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Prospettive d'investimento per il primo trimestre 2013

Nel 2013 i mercati finanziari dovrebbero voltare definitivamente le spalle alla crisi, con prospettive favorevoli agli attivi di rischio grazie alla massiccia politica reflazionistica attuata dalle banche centrali

di Redazione Soldionline 15 gen 2013 ore 14:08

A cura di Alan Mudie, Chief Investment Officer di Union Bancaire Privée, UBP

LE BANCHE CENTRALI RILANCIANO IL CICLO DELLA CRESCITA E DEL CREDITO
Nel 2013 la crescita dovrebbe accelerare negli Stati Uniti e nei paesi emergenti, in primis la Cina. In questi due poli economici il credito segue in effetti un trend più positivo grazie alle politiche monetarie, il che è di buon auspicio per la domanda interna. I consumi cinesi, che rappresentano solo il 40% del Pil, continueranno a essere stimolati dalle politiche economiche adottate dai nuovi dirigenti. Inoltre, la ripresa della fiducia da parte delle aziende e quella degli investimenti nelle infrastrutture lasciano presagire un’accelerazione dell’attività, consentendo alla crescita di stabilizzarsi sul 7,5%. Negli Stati Uniti la crescita economica rimane fragile a causa delle incertezze legate al «fiscal cliff» e al loro impatto sugli investimenti decisi dalle aziende. Tuttavia, i negoziati tra i repubblicani e i democratici dovrebbero prossimamente sfociare in un accordo politico che permetterà di sbloccare le decisioni d’investimento. Inoltre l’aggressiva strategia di reflazione attuata dalla Federal Reserve con gli acquisti di titoli obbligazionari (prestiti ipotecari e buoni del Tesoro) e la sua decisione di agganciare i tassi di riferimento al raggiungimento di target economici (tasso di disoccupazione in ripiegamento sul 6,5% e inflazione non superiore al 2,5%) dovrebbero consolidare la ripresa e riportare l’economia americana sui binari di una crescita duratura.

Parallelamente negli Stati Uniti si accende la speranza di tempi migliori con un nuovo corso energetico e industriale. Nei prossimi anni la crescita dovrebbe essere infatti sostenuta, grazie a una certa indipendenza energetica: secondo l’Azienda internazionale dell’energia, la quota del petrolio importato negli Stati Uniti si ridurrà della metà entro il 2035. Un altro sostegno alla crescita e all’occupazione sembra delinearsi con il rimpatrio in territorio americano della produzione di beni attualmente manufatti in Cina, come dimostrano i recenti esempi di Apple e Dow Chemical.

LA BCE E LA BANK OF JAPAN SULLE ORME DELLA FED

In sintonia con la Fed, le altre banche centrali dovrebbero adottare un approccio spiccatamente proattivo nel 2013 e proseguire le loro politiche monetarie non convenzionali per permettere l’uscita dalla recessione di fronte ai tagli della spesa pubblica e allo scontento sempre più diffuso tra la popolazione.

All’interno della zona euro gli indicatori economici rimangono di segno negativo e la recessione imperversa tuttora. La disoccupazione particolarmente elevata limita le prospettive di ripresa della crescita senza un nuovo sostegno da parte della BCE. La Spagna dovrebbe infine chiedere ufficialmente aiuto, consentendo alla BCE di attivare il suo programma di acquisti OMT («Outright Monetary Transactions»). Anche in Giappone è presumibile che la banca centrale aumenti gli acquisti di titoli e faccia retrocedere lo yen per rilanciare le esportazioni ed evitare una profonda deflazione.


GRANDI BENEFICIARI: GLI ATTIVI DI RISCHIO E L’ORO

L’operato delle banche centrali costituisce una vera e propria rete di sicurezza per gli attivi di rischio e fa ben sperare per gli investimenti finanziari nel 2013. I portafogli possono dunque essere completamente investiti privilegiando azioni e oro. Queste politiche monetarie molto accomodanti dovrebbero infatti generare un flusso più abbondante di liquidità negli investimenti azionari e ridurre i premi di rischio man mano che la crescita riparte.

Tra le azioni sono da preferire quelle di società che pagano dividendi elevati e in aumento. Si tratta soprattutto delle grandi capitalizzazioni, che operano in segmenti di mercato con barriere d’accesso, hanno bilanci solidi e regolari cash flow. Diversi mercati presentano un buon potenziale a medio termine. Le azioni europee hanno valutazioni tuttora interessanti, soprattutto nell’ipotesi di un intervento più aggressivo da parte della BCE e di un ritorno alla fiducia. Le azioni cinesi accusano ancora un ritardo rispetto alla performance delle altre piazze finanziarie, il che non è più giustificato considerando la rimessa in moto dell’attività.

Infine le azioni giapponesi dovrebbero beneficiare del calo dello yen, delle prospettive di cambiamento nel governo e dell’intensificata lotta alla deflazione.

Anche l’oro merita un posto privilegiato in tutte le asset allocation perché rappresenta la protezione per eccellenza contro la svalutazione dei cambi e nel medio termine sarà, senza ombra di dubbio, il grande favorito dall’attuale corso monetario. La monetizzazione del debito pubblico e la stampa di moneta portano alla svalutazione dei cambi dei paesi che hanno imboccato questa strada, con il pericolo di una perdita di credibilità della moneta fiduciaria. I rischi d’inflazione, che possono sopraggiungere nel medio termine, inducono a privilegiare gli attivi reali nei portafogli e mantenere una forte allocazione nel metallo giallo.

LE OBBLIGAZIONI SOCIETARIE DEVONO ESSERE PREFERITE ALLE OBBLIGAZIONI GOVERNATIVE

I tassi reali negativi e gli esigui rendimenti nominali non favoriscono le obbligazioni governative, ormai prive di prospettive interessanti. Si consiglia di preferire le obbligazioni societarie, che celano ancora un potenziale di riduzione degli spread in considerazione dell’attesa ripresa dell’attività economica e dei risanati bilanci societari. All’interno di quest’ultima categoria, sono particolarmente interessanti le obbligazioni convertibili: i loro rendimenti sono spesso superiori a quelli delle obbligazioni governative con lo stesso rating, pertanto l’opzione di conversione sembra sottovalutata dai mercati.

Infine, le pressioni sui cambi rischiano d’intensificarsi con l’operato delle banche centrali, tutte alla ricerca di una svalutazione competitiva della propria moneta. Ciò dovrebbe comportare una flessione delle valute dei paesi sviluppati soprattutto a favore di quelle dei paesi emergenti.

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