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Dollaro in caduta libera?

I mercati cominciano a scontare un ridimensionamento del differenziale di crescita tra Usa ed Europa.

di Rocki Gialanella 12 dic 2006 ore 09:01
Il dollaro ha sorpreso molti investitori. Non tanto perché sia andato incontro ad una rapida svalutazione nelle ultime settimane, ma soprattutto a causa della mancata svalutazione dell'ultimo biennio (che ha incluso anche un periodo di rivalutazione nel corso del 2005). Eppure, i fondamentali dell'economia statunitense non lasciano dubbi agli esperti: la valuta è destinata ad indebolirsi nel medio termine, e se l'aggiustamento non arriverà dal mercato dei capitali, potrebbe essere pilotato dal mercato dei beni (con conseguenze davvero imprevedibili a causa della minore flessibilità insita in questi ultimi).

Gli analisti hanno sviluppato diverse spiegazioni per giustificare l'assenza di svalutazioni consistenti negli ultimi due anni. Alcune si rifanno al susseguirsi di anomalie congiunturali (differenziali tra i tassi di interesse Usa ed UE). Altre fanno riferimento a variabili fondamentali: il frutto della forte propensione al risparmio degli asiatici e gli introiti extra incassati dai paesi produttori di petrolio vengono canalizzati verso i mercati finanziari nordamericani (a basso rendimento), e reinvestiti nei più lucrosi (e rischiosi) paesi emergenti (aumentando il margine di deprezzamento del biglietto verde).

Il problema di queste teorie è che nessuna riesce a tener conto dell'insieme di elementi che osserviamo nella realtà. Ipotizziamo che esistano tre macro- regioni nel mondo -Stati Unit- Europa/Giappone e Sud Est asiatico, identificate da due variabili: il tasso di crescita e il ratio attività finanziarie/risparmi. Se tutte le macro- regioni crescessero allo stesso ritmo e potessero far fronte alla domanda derivante dai risparmi domestici, non si verificherebbe alcun tipo di squilibrio globale.

Qual è stata la realtà a partire dalla fine degli anni novanta? Gli Stati Uniti hanno sperimentato una crescita economica rapida e sostenuta, godendo di un mercato molto sviluppato. La crisi asiatica verificatasi alla fine degli anni novanta ha canalizzato i risparmi verso i mercati Usa, innescando una forte pressione al ribasso sui rendimenti offerti dalle obbligazioni a lunga scadenza. In tal modo- ipotizzando una crescita Usa più rapida di quella della macro-area UE/Giappone e una scarsità cronica di veicoli di investimento in Asia- gli Usa possono finanziare in modo indefinito i propri deficit gemelli.

La caduta del dollaro registrata negli ultimi giorni si deve probabilmente ad un cambiamento di aspettative: i mercati cominciano ad assegnare una maggiore probabilità al restringimento del differenziale di crescita Usa/Ue. I prossimi mesi ci diranno se questa tendenza sarà supportata dai dati e se sarà sufficientemente duratura da trascinare il dollaro su livelli ancor più bassi.


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