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Tango Bond, solo pochi giorni per evitare un nuovo default

Il governo argentino avrebbe chiesto la sospensione dell’ordine di pagamento delle obbligazioni ai creditori che non avevano aderito alle operazioni di ristrutturazione del debito

di Edoardo Fagnani 25 lug 2014 ore 11:32
TANGO BOND
Secondo quanto riportato da alcune agenzie stampa il governo argentino avrebbe chiesto la sospensione dell’ordine di pagamento delle obbligazioni ai creditori che non avevano aderito alle operazioni di ristrutturazione del debito, in attesa di trovare una soluzione soddisfacente a tutte le parti in causa. Nelle scorse settimane un giudice federale di New York aveva ordinato al paese sudamericano di rimborsare 1,3 miliardi di dollari (più gli interessi) a coloro che non avevano aderito agli swap effettuati nel 2005 e nel 2010. L’Argentina ha tempo fino al 30 luglio per procedere al pagamento prima che scatti un nuovo default del paese.
argentina2Tuttavia, la tempistica per raggiungere un accordo tra le parti sarebbe limitata e risulterebbe difficile raggiungere una transazione entro la fine del mese.

PARMALAT
Plus, l’inserto del sabato del quotidiano Il Sole24Ore, ha pubblicato la lettera di un risparmiatore che possiede azioni Parmalat Finanziaria Ordinarie, finite in default e inserite nella procedura fallimentare ancora in corso. L’azionista ha precisato che la banca di riferimento, UBI-Banca Popolare di Bergamo, ha riferito che non è possibile chiudere il dossier titoli, che ha un costo arrivato a 40 euro annui e che è gravato da una imposta di bollo. L’istituto, rispondendo al lettore, ha ricordato che la “banca non prevede l'acquisizione della titolarità di strumenti finanziari emessi da società o da Paesi in stato di insolvenza né l'ordinamento contempla altre alternative alla cessione”.
Il Sole24Ore di mercoledì 23 luglio ha riportato le motivazioni con cui la Cassazione ha condannato Calisto Tanzi a 17 anni e 5 mesi. L'ex patron sarebbe stato il regista delle falsificazioni contabili, delle operazione di dissimulazione dell'esposizione debitoria, dei finanziamenti occultati attraverso operazioni di investimento nel capitale, di tutte le manovre illecite contabili e di tutte le operazioni dolose delle quali ha tratto origine il rovinoso tracollo del gruppo. Tutti questi accadimenti sono stati attuati per volontà di Calisto Tanzi. Questo il passaggio centrale delle motivazioni con le quali la Cassazione ha chiuso il capitolo principale della vicenda giudiziaria del crack Parmalat.
Sempre Il Sole24Ore di mercoledì 23 luglio ha indicato che nell'ambito del crack Parmalat rimangono aperti ancora cinque processi penali. Intanto, nel corso dei tanti processi che si sono incardinati tra Milano e Parma, sono stati recuperati 150 milioni di euro, che sono andati a risarcire più di 44mila bondholder. Si tratta di cifre rilevanti ma che non rappresentano la totalità di quanto era stato investito prima del crack del 2003: su 650 milioni di euro (la parte riferibile ai risparmiatori italiani) è stato recuperato solo il 30% del nominale. Il totale dei bond Parmalat in circolazione al momento del crack era di 6,5 miliardi di euro.
Parmalat ha comunicato che, in seguito al procedimento di accreditamento delle azioni e dei warrant ai creditori del gruppo di Collecchio, il capitale sociale è cresciuto da 1.827.818.123 azioni a 1.828.661.317 azioni. L'aumento è dovuto all'esercizio di 843.185 warrant. La modifica è datata 23 luglio 2014.

