La fragile domanda dell’acciaio
I prezzi delle varie tipologie di acciaio continuano a essere forti, sul mercato americano però alcuni dei principali clienti si trovano in una situazione disastrosa, se i problemi si estendessero al resto del mondo le prospettive incomincerebbero a essere grigie.
di La redazione di Soldionline 29 gen 2008 ore 09:14A cura di Boris Secciani - Top Trader Magazine (http://www.toptrader-mag.com/)
Negli ultimi due articoli avevamo affrontato il tema dei materiali di base da due diverse angolature, prima dalle prospettive di utili e dalla valutazione delle maggiori aziende del settore (http://www.toptrader-mag.com/ttm/crepe-nei-materiali-base) e da quello del parziale rientro della bolla dei costi di trasporto (http://www.toptrader-mag.com/ttm/bolla-industria), l'idea di fondo che vi ho presentato è che nell'ambito di un trend secolare fortemente rialzista per le materie prime in generale l'attuale crisi renda i materiali di base forse il gruppo più vulnerabile, a causa delle incertezze del settore manifatturiero. Quest'ultimo ha vissuto negli ultimi anni un boom gigantesco, in Cina in primis e in India in secundis, ma non solo nei due colossi dell'Asia emergente. La forte domanda di beni di consumo (forte più meno dappertutto tranne che in determinati angoli dell'eurozona...vedere alla voce Italia)ha infatti portato a una fortissima domanda di tutto ciò che erano metalli e derivati vari, materie plastiche, combustibili, servizi di trasporto etc. Adesso le cose cominciano a scricchiolare sotto il peso dello spettro della recessione mondiale proprio dove prima era più forte: le disastrate tasche dei consumatori.
Emblematico è il caso del mercato dell'acciaio, o meglio degli acciai, vista la grande quantità di forme e qualità vendute sui mercati (cosa che ha reso, insieme alla frammentazione del mercato, creare dei contratti future liquidi)...dicevamo mercato frammentato nel corso del 2006 i primi 11 player al mondo hanno fornito circa il 28% della produzione mondiale, quest'ultima è stata pari a oltre 1,2 miliardi di tonnellate. Come si può vedere dalla tabella sotto riportata la Cina si è trasformata in pochi anni in un autentico colosso planetario, responsabile di oltre un terzo della produzione mondiale. Il resto del mondo vede diminuire il proprio output (India a parte) e concentrarsi nelle qualità a maggiore valore aggiunto.
Dunque la Cina è più centrale che mai in questo mercato ed è stata non l'ultima delle ragioni che hanno contribuito alla ripresa dei prezzi dal 2006 fin tutto il 2007, infatti ad esempio le periodiche revisioni dei contratti di fornitura hanno visto su tutti i principali mercati un aumento dei prezzi per la maggior parte delle tipologie.
L'aumento dei prezzi è stato dovuto oltre che alla domanda cinese anche alla crescita incontrollata di tutti gli input quali coke, carbone, minerale di ferro etc. oltre che dei costi di trasporto questi aumenti nell'ultimo anno, anno e mezzo sono stati ampiamente passati ai clienti a causa come detto della forte domanda del settore manifatturiero e dal livello piuttosto basso di stock in tutti i punti della filiera. Una situazione che appare come tipica dei mercati delle materie prime di questi anni, a cui si aggiungono però alcuni elementi particolari. Innanzitutto in questo caso la Cina risulta essere improntata all'autarchia: la produzione locale essenzialmente soddisfa la domanda locale: dei 442 milioni di tonnellate consumati nel 2006 circa 18 sono stati importati, mentre le esportazioni sono state pari a 43, rendendo in tale annata per la prima volta il colosso asiatico un esportatore netto. Il governo cinese ha però imposto tariffe all'esportazione che variano dal 10% al 25% nel tentativo di mantenere sul mercato domestico beni ad alta intensità energetica, ciò ha contribuito a mantenere più equilibrato il rapporto domanda/offerta su mercati che altrimenti sarebbero probabilmente problematici, quali ad esempio gli Usa. Prendiamo quest'ultimo paese, l cui ciclo dell'acciaio di solito precede di circa 6 mesi l'Europa, la produzione domestica va benino, i prezzi tengono anche per i problemi sopra menzionati, le importazioni non sono molto convenienti oltre che per le politiche commerciali cinesi anche per la debolezza della valuta locale, mentre in Europa la situazione è pressoché opposta. A livello di domanda la situazione non pare essere entusiasmante, 2 dei 3 maggiori clienti delle acciaierie, ovvero industria automobilistica e edilizia non paiono esattamente in condizioni entusiasmanti. Prendiamo il comparto auto (13% della domanda mondiale) le vendite di autoveicoli leggeri sono scese del 2,5% in Usa nel 2007, e il 2008, fra credit crunch e consumi stagnanti non promette niente di buono.
Allo stesso tempo il settore immobiliare (16% della domanda) ha visto nel 2007 un calo di circa il 2,5% delle consegne, andamento che sarebbe stato ben più drammatico se non ci fosse stato il buon andamento del commerciale rispetto al residenziale. Il terzo e maggiore driver della domanda è quello dei cosiddetti service center (22% della domanda globale), società che comprano acciai all'ingrosso e spesso li sottopongono a vari trattamenti, prima di rivenderli a loro volta a vari gruppi industriali, a cui semplificano parte del processo manifatturiero. Come dicevamo questo in Usa , non è difficile immaginare cosa potrebbe succedere ai prezzi se i problemi americani si estenderanno, come non sembra impossibile, al resto del mondo. Per il momento i prezzi sembrano essere ancora sostenuti dal boom asiatico e dai bassi livelli di stock, i produttori però rischiano di trovarsi di fronte al dilemma del produrre di meno, sostenere i prezzi e vendere di meno oppure spingere sulla produzione e rischiare di avviare una fase di inversione del trend. Complessivamente mi pare che per chi voglia investire nel settore i rischi superino di gran lunga possibili benefici nella fase attuale.
Tutti i dati sono stati ricavati da un rapporto di Citigroup del 18 gennaio.