Volete battere il mercato? Puntate su un portafoglio così selezionato…
Volete ottenere risultati migliori di quelli medi dei mercati finanziari? Che ci vuole? Basta diversificare opportunamente i titoli, tenere nel giusto conto la vostra avversione per il rischio, scegliere i titoli su cui puntare anche in base alla fase di mercato e il gioco è fatto. Oppure non è così semplice?
di La redazione di Soldionline 31 gen 2006 ore 09:48
Il 'Capital asset pricing model' (Capm) ha ulteriormente perfezionato le ipotesi delle teorie precedenti, imponendo un confronto tra i rendimenti del portafoglio selezionato e non un generico 'indice' delle attività finanziarie, ma un 'portafoglio di mercato', ossia quel portafoglio che contiene tutte le attività finanziarie 'a rischio' presenti sul mercato, ponderate per la loro capitalizzazione. L'introduzione accanto al 'portafoglio di mercato' di un'attività 'priva di rischio' (per convenzione un titolo di Stato a breve termine), in grado di fornire comunque una remunerazione, sia pure ridotta, richiesta dall'investitore a fronte della temporanea il liquidità conseguente all'effettuazione di un investimento, ha l'effetto di modificare ulteriormente la frontiera efficiente, ossia l'insieme di combinazioni (portafogli) efficienti che un investitore è in grado di scegliere in base al binomio rischio/rendimento. La 'Capital market line' che tale teoria consente di individuare offre, rispetto alle ipotesi delle teorie precedenti, rendimenti prospettici maggiori a parità di rischio ovvero rischi inferiori a parità di rendimento prospettivo.
Il punto centrale del Capm consiste nell'aver chiarito che è possibile/si deve richiedere rendimenti superiori per compensare il rischio che il rendimento atteso non si realizzi solo per quella parte di rischio non eliminabile con un'opportuna diversificazione del portafoglio stesso. Quest'ultimo tipo di rischio, detto 'rischio specifico' (perché non dipende da eventi generali, ma specifici per i singoli emittenti, come il cambio del management o la realizzazione di un modello più o meno riuscito di auto o di abito etc), può essere completamente eliminato, mentre il 'rischio sistematico', ossia generico, non può essere eliminato avendo a che fare coi movimenti generali del mercato (che dipendono da eventi come il movimento dei tassi, i risultati del Pil, l'aumento o la diminuzione dell'inflazione etc).
Nel modello Capm i due rischi vengono definiti rispettivamente alfa (rischio specifico) e beta (rischio sistematico), quest'ultimo essendo pari al rapporto tra la covarianza tra il rendimento del portafoglio di mercato e il rendimento del portafoglio specifico e la varianza del rendimento del portafoglio di mercato. Sembra difficile ma è tutto agevolmente monitorabile, una volta impostati i calcoli, anche solo con un foglio elettronico su Excel.
Se le ipotesi del Capm sono corrette, a questo punto basterebbe costruire portafogli con beta elevato in fasi di mercato particolarmente vivace, ovvero con beta modesti in fasi di mercati in calo, per ottenere performance relative migliori di quelle del mercato (stiamo parlando in termini relativi, ribadisco, visto che la certezza di guadagnare sempre e comunque 'a prescindere' come diceva Totò non ve la può dare nessun gestore).
Ovviamente anche il Capm ha trovato i suoi detrattori e d'altra parte alcuni studi hanno mostrato come, curiosamente, molti gestori pur professandosi abili stimatori di profitti futuri (in base ai quali selezionare e sovra o sotto pesare i titoli in portafoglio rispetto alla capitalizzazione dei singoli emittenti sul mercato) tendono a comportarsi come se non avessero alcuna capacità di previsione. Dando fiato a chi propugna la tesi della superiorità delle gestioni passive o quantitative. Ma di questo parleremo la prossima settimana.
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Luca Spoldi
Analista finanziario, Amministratore di 6 In Rete Consulting
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