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Dentro all’etf: da cosa dipende lo spread?

In assenza di contrattazioni la liquidità del mercato è garantita da almeno uno specialist ovvero un market maker ufficiale che espone proposte di acquisto e vendita la cui differenza è appunto detta spread. Ma da cosa dipende questo valore? Quali tecniche usano i market maker per minimizzarlo?

di La redazione di Soldionline 27 lug 2005 ore 09:49
Per lo specialist, ovvero il market maker ufficiale che ha il compito di mantenere un adeguato livello di liquidità del mercato, lo spread rappresenta il ricavo derivante appunto dall'attività che svolge. Per l'investitore invece, questo differenziale rappresenta un costo, un costo che nel corso del tempo si è progressivamente ridotto come dimostrano le analisi di Sanpaolo Imi Asset Management riprese negli scorsi articoli sul mercato italiano. Osservando i numeri, si nota come vi sia una differenza abissale tra lo spread dello 0,05% collegato allo S&P/Mib Lyxor e lo 0,63% del B1-Ethical Index. Quindi, a cosa è dovuta una così ampia differenza?

Ciò dipende essenzialmente da:
- l'esistenza o meno di contratti grazie al quale il market maker può coprirsi dal rischio di mercato.
- numero di componenti dell'indice replicato, a maggior numero di titoli corrispondono maggiori costi di transazione
- ammontare delle management fees ovvero le commissioni da pagare nel meccanismo di in kind creation/redemption
- liquidità dei titoli che compongono l'indice

vediamo perché:

il market maker non assume posizioni di rischio sulla direzionalità del mercato, pertanto copre continuamente le posizione assunte. Se è lungo sull'etf, per non subire eventuali ribassi del mercato assumerà posizione contraria sulle azioni che compongono l'indice. Tale posizione corta potrà essere eventualmente chiusa riconsegnando le azioni dell'etf in cambio dei titoli sottostanti.
Viceversa, se il market maker è corto sull'etf, prenderà posizione al rialzo sui titoli che compongono il paniere di riferimento. Per chiudere la posizione potrà consegnare tali titoli alla banca depositaria che rilascerà nuove quote di etf.
Per coprire le proprie posizioni però, oltre ai titoli possono essere utilizzati anche mix di futures. Prendiamo ad esempio l'iSharesMSCI Japan: la strategia di hedging su questo etf che investe in un portafoglio di ben 311 titoli, non comporta solo l'utilizzo dei titoli sottostanti ma anche futures su Topix, Nikkei 225 e Nikkei 300. Alcune difficoltà potrebbero essere dovute alla differenza di orario o alla scarsità di contrattazioni: il futures sul Nikkei 225 quotato al CME ad esempio è sufficientemente liquido solo dalle 15.30, lo stesso futures sulla Borsa di Singapore è disponibile solo fino alle 12.00.

Se non esistono futures o altri derivati come un forward sintetico o un mix di opzioni, idonei all'attività di copertura (quindi sufficientemente liquidi), l'unica alternativa sarà detenere i titoli che compongono l'etf nella miglior proporzione per replicare più fedelmente possibile l'indice.


Per commenti, segnalazioni o suggerimenti: albertosartirana@soldionline.it

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