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Usa: mercati azionari a rischio?

Due anni di crescita continua. Secondo alcuni è troppo, e una correzione importante sarebbe dietro l’angolo. Ma con il tasso di riferimento a zero la Fed non avrebbe spazi di manovra.

di Marco Delugan 1 lug 2014 ore 11:28
Dopo due anni di crescita ininterrotta, i mercati azionari Usa sarebbero in prossimità di una correzione importante. E, se così fosse, la Federal Reserve, con l’arma spuntata del tasso di riferimento già a zero, non sarebbe in grado di fronteggiarla. Se ne parla su BusinessInsider di questa settimana, in un articolo a firma di Jim Edwards, da cui abbiamo tratto queste note.

La Bank for International Settlements (BIS) - l'istituzione finanziaria con sede in Svizzera che funge da controparte delle diverse banche centrali nazionali - ha dichiarato che i mercati azionari sono in uno stato di “euforia”, e ha esortato le banche centrali ad iniziare politiche monetarie restrittive, adesso che le economie sono ancora in crescita piuttosto che aspettare un'altra crisi economica, quando sarebbe troppo tardi.

Parole preoccupanti che arrivano da economisti il cui compito è quello di monitorare come le banche centrali rispondono alle cangianti condizioni economiche con gli strumenti di politica monetaria a loro disposizione.
 
crisi-finanziariaIl sottotesto - nemmeno poi così tanto nascosto - della relazione annuale della BIS è che, visto che molte banche centrali hanno ridotto i tassi d'interesse a zero - Stati Uniti e Giappone inclusi - si ritroverebbero, mantenendoli a tali livelli, senza armi per rilanciare l'economia di fronte a un’altra crisi. Sotto il livello zero i tassi di interesse non possono andare, e politiche monetarie più accomodanti di quelle in atto non sarebbero possibili.
 
Parole ancora più preoccupanti se si pensa che nel 2007, anno di inizio dell’ultima recessione, la banca centrale degli Stati Uniti aveva posto il tasso di riferimento al 5,3%.

Ecco le parole della BIS:
I mercati finanziari sono euforici, ma i progressi fatti nel rafforzare i bilanci delle banche non sono stati uniformi e il debito privato continua a crescere. E la politica macroeconomica ha poco spazio di manovra per affrontare eventuali sorprese spiacevoli che potrebbero provenire dall’economia finanziaria e reale, anche fosse solo una “normale” recessione.
E secondo alcuni, come Michael P. Regan di Bloomberg, la correzione potrebbe arrivare da un momento all’altro:
Una cosa che in questi giorni preocupa molti è che il mercato statunitense non abbia tracciato una sola vera correzione negli ultimi due anni di crescita praticamente ininterrotta.

L'ultima flessione importante per lo Standard & Poor 500 (SPX) è stata dell’11%, avvenuta il 2 aprile 2012.  Quest'anno, le flessioni degne di nota sono state del 6,1% a metà gennaio e ai primi di febbraio e un calo del 4,4% in aprile.
Altro segnale di eccesso, il mercato M&A che quest’anno ha raggiunto nuovi record, come osserva il Financial Times:
Il valore delle “fusioni e acquisizioni” ha raggiunto nei primi sei mesi di quest’anno a livello globale 1,75 trilioni di dollari, il 75% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, e livello più alto dal 2007.
Alberto Gallo, analista presso RBS di Londra, ritiene che gli investitori si stiano come addormentato al volante
La preoccupazione di molti analisti è che una combinazione di eccesso di sicurezza e di mancanza di liquidità possa trasformare una palla di neve - una correzione fisiologica -  in una valanga quando la politica dei tassi di interesse “bassi per molto tempo ancora” dovesse giugnere al termine. E con la disoccupazione negli Stati Uniti in calo e la progressiva diminuzione degli acquisti di asset d parte della Fed, il così detto "tapering", sembra che il momento di una tale correzione si stia avvicinando.
In estrema sintesi, quindi, si potrebbe pensare che uscire a breve dai mercati azionari Usa sia una opportunità da non escludere, perché la Fed non sarà  in grado di salvare i titoli immettendo maggiore liquidità nell’economia.
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