principio di difesa della sovranità diffuso ovunque, costituiscono altrettante nuove minacce alla solidità dell’Eurozona. La sfida politica consiste nel mantenere o anzi, nel ristabilire la fiducia delle popolazioni in Europa: nei Paesi meridionali per fare accettare il costo sociale molto elevato degli adeguamenti, e, in quelli settentrionali per far accettare il costo finanziario dell'interdipendenza. Il ruolo federatore che assumerà, o meno, Mario Monti nel prossimo governo italiano sarà determinante. Spetterà anche al governo francese riuscire a dimostrare una leadership politica, idealmente churchilliana, per imporre le riforme strutturali necessarie alla spesa pubblica. Angela Merkel, dal canto suo, dovrà riuscire a convincere l'opinione pubblica tedesca che il taglio urgente dei deficit, non accompagnato dalle necessarie condizioni per un rispetto durevole dei criteri, e quindi dalla crescita, sarebbe negativo sul medio termine. Le sfide che i leader europei dovranno cogliere per giustificare un ritorno a lungo termine degli investitori internazionali rimangono quindi colossali.
Il mondo emergente deve proporre un'alternativa al modello mercantilista di cui la crisi economica dell'Occidente ha preannunciato la fine.
In Cina, l'argomento classico dell'immutabile continuità politica, al di là delle transizioni formali della leadership, ha una forza incontrovertibile, a maggior ragione oggi, con Li Keqiang, il nuovo primo ministro, che è da sempre un protetto del presidente uscente Hu Jintao. Non dobbiamo tuttavia sottovalutare le inflessioni significative apportate dalle figure dirigenti del Partito alla storia economica della Cina. Xi Jinping, il nuovo Presidente, dovrà attuare drastiche riforme, rese necessarie sia dall'intensificarsi della pressione sociale nel paese che dal calo strutturale delle esportazioni e degli investimenti come maggiori propulsori della crescita. La riforma dell'urbanizzazione sarà una delle più essenziali da avviare, parallelamente alla riforma del mercato dei capitali, allo status monopolistico delle aziende di Stato e alla politica fiscale. In effetti, il cammino verso il miglioramento del tenore di vita medio in Cina dovrà attraversare questa riforma, che mira a dare accesso a diverse centinaia di milioni di lavoratori migranti all'"Hukou urbano", equiparandone quindi lo status a quello dei residenti in materia di reddito, diritti e prestazioni sociali. È incoraggiante constatare che, fin dalla Conferenza Centrale Economica di metà dicembre, Xi Jinping confermava questa priorità per il 2013. In India, al termine della sessione invernale del Parlamento il 20 dicembre, solo la riforma bancaria era stata effettivamente votata. L'anno nuovo dimostrerà se il vento riformista finalmente in essere manterrà le sue promesse, mentre dovranno essere ancora definite le riforme su assicurazioni, pensioni, azionariato estero e diritto di acquisizione dei terreni. In Brasile, Dilma Roussef dovrà convincere della propria rinuncia a velleità interventiste.
Situazione ammirevole quella del nuovo mondo, che fa sì che l'uomo non abbia altri nemici che se stesso. (Alexis de Tocqueville)
Negli Stati Uniti, probabilmente più che altrove, le sorti dell'economia sono nelle mani dei leader politici per il 2013. Come avevamo previsto fin dall'estate, il tanto pubblicizzato "fiscal cliff" con il relativo impatto recessivo temuto sull'economia, è stato evitato. Certo, permane il rischio che i modesti risultati dell'accordo stentino a convincere le aziende statunitensi ad avviare rapidamente il nuovo ciclo di investimento atteso. Le negoziazioni sul tetto del debito pubblico non sono ancora iniziate e tra due mesi saranno oggetto in Parlamento di un nuovo, pericoloso braccio di ferro. Tuttavia la parte relativa agli aumenti delle tasse è ormai stata chiarita ed i politici hanno tutte le carte in mano per negoziare una riduzione delle spese pubbliche che non soffochi la ripresa economica.
In Giappone, una stanchezza diffusa rende scettici gran parte degli osservatori sull’esito dell'elezione del settimo primo ministro giapponese in sei anni, considerato il bassissimo livello di fiducia ancora espresso dalle aziende giapponesi alla fine del 2012. Eppure, la determinazione di Shinzo Abe per contenere una volta per tutte la deflazione cronica e la crescita atona dell’arcipelago è degna di nota. In poche settimane, alla Banca del Giappone è già stato imposto di allentare significativamente la sua politica, anzi di rinunciare, almeno in parte, alla propria indipendenza. Shinzo Abe annuncia inoltre una politica di rilancio fiscale decisamente volontarista.
Guardare oltre
La crescita economica globale rimane precaria in questo inizio 2013. Le strategie economiche che adotteranno dirigenti politici nel mondo saranno quindi decisive e possono riservare buone sorprese. Sebbene l'Europa debba ancora raccogliere importanti sfide, il Giappone forse, finalmente, si sta risvegliando; i politici statunitensi saranno particolarmente attenti a non minare le basi della ripresa economica e la nuova leadership cinese potrà sfruttare i margini di manovra di cui dispone per guidare in modo efficace il riequilibrio economico del paese. Il 2013 si preannuncia complesso ma promettente per la gestione globale attiva. Con questa nota ottimista, vi porgiamo i nostri migliori auguri di prosperità.