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Investire in oro: tre profili

Negli ultimi dieci anni, il prezzo dell’oro è salito da $300 a $1400 all’oncia. La forza che ha spinto il prezzo dell’oro è stata sopratutto la richiesta di oro da investimento

di Redazione Soldionline 30 nov 2010 ore 14:23
Di Julian Phillips – A cura di BullionVault.it

Negli ultimi dieci anni, il prezzo dell’oro è salito da $300 a $1400 all’oncia. La forza che ha spinto il prezzo dell’oro è stata sopratutto la richiesta di oro da investimento. L’oro viene acquistato e conservato, gli investitori più prudenti spesso usano camere blindate specializzate che sono fondamentalmente buchi sotto terra. L’oro non viene quindi utilizzato, né lasciato a portata di mano affinché chi lo acquista possa ammirarne la (discutibile, quando si tratta di lingotti da investimento) bellezza. Perché mai allora il prezzo è quasi quadruplicato negli ultimi dieci anni?

Prima di tutto si tenga presente che il prezzo dell’oro non riguarda l’oro stesso, ma il valore che gli investitori decidono di dargli. 

Vediamo le tre tipologie in cui si possono dividere gli investitori che decidono di comprare oro.

Alcuni investitori comprano oro per profitto. Speculano sul prezzo dell’oro, comprando quando è basso e rivendendo quando è alto, utilizzando la valuta per misurare il profitto. Comprando a $100 e rivendendo a $200 presumono quindi un profitto del 100%, che sarebbe vero se il valore del dollaro rimanesse costante. Il nostro punto di vista è differente: chi compra oro in realtà vende dollari, e rivendendo l’oro ricompra dollari. 

La seconda tipologia di investitori è quella di chi ha accumulato un capitale e sceglie di investirlo in qualcosa di sicuro, come l’oro o gli immobili. Entrambi gli asset rappresentano un modo per conservare intatto il proprio capitale, e sono in grado di mantenere il potere d’acquisto. Sono in genere di scarso interesse per gli investitori che sono alla ricerca di un profitto.

La terza tipologia è rappresentata dai governi nazionali, che comprano e conservano l’oro in previsione di tempi non rosei. Le riserve auree garantiscono stabilità alle riserve nazionali, controbilanciando le altalene dei mercati valutari. Se si esclude una parentesi di 40 anni in cui l’oro non è stato al centro dei mercati, l’oro è sempre stato rispettato internazionalmente, e considerato denaro. Le banche centrali da sole possono garantire che il prezzo dell’oro non smetterà di salire, perché il valore non è del metallo in sé ma del ruolo internazionale dell’oro, accettato e condiviso sia dai privati che dalle istituzioni.

Lo speculatore troverà  l’approccio dell’investitore del secondo tipo troppo semplice, fino a quando noterà la differenza tra la crescita del prezzo dell’oro e quella dei mercati azionari. L’investitore del secondo tipo appartiene tipicamente alla parte del mondo che sta a est dell’Europa, nella quale corruzione, cambi di governo e instabilità politica hanno causato una forte sfiducia nelle istituzioni e un’abitudine all’autosufficienza. Fino a pochi anni fa l’Occidente si vantava che le loro istituzioni fossero parte attiva nella creazione di ricchezza. Ora le cose cambiano: l’Oriente storicamente ha avuto meno coesione istituzionale, e non ha mai perso di vista il concetto che l’oro è denaro vero; l’Occidente sta tornando lentamente a questo punto di vista sul valore dell’oro.

Nel frattempo, le banche centrali comprano oro oppure mantengono quello che già posseggono: l’oro conserva il suo valore, è un asset internazionale riconosciuto da qualsiasi parte del mondo, il cui prezzo stabilito a Londra viene usato a livello globale. Non è legato ad alcuna obbligazione, né ad alcuna economia nazionale, diversamente a quanto accade per qualsiasi altro asset o mezzo di scambio. 

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