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Vivere con il petrolio a 120

L'attuale ascesa del prezzo del greggio ha portato la bolletta energetica globale a livelli simili a uelli della crisi di fine anni settanta/inizio ottanta. I profitti delle compagnie petrolifere sono ovviamente a livelli record, anche se il mercato non apprezza poi più di tanto.

di La redazione di Soldionline 24 apr 2008 ore 09:44

A cura di Boris Secciani (www.toptrader-mag.com) 

Avevamo cominciato ad accennare il discorso la settimana scorsa, nel frattempo il greggio continua a sparare un record dopo l'altro, toccando ormai (quasi) quota 120. Confesso che sul l'argomento ho fato una previsione intelligente (mesi fa) e ho detto una bella castroneria (più di recente). La previsione intelligente era contenuta fra l facezie di fine anno: allora indicai come possibile per il 2008 quota 125. La scemenza recente è stata quella di ritenere che l petrolio sarebbe andato incontro a un periodo di volatile trading range, al pari dell'oro (con cui era fino a pochissimo tempo fa assai correlato). Trading range un corno, qui si fa un record dietro l'altro fra il compiacimento dell'OPEC (che sorpresa !) e ondate di liquidità sa solo il Cielo fornite da chi. Dunque cosa significa quota 120 per l'economia e i mercati?

Una limpida e interessante analisi ci viene dal team di Morgan Stanley che ci dice chiaro e tondo come la bolletta energetica (petrolio e derivati), con l'oro nero a 117 $, pesi per il 6,2% dell'economia mondiale, mentre per i consumatori americani la bolletta energetica rappresenta l'8% delle proprie spese per consumi. Se ci limitiamo alla sola bolletta petrolifera, prendendo la stima del Fondo monetario per il pil mondiale pari a 60, triliardi di dollari per il 2008 e un  consumo giornaliero di petrolio pari a 87 milioni di barili, si arriva a una spesa totale di 37 triliardi di dollari.

Questi valori sono appena al di sotto di quelli registrati durante la crisi petrolifera che fece seguito alla rivoluzione iraniana: a Morgan Stanley calcolano che se le quotazioni del WTI dovessero arrivare a 135 dollari il 9,3% dei consumi americani se ne andrebbe per prodotti energetici e servizi ad essi correlati. Sempre gli analisti dell'investment bank americana stimano che l'aumento di altri 15 dollari al barile del prezzo del petrolio (e 3 di questi già si sono registrati) spingerebbe la bolletta energetica al livello più alto di sempre a livello globale. Siamo dunque finalmente di fronte a una vera e propria crisi energetica, abbiamo passato al soglia in cui gli incrementi dell'efficienza energetica e semplicemente l'inflazione rendevano più difficile il paragone con le crisi del passato.

Qui si rischia davvero il KO dei consumatori, la cui domanda, ripeto, è largamente inelastica. Il tutto mentre non è che l'economia planetaria di suo stia attraversando un periodo particolarmente sereno. Tutto ciò rischia di farsi sentire particolarmente sulla struttura dei profitti aziendali per il 2008: mentre tutte le aziende vedono i propri margini di profitto diminuire le aziende del comparto energetico mettono a segno utili da record, cosicché viene stimato che gli earnings di questo segmento arriveranno nel 2008 a essere il 20% dei profitti totali a livello globale.

A Morgan Stanley stimano per l'S&P 500 una crescita dei profitti nel 2008 del 3%, accompagnata da un +15% per il settore energetico e da un +2% per l'S&P 500 ex energia e servizi finanziari, cioè senza il meglio e il peggio le aziende americane non recupererebbero nemmeno l'inflazione. A questo si aggiunge la benzina, i cui prezzi in Usa nell'ultimo anno per quanto in crescita hanno largamente sottoperformato la parabola del greggio...fino ai primi 3 mesi del 2008, quando la correlazione è cresciuta. Nelle ultime 10 settimane secondo Morgan Stanley il prezzo della benzina è cresciuto di circa 60 cents al gallone, anche se non specifica se sul mercato future o a livello di prezzo medio retail. Difficilmente la situazione migliorerà visto che i vari raffinatori indipendenti e gruppi integrati si stanno avviando a una stagione della manutenzione impianti particolarmente ampia, allo scopo di ridurre l'offerta, ristabilire un crack spread decente alzando i prezzi al dettaglio.

Un panorama non particolarmente allegro, se non per le società energetiche, e soprattutto fra esse quelle più esposte al rialzo dell'oro nero. Più volte abbiamo accennato come i titoli del comparto siano comunque correlati all'andamento dell'azionario. Il 2007 è stato l'unico in cui i multipli sono stati ampliati, fenomeno cancellato dal calo del primo trimestre del 2007.  Facevano notare sempre a Morgan Stanley oggi il segmento energia rappresenti in usa il 16,9% degl utili dell'S&P 500, a  fronte di una capitalizzazione del 13,3%. Adesso uno scarto fra capitalizzazione e quota degli utili è tipica dei settori value, però qui si esagera: in assoluto i prodotti energetici sono quelli in cui questa forchetta è la più ampia. Un risultato non molto diverso si ottiene sullo Stoxx 600. Dunque qui ci sono due possibili scenari, in equilibrio delicatissimo fra di loro: i costi del petrolio vengono assorbiti e in qualche maniera passati lungo la filiera da tutto il sistema economico e e quindi la prosperità del settore energetico può fare da volano all'intero mercato trascinandolo al rialzo, oppure si scatena una recessione di quelle dure, che alla fine si ripercuoterà sugli stessi gruppi petroliferi.

Sempre gli analisti di Morgan Stanley ritengono che il punto di rottura possa essere un livello di profitti da parte delle aziende petrolifere pari al 20% del totale dell'S&P 500.  Come si vede l'investimento nel settore rimane un campo minato, nonostante una cuccagna senza precedenti, resta anche il fatto che il p/E è davvero basso e sempre secondo la casa di investimento americana di solito quando la quota percentuale degli utili generati sul totale del mercato è così alta i multipli tendono poi a espandersi. Vi è dunque un minimo di cuscinetto al ribasso...volete davvero la mia opinione al riguardo ? Penso che le quotazioni di questo comparto staranno in un sostanziale trading range per un po', più o meno come il reso del mercato

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