Tango bond, qualche precisazione sul nuovo default
Alcuni operatori ritengono che Buenos Aires potrebbe aver valutato come soluzione migliore un default pilotato, con la possibilità di trattare poi a condizioni meno onerose
di Edoardo Fagnani 1 ago 2014 ore 10:57
TANGO BOND
Per la seconda volta in 13 anni, dopo il primo drammatico crack del 2001, l'Argentina è in default. Si sono infatti dissolte le speranze del raggiungimento di un accordo tra Buenos Aires e gli hedge fund americani. Il Governo di Cristina Kirchner, dopo la moratoria di un mese ottenuta a fine giugno, puntava a una sospensione dell'ordinanza della Corte Suprema Usa, che con il giudice distrettuale Thomas Griesa imponeva al Tesoro argentino il pagamento di 1,33 miliardi di dollari. L'ultima speranza era riporta su un fantomatico consorzio di banche private argentine che, secondo indiscrezioni di stampa, avrebbe potuto lanciare un'offerta per acquistare i bond in mano agli hedge fund. Ma anche questa estrema ipotesi è svanita. Alcuni operatori ritengono che Buenos Aires potrebbe aver valutato come soluzione migliore un default pilotato, con la possibilità di trattare poi a condizioni meno onerose, piuttosto che scendere a patti con gli hedge. Forse anche per questo il default era ormai atteso.
Secondo JCI Capital Ltd il contesto è diverso da quello del 2001 e l’ipotesi più accreditata è che il Paese attenda la scadenza del 31 dicembre 2014 e poi riprendere eventuali accordi con i fondi holdout. Non ci sono novità per i risparmiatori italiani “ribelli” che non aderirono alla ristrutturazione.
L'agenzia Standard & Poor's ha peggiorato il rating sul debito sovrano della Repubblica Argentina ora fissato in "selective default".
Moody’s, invece, ha confermato il rating “Caa1” sul debito sovrano della Repubblica Argentina, giudizio che inserisce il paese sudamericano tra gli emittenti altamente speculativi. Secondo gli analisti, le possibili perdite dei creditori da un eventuale default del paese saranno limitate. Tuttavia, gli esperti hanno peggiorato le prospettive sul rating per i prossimi trimestri, portandole da “Stabili” a “Negative”.
LEGGI ANCHE: Tutti i default dell'Argentina
ALITALIA
L'assemblea dei soci di Alitalia ha deliberato un aumento di capitale fino ad un massimo di 250 milioni di euro da offrirsi in opzione agli azionisti, in proporzione alla quota di capitale posseduta. La stessa assemblea ha approvato il bilancio d’esercizio 2013, che, secondo quanto riportato da alcune agenzie stampa, si sarebbe chiuso con una perdita di 569 milioni di euro. Se il dato dovesse essere confermato, le perdite di Alitalia negli ultimi cinque anni sarebbero pari a oltre 1,41 miliardi di euro.
Il Sole24Ore di domenica 27 luglio ha segnalato che la situazione intorno ad Alitalia rimane estremamente complessa. Il quotidiano ha evidenziato che sono in corso trattative per trovare un nuovo socio disposto ad accollarsi parte della quota di ricapitalizzazione che fa capo a Poste Italiane, quantificata in 60 milioni di euro. Secondo Il Sole24Ore AirFrance-KLM avrebbe deciso di non partecipare all’aumento di capitale con la quota di competenza.
Secondo il Corriere della Sera di lunedì 28 luglio, a tempo ormai scaduto, i principali soci di Alitalia stanno cercando una soluzione condivisa e non discriminatoria tra gli azionisti che permettano di celebrare l'agognato matrimonio con Etihad. Cruciale la posizione del socio "ribelle" Poste Italiane, che non vuole farsi carico delle pendenze e delle passività pregresse della compagnia aerea.