ALITALIA
Poste italiane ha comunicato di aver concluso positivamente la valutazione della partecipazione all''operazione Alitalia-Etihad. La società ha precisato che un elemento rilevante nella valutazione positiva è stata la disponibilità delle due compagnie aeree a concordare con la società il piano di collaborazione continuativo nel tempo, teso alla realizzazione di importanti sinergie industriali e commerciali, incrementali rispetto a quanto già individuato in passato con Alitalia.
Secondo il Corriere della Sera di martedì 22 luglio la proposta di Poste di aderire al piano Alitalia-Etihad sta spiazzando le banche. I 40 milioni di euro che il gruppo postale ha messo a disposizione non andranno, come volevano le banche e i cosiddetti capitani coraggiosi, a garanzia delle perdite e dei contenziosi pregressi della vecchia Alitalia. Il numero uno di Poste, Francesco Caio, ha invece dichiarato che quei 40 milioni servono per rilevare un altro 5% del capitale della nuova Alitalia. Indicazione che spiazza Etihad ma soprattutto Unicredit e IntesaSanpaolo.
Secondo quanto riportato da Il Sole24Ore di mercoledì 23 luglio i soggetti coinvolti stanno studiando un'ipotesi di matrimonio senza l'aiuto di Poste Italiane,. In queste giorni si sta facendo la conta tra gli azionisti della compagnia per capire chi, oltre alle banche, sottoscriverà l'aumento da 200 milioni di euro (ma la cifra potrebbe salire) e soprattutto chi coprirà la quota che Poste (azionista di Cai con il 19,48%) non intende sottoscrivere. Sarebbero almeno 40 milioni di euro. Si cerca tra i soci ma anche fuori.
La Repubblica di giovedì 24 luglio ha segnalato che come "un grande caos all'italiana" rischia di bruciare Alitalia sull'altare delle guerre tra sindacati e l'indecisione del Governo. Si tratta, sempre secondo La Repubblica, di "una follia tutta italiana": i sindacati hanno accettato gli esuberi, ma si scontrano sul contratto, mentre Poste Italiane ha dato il via libera all'ingresso in una newco con quasi 40 milioni di euro. Lo spettro dei libri in Tribunale resta un'ipotesi per nulla remota. Anche perché sembra che i vertici di Etihad sarebbero irritati per la trattativa che procede a rilento e per la gestione caotica e molto all'italiana di tutta la vicenda.
La Repubblica di venerdì 25 luglio ha scritto che l'assemblea dei soci di Alitalia darà il via libera al bilancio 2013, chiusosi con una perdita di 500 milioni di euro, e all'aumento di capitale da 250 milioni. Il rafforzamento del capitale dovrebbe servire a rafforzare il patrimonio per parare eventuali pendenze legali e contenziosi di Cai. Una richiesta, questa, avanzata da Etihad. Che non desidera sorprese in futuro. Resta in sospeso, per il quotidiano, la questione delle due nuove newco. La prima servirà a consentire l'ingresso di Poste in un soggetto nuovo e a sua volta entrerà, con il 51% nella seconda, in cui sarà contenuto il 49% di Etihad.
Sempre venerdì 25 luglio il Corriere della Sera ha scritto che è arrivato l'ultimatum della compagnia araba, da mesi in predicato di entrare nel capitale di Alitalia con una quota del 49%. Il numero uno di Etihad, James Hogan, ha dichiarato che se la firma non arriverà entro lunedi l'accordo salterà. A fermare la chiusura dell'intesa le divisioni sul fronte sindacale, con la Uil che ha boicottato il referendum interno ai lavoratori indetto da Cgil e Cisl, e i problemi a livello proprietario, con Poste che - dopo il cambio di guida da Sarmi a Caio - intende il suo impegno in Alitalia in modo differente rispetto a quando fece il suo ingresso nel capitale ai tempi del governo Letta. In tutto questo resta il dubbio di un contesto politico che non sembra così concentrato sulla risoluzione del problema come invece si aspetterebbe Etihad.

LEHMAN BROTHERS
Plus, l’inserto del sabato del quotidiano Il Sole24Ore, ha segnalato che nel continuo match tra obbligazionisti Lehman Brothers e le banche che hanno venduto loro i bond dell'istituto americano andato in default il 15 settembre 2008, questa volta a soccombere è un cliente. Il tribunale di Torino, in un procedimento, ha dato ragione a Banca IMI: l'istituto non avrebbe avuto alcun obbligo di comunicare al risparmiatore le successive variazioni di rischio dei singoli titoli, nemmeno se inseriti nell'elenco delle obbligazioni a basso rischio e basso rendimento del consorzio "PattiChiari". Non avrebbero valore, infatti, le variazioni sui credit default swap di Lehman Brothers né le notizie di stampa sulla sua crisi. Su questo specifico punto questa sentenza è in contrasto con un'altra sentenza dello stesso Tribunale.

SEAT PAGINE GIALLE
Dalle comunicazioni giornaliere diffuse dalla Consob si apprende che il 14 luglio Giovanni Cagnoli ha ridotto la partecipazione detenuta nel capitale di Seat Pagine Gialle, portandola dal 2,195% all’1,487%.

GENERAL MOTORS

General Motors ha comunicato di aver chiuso il secondo trimestre del 2014 con un utile pari a 278 milioni di dollari, in sensibile calo dagli 1,41 miliardi di dollari dello stesso periodo dell'anno precedente. I conti sono afflitti però da costi non ordinari pari a 1,5 miliardi di dollari. Il gruppo ha così chiuso il periodo con un utile pari a 58 centesimi per azione, in linea con le attese degli analisti.

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Nota per il lettore

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