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Il piccolo investitore alla prova degli ETF

di La redazione di Soldionline 22 mar 2005 ore 12:08
L'acquisto di quote di Exchange Traded Fund da parte dei piccoli investitori implica la conoscenza di alcuni punti chiave necessari per realizzare un investimento consapevole. In primis, la presenza di una gestione passiva non deve alimentare la percezione che i fondi clone azionari inglobino un livello di rischio più contenuto

I recenti dati quantitativi diffusi dall'Investment Company Institute hanno messo in evidenza l'intensa crescita sperimentata dal mercato degli Exchange Traded Funds nel quadriennio 2000- 2004. In tale periodo, il patrimonio è passato dai 50 miliardi di dollari statunitensi registrati agli inizi del 2000, ai 161 miliardi calcolati al 31 marzo del 2004. I 161 miliardi di euro investiti dai cittadini Usa in Exchange Traded Fund rappresentano ancora oggi una somma del tutto marginale rispetto ai 7 trilioni di dollari investiti nei normali mutual fund. Il rush degli ultimi dodici mesi ha trovato una spinta in più negli scandali contabili che hanno coinvolto alcune grandi firme del panorama del risparmio gestito nordamericano. Le cause che stanno alla base degli scandali hanno infatti messo il turbo alla raccolta realizzata dagli Etf. Il market timing e il late trading sono due pratiche irregolari che si basano sull'impossibilità dei normali mutual fund di poter essere quotati a mercato aperto.

Ebbene, gli Exchange Traded Fund riescono ad evitare tali pratiche grazie al fatto di essere continuamente quotati sui mercati azionari al pari di un qualsiasi titolo di rischio. Il prezzo di questi cloni degli indici internazionali e nazionali, fluttua a seconda dell'andamento dell'indicatore di riferimento senza dare adito a polemiche sulla determinazione del prezzo di chiusura e sulle operazioni che possono essere realizzate attraverso a comportamenti che minano la fiducia dei sottoscrittori. Attualmente, gli investitori Usa considerano gli Etf come lo strumento più trasparente per investire sui mercati azionari internazionali. I vantaggi legati alla quotazione a mercati aperti vengono arricchiti dalla presenza di costi decisamente contenuti rispetto a quelli che bisogna affrontare per procedere all'acquisto di quote di un normale fondo comune di investimento. Il minor costo è però legato alla presenza di una gestione completamente passiva che trova il suo fondamento nella natura di clone di un indice. Se è vero che i costi di gestione sono molto contenuti, è però altrettanto vero che il piccolo investitore farà bene a calcolare l'incidenza delle commissioni sull'ammontare acquistato.

Quest'ultima osservazione trova riscontro nella realtà quando si tratta di dover pagare commissioni di acquisto fisse a fronte di un ammontare di denaro investito molto contenuto. Il pagamento di commissioni fisse oscillanti tra i dieci e i venti euro per procedere all'acquisto di mille euro di un Etf, si traduce nel pagamento di commissioni oscillanti tra l'1% e il 2% dell'investimento complessivamente realizzato. La natura dell'investimento realizzabile con il ricorso ad un Etf, rappresenta un altro elemento che l'investitore farebbe bene a non perdere mai di vista. Pur essendo uno strumento caratterizzato da una gestione passiva, è bene evidenziare che la maggior parte di questi strumenti clona indicatori sintetici di tipo azionario. L'Investment Company Institute ha infatti rilevato che molti piccoli investitori tendono a far coincidere la presenza di una gestione passiva con la percezione di un minor livello di rischio. E' meglio evidenziare che tale percezione è infondata. Gli Etf che clonano un indice azionario investono la totalità del loro patrimonio in titoli di rischio soggetti a forti oscillazioni di breve periodo. La determinazione dei diversi livelli di rischio insiti nei singoli indicatori sintetici clonati implica una profonda conoscenza della composizione settoriale che caratterizza il mercato di riferimento. Per questi motivi, un buon numero di Etf vengono considerati come prodotti adatti alle esigenze degli investitori istituzionali e degli hedge fund.

La divisione delle quote di mercato sembra supportare validamente queste affermazioni. Gli iShares, gli Etf creati dalla casa di investimento Barclays Global Investor, sono posseduti per il 60% da investitori istituzionali. Il 38% delle quote degli iShares è detenuto da financial advisors che si occupano di private banking. Solo il 2% delle quote degli iShares è nelle mani della clientela retail. Lo stesso discorso vale per il piccolo risparmiatore italiano che voglia acquistare Etf quotati in Italia o procedere all'investimento negli iShares quotati sull'Amex. Per gli investitori che prediligono i titoli di debito, esistono gli Etf obbligazionari. Limitatamente al mercato italiano, ricordiamo che dall'8 aprile sull'Mtf, mercato telematico dei fondi, è trattato l'Etf Iboxx Eur Liquid Corporates emesso da Barclays. Sempre sul mercato italiano, dal 27 aprile è trattato anche l'Etf Euromts Global Master Unit, emesso dalla Lyxor A. M. Il primo Etf comprende 40 obbligazioni corporate denominate in euro. Queste hanno una durata media di 5 anni e un rating pari almeno a BBB- di Standard&Poor's. Per il secondo Etf, l'indice replicato è l'Euromts Global, composto da 106 titoli di Stato in euro, emessi da Stati dell'area euro. In entrambi i casi, l'acquisto comporta il pagamento delle commissioni di compravendita in Borsa. Le commissioni di gestione sono pari rispettivamente allo 0,2% per l'Etf corporate e allo 0,165% per l'Etf sui titoli di Stato. La mancanza di un trend storico che ne delinei il funzionamento di medio periodo impone prudenza e conoscenza anche per quest'ultima tipologia di Etf.


Fonte: ICI




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