Il Corriere della Sera di martedì 29 luglio ha scritto che tra Unicredit, IntesaSanpaolo e Atlantia, si starebbe consolidando per il futuro di Alitalia l'ipotesi di una midco, ossia una società intermedia tra la vecchia holding e la nuova compagnia di cui Etihad acquisterebbe il 49% della compagnia aerea italiana. I tre soggetti coinvolti nei colloqui accetterebbero così la proposta di Francesco Caio, l'amministratore delegato di Poste Italiane, a patto che l'impegno di quest'ultima nell'aumento di capitale da 250 milioni di euro aumenti e passi da 40 ad almeno 70 milioni di euro.
I principali quotidiani di mercoledì 30 luglio ha riportato l'ultimatum di Etihad ad Alitalia. Il numero uno della compagnia araba, James Hogan, ha dichiarato che il suo gruppo è disposto a sottoscrivere un'intesa con Alitalia ma entro e non oltre il 31 luglio e se verranno risolti alcuni punti chiave. Etihad è disposta a investire 560 milioni ma i nodi da sciogliere sarebbero diventati più complessi, alla luce delle revisioni negative sulla redditività di Alitalia e della struttura dell'accordo presentato da Poste Italiane.
Il Corriere della Sera di giovedì 31 luglio ha fatto il punto della situazione sull'incontro, avvenuto a Palazzo Chigi, tra i vari attori della partita Alitalia. I soci di Cai avrebbero accettato di rimettere mano al portafogli e predisporre un ulteriore aumento di capitale da 50 milioni di euro oltre quello da 250 già deliberato. L'obiettivo è quello di deliberarlo entro il 5 agosto e chiudere con Hogan, scongiurando altre richieste di denaro.
Il Corriere della Sera di venerdì 1° agosto ha riferito che Poste Italiane ha deciso di investire altri 70 milioni di euro nell'operazione di salvataggio di Alitalia. Il gruppo guidato da Francesco Caio porterà così a 145 milioni il suo impegno nel vettore: ai 75 milioni versati nell'autunno scorso per rilevare il 19,5% di Atlantia si aggiungono ora i 70 che finiranno in una società cuscinetto tra la vecchia Alitalia (dove restano debiti e contenziosi pregressi) e la nuova compagnia che avrà Etihad come azionista al 49%. Non a caso la nota di Poste Italiane ha ribadito che il consiglio ha deliberato un finanziamento a favore di un veicolo, di una MidCompany. In altre parole anche Poste Italiane non vuole che queste nuove risorse vadano a garanzia di debiti e oneri pregressi. Questa mossa agita però i vecchi azionisti di Cai: Atlantia ha ribadito la sua convinzione che Caio avrebbe cambiato le carte in tavola.
SEAT PAGINE GIALLE
Seat Pagine Gialle ha fornito l'aggiornamento mensile sulla struttura patrimoniale come richiesto dalla Consob. A fine giugno l'indebitamento netto del gruppo editoriale ha superato gli 1,55 miliardi di euro, rispetto agli 1,54 miliardi di maggio. La posizione finanziaria netta ha risentito dell'accertamento degli interessi maturati sui debiti finanziari, per complessivi 63 milioni, e del flusso di cassa netto generato dalla gestione. Inoltre, a giugno Seat Pagine Gialle ha effettuato un pagamento di 9,85 milioni di euro a favore di Rotosud/Ilte.
SAFILO
Safilo ha chiuso il primo semestre del 2014 con ricavi per 606,29 milioni di euro, in aumento dell’1,3% rispetto ai 598,36 milioni ottenuti negli stessi mesi dello scorso anno. A parità di tassi di cambio, il fatturato sarebbe cresciuto del 4,7%. Il margine operativo lordo è salito del 5,7%, passando da 65,02 milioni a 68,27 milioni di euro. Di conseguenza, la marginalità è cresciuta dal 10,9% all’11,3%. Safilo ha terminato lo scorso semestre con un utile netto di 29,32 milioni di euro, in aumento del 46% rispetto ai 20,09 milioni dei primi sei mesi del 2013. Nel solo secondo trimestre il fatturato è cresciuto del 3,9% a 313,08 milioni di euro, mentre l’utile netto è balzato del 92,1% a 12,86 milioni. A fine giugno l’indebitamento netto della società era sceso a 166,1 milioni di euro, rispetto ai 182,5 milioni di inizio anno. Lo scorso semestre le attività operative dell’azienda hanno generato un flusso di cassa di 11,71 milioni di euro, che non ha coperto gli investimenti effettuati nel periodo (18,1 milioni).
