La Cina rallenta. E ora?
I dati macro cinesi evidenziano che la locomotiva asiatica ha rallentato la sua marcia dopo lunghi periodi di sviluppo con tassi a doppia cifra. Urge un cambio di paradigma di crescita?
di Mauro Introzzi 23 apr 2013 ore 11:06
Secondo quanto emerge dagli ultimi dati macroeconomici l’economia cinese sta rallentando. Nelle scorse ore l’indice Pmi manifatturiero, elaborato dalla banca britannica HSBC sull'attività manifatturiera in Cina, ha mostrato per il mese di aprile un calo a 50,5 punti dai 51,6 punti di marzo. L’indicatore si avvicina così alla soglia fatidica dei 50 punti, che fa da spartiacque tra crescita e contrazione.
Questa lettura conferma quanto già emerso la scorsa settimana dalla diffusione del Pil cinese per il primo trimestre del 2013 (INFOGRAFICA – Cina: l’andamento del Pil dal 2011 ad oggi). Tale grandezza ha evidenziato che l’economia del Dragone ha effettivamente rallentato, dopo lunghi periodi di sviluppo al 10% annuo, il suo maestoso percorso di crescita e sviluppo. Che rimane comunque decisamente sostenuto se confrontato con le stagnanti economie dei paesi più maturi, soprattutto quelli del Vecchio Continente, ma che potrebbe rappresentare un problema per i paesi che alla Cina forniscono le materie prime.
Del resto, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, la Cina ha contribuito per il 50% della crescita globale nel corso degli ultimi cinque anni. Di conseguenza per le nazioni esportatrici di commodities, in particolare, la Cina è diventata probabilmente il fattore più importante per il loro successo economico.
Ma quali saranno i tassi di crescita del colosso cinese per i prossimi anni? Il rallentamento di questi trimestri è strutturale o temporaneo? Secondo Helen Qiao, capo economista di Morgan Stanley per la Cina, il livello di crescita potenziale dell’economia cinese è già sceso dal 10% all’8%, mentre altri ritengono invece che i tassi di crescita potenziali siano ancora più bassi. Molti altri analisti pensano invece che un rallentamento della crescita innescata dalla spesa per investimenti conti molto poco se si spingerà Pechino ad attuare riforme strutturali per aumentare la spesa dei suoi consumatori.
Il boom degli ultimi 10 anni è stato innescato da tre avvenimenti decisamente significativi, che hanno rappresentato i veri driver dell’impressionante crescita della Cina, passata dal settimo posto della classifica del 2000 ad essere oggi la seconda economia mondiale.
In primo luogo Pechino ha perfezionato una riforma delle imprese, chiudendo o privatizzando vaste aree del settore statale. La seconda grande iniziativa è stata l'adesione della Cina all'Organizzazione Mondiale del Commercio, che ha permesso ai prodotti cinesi a basso costo di inondare i mercati globali. Il terzo accadimento rilevante, forse il più importante, è stato quello che ha visto la creazione di un mercato immobiliare nazionale.
Ma negli ultimi trimestri una domanda esterna più debole e una flessione del mercato immobiliare interno ha un po’ ridotto l’effetto di questi potenti driver.
Urge quindi una trasformazione del modello di crescita della Cina, incoraggiando lo sviluppo di maggiori consumi interni e aumentando l’industria dei servizi. Deviando cioè verso un percorso di crescita più lenta ma anche più sostenibile.
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Del resto, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, la Cina ha contribuito per il 50% della crescita globale nel corso degli ultimi cinque anni. Di conseguenza per le nazioni esportatrici di commodities, in particolare, la Cina è diventata probabilmente il fattore più importante per il loro successo economico.
Ma quali saranno i tassi di crescita del colosso cinese per i prossimi anni? Il rallentamento di questi trimestri è strutturale o temporaneo? Secondo Helen Qiao, capo economista di Morgan Stanley per la Cina, il livello di crescita potenziale dell’economia cinese è già sceso dal 10% all’8%, mentre altri ritengono invece che i tassi di crescita potenziali siano ancora più bassi. Molti altri analisti pensano invece che un rallentamento della crescita innescata dalla spesa per investimenti conti molto poco se si spingerà Pechino ad attuare riforme strutturali per aumentare la spesa dei suoi consumatori.

In primo luogo Pechino ha perfezionato una riforma delle imprese, chiudendo o privatizzando vaste aree del settore statale. La seconda grande iniziativa è stata l'adesione della Cina all'Organizzazione Mondiale del Commercio, che ha permesso ai prodotti cinesi a basso costo di inondare i mercati globali. Il terzo accadimento rilevante, forse il più importante, è stato quello che ha visto la creazione di un mercato immobiliare nazionale.
Ma negli ultimi trimestri una domanda esterna più debole e una flessione del mercato immobiliare interno ha un po’ ridotto l’effetto di questi potenti driver.
Urge quindi una trasformazione del modello di crescita della Cina, incoraggiando lo sviluppo di maggiori consumi interni e aumentando l’industria dei servizi. Deviando cioè verso un percorso di crescita più lenta ma anche più sostenibile.