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Fmi Italia ha debolezze strutturali se non cresce serviranno misure supplementari

Washington - (Adnkronos) - ''La produttività è stagnante e la competitività è in declino da oltre un decennio'' e ''la recessione lascerà come eredità a lungo termine un debito pubblico più alto e un Pil minore''. Il giudizio espresso dai tecnici del Fondo Monetario Internazionale nel rapporto sulla missione annuale nel nostro Paese. Disoccupazione record ad aprile

Washington, 2 giu. (Adnkronos) - La crisi globale ha colpito una "economia italiana che ha già debolezze strutturali" con una "crescita anemica dovuta alla produttività stagnante e a una competitività in declino da oltre un decennio". E sullo sfondo un debito "insostenibile, senza misure di bilancio supplementari". E' il giudizio espresso dai tecnici del Fondo Monetario Internazionale nel rapporto finale sulla missione annuale in Italia, apparso la scorsa notte sul sito del Fondo e chiuso l'11 maggio.Dopo aver espresso la convinzione che "il governo di centrodestra probabilmente giungerà al termine del mandato nel 2013, poiché conserva una chiara maggioranza", il Fondo ipotizza una "ripresa modesta" pari allo 0,8% nel 2010 e all'1,2 nel 2011, per via "del lento recupero dei principali partner commerciali dell'Italia e del persistente divario di competitività che limiterà l'entità della crescita dell'export". Per gli esperti di Washington il calo della competitività entro il 2015 potrebbe essere pari al 7/8 per cento, anche "per via di un'inflazione più alta" della media dell'eurozona, che dovrebbe toccare l'1,4% nel 2010 e l'1,7 nel 2011, per via del "rafforzamento della domanda e della crescita dei prezzi dei prodotti energetici".L'Fmi evidenzia anche altri "fattori strutturali" come "la crescita sostenuta dei prestiti a rischio, una disoccupazione in crescita che limiterà i consumi privati e la prudenza delle aziende negli investimenti, oltre alla diffusa rigidità del sistema produttivo e del mercato del lavoro e al peso del settore pubblico".Per i tecnici del Fondo, "l'Italia ha continuato a perdere quote di mercato nel commercio mondiale dalla metà degli anni Novanta" per via delle "rigidità dell'economia e della specializzazione in prodotti a basso valore aggiunto". Secondo l'Fmi, "la crescita degli stipendi ha superato quella della produttività con costi unitari del lavoro cresciuti di quasi il 25 per cento dal 1999 al 2007"."La recessione lascerà come eredità a lungo termine un debito pubblico più alto e un Pil minore" aggiungono i tecnici di Washington. La loro stima è di un prodotto interno lordo reale nel 2015 a un livello inferiore fino al 15% di quello pre-crisi (nel periodo 1990-2004). Il rapporto sottolinea come le autorità italiane ritengano tale previsione "troppo pessimistica" essendo convinte che dietro la recessione "ci fosse solo un grave choc per la domanda esterna" colpita dalla crisi globale. La risposta dei tecnici dell'Fmi è che "sebbene la crisi può aver avuto origini esterne, potrebbe aver ridotto il potenziale di crescita di alcuni dei partner commerciali dell'Italia e quindi avere un effetto duraturo sulla richiesta esterna per beni e servizi" del nostro paese.In ogni caso, esperti Fmi e autorità italiane si sono trovati d'accordo nell'osservare come sullo scenario post-crisi a medio termine gravino ancora "notevoli incertezze". Un capitolo a parte è dedicato ai "fragili conti pubblici" con cui l'Italia ha dovuto affrontare la crisi. Sul fronte del debito pubblico, i miglioramenti registrati in passato con una discesa dal 113,7 del Pil nel 1999 al 103,5 nel 2007 sono stati vanificati - secondo gli esperti del Fondo - da "scarsi controlli nella spesa".Anche se il peggioramento dei conti pubblici "è stato relativamente contenuto rispetto alla media dell'Eurozona" oggi, ricorda il rapporto, il costo per rifinanziare questo debito è pari al 25% del Pil. Inoltre, sui conti pubblici gravano i rischi di un approccio del mercato che potrebbe "diventare rapidamente negativo" se il governo non illustrerà "in tempi brevi piani sufficientemente dettagliati per il medio termine per ridurre il deficit di bilancio" (il rapporto è stato chiuso prima della presentazione della manovra correttiva, ndr). Il Fondo ricorda poi come per il governo italiano "il federalismo fiscale possa facilitare il miglioramento dei conti pubblici migliorando al tempo stesso l'efficienza del settore statale".L'Italia, comunque, per il Fondo può contare sulla "posizione di relativa forza del sistema finanziario", che deriva "dalla natura tradizionale" delle attività bancarie, ma anche un "precedente consolidamento, una governance migliorata e un solido sistema di supervisione". Il nostro Paese, inoltre, a differenza di altri, non ha sofferto di 'bolle' speculative in settori come quello immobiliare e può vantare conti a posto sia per le aziende che per le famiglie, con un tradizionale elevato tasso di risparmio e un basso indebitamento privato.Uno scenario in chiaroscuro, insomma, in cui l'Fmi si spinge anche a disegnare scenari fino al 2060, basati su diverse tipologie di sviluppo. In uno dei più favorevoli il nostro paese, grazie agli interventi di riforma pensionistica già adottati, 'rischia' di ritrovarsi nel 2060 con un livello di debito al 206% del Pil. Una enormità rispetto all'attuale 115,8% ma ben più basso della media europea prevista per allora, ovvero il 400 per cento. Ma per il momento, ribadisce il Fondo, "in uno scenario di bassa crescita, senza misure di bilancio supplementari il debito diventerà insostenibile".
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