Safilo e il Gruppo Tommy Hilfiger, uno dei principali brand globali di lifestyle, di proprietà di PVH Corp, hanno annunciato il rinnovo di 5 anni dell’accordo di licenza mondiale per il design, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione delle collezioni di montature da vista e occhiali da sole Tommy Hilfiger. L’accordo avrà durata fino al 31 dicembre 2020, con l’estensione opzionale di ulteriori 5 anni.
PARMALAT
Parmalat ha chiuso il primo semestre del 2014 con ricavi per 2,62 miliardi di euro, in aumento dello 0,9% rispetto ai 2,59 miliardi ottenuti negli stessi mesi dello scorso anno. A parità di tassi di cambio e di perimetro del gruppo, il giro d’affari sarebbe cresciuto del 9,1%. In contrazione, invece, il margine operativo lordo, che è sceso da 194,2 milioni a 184,4 milioni di euro (-5,1%). Di conseguenza, la marginalità si è ridotta dal 7,7% al 6,4%. Parmalat ha terminato i primi sei mesi dell’anno con un utile netto di 88,9 milioni di euro, in contrazione rispetto ai 105,4 milioni contabilizzati nel primo semestre del 2013. A fine giugno Parmalat poteva contare su disponibilità finanziarie per 975,2 milioni di euro, in contrazione rispetto agli 1,07 miliardi di euro di inizio anno, in conseguenza principalmente all'esborso per l’acquisizione di Harvey Food and Beverage. Per il 2014, a tassi di cambio e perimetro costanti ed escluso l'effetto dell'iperinflazione, Parmalat stima ricavi netti ed EBITDA in crescita del 3%, nonostante il secondo semestre dovrebbe scontare uno scenario di mercato ancora negativo.
RISANAMENTO
Risanamento ha chiuso il primo semestre del 2014 con un valore della produzione di 70,38 milioni di euro, in forte aumento rispetto ai 10,27 milioni realizzati nello stesso periodo dello scorso anno. Il risultato finale è stato positivo per 198,27 milioni di euro, rispetto al rosso di 19,64 milioni del primo semestre del 2013, grazie alla cessione definitiva a Chesfield/Olayan di otto dei nove immobili di proprietà del gruppo. Per lo stesso motivo a fine giugno l’indebitamento era sceso a 498,1 milioni di euro, rispetto agli 1,82 miliardi di inizio anno. La cifra comprende il prestito obbligazionario convertendo di 276,3 milioni di euro. Sempre a fine giugno il patrimonio immobiliare era iscritto a bilancio per 960,81 milioni di euro, dagli 1,6 miliardi di inizio anno.
___________
Nota per il lettore
Per utilizzare in modo corretto questa rubrica è importante tenere presente che:
- la rubrica ha lo scopo di monitorare per voi tutte le notizie importanti che vengono pubblicate settimanalmente sulle società italiane e i principali gruppi internazionali che hanno emesso Corporate Bond; non abbiamo incluso i gruppi più solidi, perché riteniamo del tutto improbabile un loro default;
- la rubrica non intende fornire analisi e valutazioni sulle società emittenti, o notizie specifiche sulle loro emissioni obbligazionarie, ma semplicemente effettuare il monitoraggio della stampa per consentirvi di reperire notizie che magari vi erano sfuggite. Chiaramente spesso da quelle notizie si possono trarre informazioni utili per valutare lo stato di salute della società, e quindi anche eventuali problemi sul rimborso delle emissioni;
- la rubrica è di fatto una rassegna stampa settimanale, quindi non contiene analisi e giudizi di chi la redige. In ogni caso, qualsiasi notizia o commento contenuto nella rubrica non può essere interpretato come sollecitazione a fare o non fare, acquistare o vendere. Qualsiasi decisione di investimento o disinvestimento sarà presa da voi in totale autonomia.
