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La lunga lotta tra Etf e fondi indice

Secondo Jack Bogle, il creatore degli index funds, gli exchange traded funds incoraggiano i piccoli investitori a fare trading

di Rocki Gialanella 10 mag 2007 ore 12:39
Da quando -nel 1974- ha fondato il Vanguard Group Inc, Jack Bogle ha promosso i vantaggi offerti dalla gestione passiva dei fondi comuni di investimento. Il money manager statunitense ha sempre tuonato contro le inefficienze che - a suo dire- caratterizzano i fondi a gestione attiva: elevate commissioni di gestione e performance e rendimenti spesso inferiori a quelli offerti dal benchmark. Nel suo ultimo libro, intitolato 'The Little Book of Common Sense Investing: The Only Way to Guarantee Your Fair Share of Stock Market Returns', Bogle mette a confronto gli index fund con gli exchange traded fund, confermando la sua preferenza per i primi ed evidenziando le pericolose implicazioni per gli investitori che si nasconderebbero nei secondi.

Il primo Etf - lo Standard & Poor's Depositary Receipts" (SPDRs)- è stato creato nel 1992. La particolare struttura degli Etf li ha rapidamente trasformati in feroci competitors per gli index funds. Secondo Bogle, gli Etf sono stati una brillante idea che ha permesso di avvicinare numerosi investitori al mondo della gestione passiva. I bassi costi di gestione (anche se le commissioni di intermediazione possono essere poco convenienti per gli investitori che intendono dedicarvi un ammontare minimo) e l'efficienza fiscale di questi strumenti li rendono appetibili ad una vasta schiera di investitori.

Fatti salvi i vantaggi immediati offerti, Bogle si sofferma su un problema che investirebbe trasversalmente tutto il mondo degli Etf: la maggior parte degli Etf investors non sarebbero investitori di lungo termine, ma money managers, hedgers e traders professionali.

Pur apprezzando l'idea di fondo posta alla base della costruzione degli Etf, Bogle sostiene che la crescita esponenziale del mercato degli Etf sia stata innescata dall'insaziabile appetito dei broker di Wall Street. Una conferma di tale ipotesi sarebbe data dal tipo di espansione: che non si limita al numero di strumenti, ma spazia tra settori, stili, paesi, macro-aree, livelli di capitalizzazione etc. Il mercato accoglie circa 340 Etf (122 creati nel 2006): 68 focalizzati sugli stili di investimento, 173 su singoli settori, 58 su singoli paesi. Attualmente vengono negoziati 65 milioni di Spiders share ogni giorno (corrispondenti ad un volume di 8,8 bilioni di Usd).Un numero inferiore di strumenti segue da vicino l'andamento di commodities, valute e high risk strategies.

Bogle sottolinea che nel mondo esistono solo 12 stock market index funds, ragion per cui l'espansione - e la conseguente maggiore complessità- del mercato degli Etf rappresenterebbe la perdita di un chiaro vantaggio offerto dagli index funds agli investitori: la semplicità dello strumento e la semplificazione del quadro di riferimento.

Gli slogan pubblicitari a sostegno degli Etf ("Now you can trade the S&P 500 all day long, in real time.") sarebbero, secondo Bogle, un'istigazione al 'suicidio finanziario'. L'elevato livello di turnover che caratterizza lo Spider Share e il Nasdaq QQQQ (rispettivamente 3,600% e 6,000% all'anno) confermerebbe che questi strumenti vengano utilizzati in primis dai market makers e dagli operatori professionali che ricorrono alle short selling e hedging strategies.

Le critiche avanzate da Bogle non si limitano agli aspetti puramente speculativi, ma si estendono anche ai costi. Stando ai calcoli di Bogle, gli Etf settoriali presenterebbero costi complessivi compresi nel range 1%-3%. Negli index funds settoriali i costi sarebbero compresi tra 0,1% e 0,2%.

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