Per la seconda volta in 13 anni, dopo il primo drammatico crack del 2001, l'Argentina è in default. Si sono infatti dissolte le speranze del raggiungimento di un accordo tra Buenos Aires e gli hedge fund americani. Il Governo di Cristina Kirchner, dopo la moratoria di un mese ottenuta a fine giugno, puntava a una sospensione dell'ordinanza della Corte Suprema Usa, che con il giudice distrettuale Thomas Griesa imponeva al Tesoro argentino il pagamento di 1,33 miliardi di dollari. L'ultima speranza era riporta su un fantomatico consorzio di banche private argentine che, secondo indiscrezioni di stampa, avrebbe potuto lanciare un'offerta per acquistare i bond in mano agli hedge fund. Ma anche questa estrema ipotesi è svanita. Alcuni operatori ritengono che Buenos Aires potrebbe aver valutato come soluzione migliore un default pilotato, con la possibilità di trattare poi a condizioni meno onerose, piuttosto che scendere a patti con gli hedge. Forse anche per questo il default era ormai atteso.
Secondo JCI Capital Ltd il contesto è diverso da quello del 2001 e l’ipotesi più accreditata è che il Paese attenda la scadenza del 31 dicembre 2014 e poi riprendere eventuali accordi con i fondi holdout. Non ci sono novità per i risparmiatori italiani “ribelli” che non aderirono alla ristrutturazione.
L'agenzia Standard & Poor's ha peggiorato il rating sul debito sovrano della Repubblica Argentina ora fissato in "selective default".
Moody’s, invece, ha confermato il rating “Caa1” sul debito sovrano della Repubblica Argentina, giudizio che inserisce il paese sudamericano tra gli emittenti altamente speculativi. Secondo gli analisti, le possibili perdite dei creditori da un eventuale default del paese saranno limitate. Tuttavia, gli esperti hanno peggiorato le prospettive sul rating per i prossimi trimestri, portandole da “Stabili” a “Negative”.
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ALITALIA
L'assemblea dei soci di Alitalia ha deliberato un aumento di capitale fino ad un massimo di 250 milioni di euro da offrirsi in opzione agli azionisti, in proporzione alla quota di capitale posseduta. La stessa assemblea ha approvato il bilancio d’esercizio 2013, che, secondo quanto riportato da alcune agenzie stampa, si sarebbe chiuso con una perdita di 569 milioni di euro. Se il dato dovesse essere confermato, le perdite di Alitalia negli ultimi cinque anni sarebbero pari a oltre 1,41 miliardi di euro.
Il Sole24Ore di domenica 27 luglio ha segnalato che la situazione intorno ad Alitalia rimane estremamente complessa. Il quotidiano ha evidenziato che sono in corso trattative per trovare un nuovo socio disposto ad accollarsi parte della quota di ricapitalizzazione che fa capo a Poste Italiane, quantificata in 60 milioni di euro. Secondo Il Sole24Ore AirFrance-KLM avrebbe deciso di non partecipare all’aumento di capitale con la quota di competenza.
Secondo il Corriere della Sera di lunedì 28 luglio, a tempo ormai scaduto, i principali soci di Alitalia stanno cercando una soluzione condivisa e non discriminatoria tra gli azionisti che permettano di celebrare l'agognato matrimonio con Etihad. Cruciale la posizione del socio "ribelle" Poste Italiane, che non vuole farsi carico delle pendenze e delle passività pregresse della compagnia aerea.
Il Corriere della Sera di martedì 29 luglio ha scritto che tra Unicredit, IntesaSanpaolo e Atlantia, si starebbe consolidando per il futuro di Alitalia l'ipotesi di una midco, ossia una società intermedia tra la vecchia holding e la nuova compagnia di cui Etihad acquisterebbe il 49% della compagnia aerea italiana. I tre soggetti coinvolti nei colloqui accetterebbero così la proposta di Francesco Caio, l'amministratore delegato di Poste Italiane, a patto che l'impegno di quest'ultima nell'aumento di capitale da 250 milioni di euro aumenti e passi da 40 ad almeno 70 milioni di euro.
I principali quotidiani di mercoledì 30 luglio ha riportato l'ultimatum di Etihad ad Alitalia. Il numero uno della compagnia araba, James Hogan, ha dichiarato che il suo gruppo è disposto a sottoscrivere un'intesa con Alitalia ma entro e non oltre il 31 luglio e se verranno risolti alcuni punti chiave. Etihad è disposta a investire 560 milioni ma i nodi da sciogliere sarebbero diventati più complessi, alla luce delle revisioni negative sulla redditività di Alitalia e della struttura dell'accordo presentato da Poste Italiane.
Il Corriere della Sera di giovedì 31 luglio ha fatto il punto della situazione sull'incontro, avvenuto a Palazzo Chigi, tra i vari attori della partita Alitalia. I soci di Cai avrebbero accettato di rimettere mano al portafogli e predisporre un ulteriore aumento di capitale da 50 milioni di euro oltre quello da 250 già deliberato. L'obiettivo è quello di deliberarlo entro il 5 agosto e chiudere con Hogan, scongiurando altre richieste di denaro.
Il Corriere della Sera di venerdì 1° agosto ha riferito che Poste Italiane ha deciso di investire altri 70 milioni di euro nell'operazione di salvataggio di Alitalia. Il gruppo guidato da Francesco Caio porterà così a 145 milioni il suo impegno nel vettore: ai 75 milioni versati nell'autunno scorso per rilevare il 19,5% di Atlantia si aggiungono ora i 70 che finiranno in una società cuscinetto tra la vecchia Alitalia (dove restano debiti e contenziosi pregressi) e la nuova compagnia che avrà Etihad come azionista al 49%. Non a caso la nota di Poste Italiane ha ribadito che il consiglio ha deliberato un finanziamento a favore di un veicolo, di una MidCompany. In altre parole anche Poste Italiane non vuole che queste nuove risorse vadano a garanzia di debiti e oneri pregressi. Questa mossa agita però i vecchi azionisti di Cai: Atlantia ha ribadito la sua convinzione che Caio avrebbe cambiato le carte in tavola.
SEAT PAGINE GIALLE
Seat Pagine Gialle ha fornito l'aggiornamento mensile sulla struttura patrimoniale come richiesto dalla Consob. A fine giugno l'indebitamento netto del gruppo editoriale ha superato gli 1,55 miliardi di euro, rispetto agli 1,54 miliardi di maggio. La posizione finanziaria netta ha risentito dell'accertamento degli interessi maturati sui debiti finanziari, per complessivi 63 milioni, e del flusso di cassa netto generato dalla gestione. Inoltre, a giugno Seat Pagine Gialle ha effettuato un pagamento di 9,85 milioni di euro a favore di Rotosud/Ilte.
SAFILO
Safilo ha chiuso il primo semestre del 2014 con ricavi per 606,29 milioni di euro, in aumento dell’1,3% rispetto ai 598,36 milioni ottenuti negli stessi mesi dello scorso anno. A parità di tassi di cambio, il fatturato sarebbe cresciuto del 4,7%. Il margine operativo lordo è salito del 5,7%, passando da 65,02 milioni a 68,27 milioni di euro. Di conseguenza, la marginalità è cresciuta dal 10,9% all’11,3%. Safilo ha terminato lo scorso semestre con un utile netto di 29,32 milioni di euro, in aumento del 46% rispetto ai 20,09 milioni dei primi sei mesi del 2013. Nel solo secondo trimestre il fatturato è cresciuto del 3,9% a 313,08 milioni di euro, mentre l’utile netto è balzato del 92,1% a 12,86 milioni. A fine giugno l’indebitamento netto della società era sceso a 166,1 milioni di euro, rispetto ai 182,5 milioni di inizio anno. Lo scorso semestre le attività operative dell’azienda hanno generato un flusso di cassa di 11,71 milioni di euro, che non ha coperto gli investimenti effettuati nel periodo (18,1 milioni).
Safilo e il Gruppo Tommy Hilfiger, uno dei principali brand globali di lifestyle, di proprietà di PVH Corp, hanno annunciato il rinnovo di 5 anni dell’accordo di licenza mondiale per il design, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione delle collezioni di montature da vista e occhiali da sole Tommy Hilfiger. L’accordo avrà durata fino al 31 dicembre 2020, con l’estensione opzionale di ulteriori 5 anni.
PARMALAT
Parmalat ha chiuso il primo semestre del 2014 con ricavi per 2,62 miliardi di euro, in aumento dello 0,9% rispetto ai 2,59 miliardi ottenuti negli stessi mesi dello scorso anno. A parità di tassi di cambio e di perimetro del gruppo, il giro d’affari sarebbe cresciuto del 9,1%. In contrazione, invece, il margine operativo lordo, che è sceso da 194,2 milioni a 184,4 milioni di euro (-5,1%). Di conseguenza, la marginalità si è ridotta dal 7,7% al 6,4%. Parmalat ha terminato i primi sei mesi dell’anno con un utile netto di 88,9 milioni di euro, in contrazione rispetto ai 105,4 milioni contabilizzati nel primo semestre del 2013. A fine giugno Parmalat poteva contare su disponibilità finanziarie per 975,2 milioni di euro, in contrazione rispetto agli 1,07 miliardi di euro di inizio anno, in conseguenza principalmente all'esborso per l’acquisizione di Harvey Food and Beverage. Per il 2014, a tassi di cambio e perimetro costanti ed escluso l'effetto dell'iperinflazione, Parmalat stima ricavi netti ed EBITDA in crescita del 3%, nonostante il secondo semestre dovrebbe scontare uno scenario di mercato ancora negativo.
RISANAMENTO
Risanamento ha chiuso il primo semestre del 2014 con un valore della produzione di 70,38 milioni di euro, in forte aumento rispetto ai 10,27 milioni realizzati nello stesso periodo dello scorso anno. Il risultato finale è stato positivo per 198,27 milioni di euro, rispetto al rosso di 19,64 milioni del primo semestre del 2013, grazie alla cessione definitiva a Chesfield/Olayan di otto dei nove immobili di proprietà del gruppo. Per lo stesso motivo a fine giugno l’indebitamento era sceso a 498,1 milioni di euro, rispetto agli 1,82 miliardi di inizio anno. La cifra comprende il prestito obbligazionario convertendo di 276,3 milioni di euro. Sempre a fine giugno il patrimonio immobiliare era iscritto a bilancio per 960,81 milioni di euro, dagli 1,6 miliardi di inizio anno.
___________
Nota per il lettore
Per utilizzare in modo corretto questa rubrica è importante tenere presente che:
- la rubrica ha lo scopo di monitorare per voi tutte le notizie importanti che vengono pubblicate settimanalmente sulle società italiane e i principali gruppi internazionali che hanno emesso Corporate Bond; non abbiamo incluso i gruppi più solidi, perché riteniamo del tutto improbabile un loro default;
- la rubrica non intende fornire analisi e valutazioni sulle società emittenti, o notizie specifiche sulle loro emissioni obbligazionarie, ma semplicemente effettuare il monitoraggio della stampa per consentirvi di reperire notizie che magari vi erano sfuggite. Chiaramente spesso da quelle notizie si possono trarre informazioni utili per valutare lo stato di salute della società, e quindi anche eventuali problemi sul rimborso delle emissioni;
- la rubrica è di fatto una rassegna stampa settimanale, quindi non contiene analisi e giudizi di chi la redige. In ogni caso, qualsiasi notizia o commento contenuto nella rubrica non può essere interpretato come sollecitazione a fare o non fare, acquistare o vendere. Qualsiasi decisione di investimento o disinvestimento sarà presa da voi in totale autonomia.
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