La periferia dell'Eurozona sta vincendo la battaglia, non ancora la guerra
Tra il 2010 e il 2011, Grecia, Irlanda e Portogallo hanno dovuto ricorre ad aiuti finanziari e di conseguenza. Spagna e Italia hanno invece evitato i programmi su larga scala
di Mauro Introzzi 15 apr 2014 ore 14:51
César Pérez, Strategist EMEA Chief Investment di JP Morgan Private Bank, esamina l'attuale situazione economica in Europa comparandola a quattro anni fa, quando la fiducia nel mercato dell’Eurozona era a un punto di rottura.
Nell’estate di quattro anni fa, la crisi europea era nel suo punto cruciale. Gli squilibri di bilancio dei Paesi periferici hanno portato i mercati a dubitare della loro sostenibilità economica e monetaria. Tra il 2010 e il 2011, Grecia, Irlanda e Portogallo hanno dovuto ricorre ad aiuti finanziari e di conseguenza sono entrati in programmi di adeguamento economico con l’UE e il FMI. Spagna e Italia hanno invece evitato i programmi su larga scala, ma hanno comunque intrapreso un percorso di riforma fiscale e strutturale che è ancora in corso.
L'ATTUALE SITUAZIONE DELL'EUROZONA
Lo scorso anno ha segnato l’uscita della zona euro dalla crisi del debito sovrano. I dati economici hanno iniziato a migliorare dai minimi del ciclo, parzialmente grazie agli adeguamenti strutturali intrapresi dai Paesi periferici. I mercati hanno fiducia sul fatto che il programma OMT della BCE possa rappresentare una protezione. I mercati azionari hanno accelerato e gli spread del reddito fisso si sono ristretti come risultato del miglioramento dei funding markets per banche e Stati. Tutti i Paesi periferici ad eccezione della Grecia hanno ora rendimenti a 10 anni sotto il 5%.
Rimangono in sospeso alcune importanti questioni: le banche non sono entusiaste di prestare denaro all'economia reale e il consumo interno è ancora debole. Ci sono ancora fonti di instabilità sistemica nella regione, come la crisi cipriota ha dimostrato l’anno scorso. Ad ogni tornata elettorale, a prescindere dal Paese in questione, i partiti radicali oscurano l'orizzonte. Tuttavia, gli aspetti positivi superano quelli negativi. Crediamo che la ripresa sia ben avviata nella periferia e che i mercati si fidino della capacità della BCE di fornire una rete di sicurezza in caso di necessità. Questi sviluppi regionali, insieme ad un miglioramento delle prospettive economiche globali, ci portano a prevedere una crescita reale del PIL di circa il +1 %/1,5 % nel 2014. L'Europa sta lentamente emergendo dalla recessione.
LEGGI ANCHE: Le azioni? In balia della politica
Crediamo che il 2014 sarà l'anno in cui le agenzie di rating dovranno invertire la tendenza al downgrade per i mercati sviluppati e, in particolare, per i Paesi periferici che stanno già facendo segnare un ritorno alla normalità.
Irlanda: Dopo una serie di dolorosi aggiustamenti fiscali e di riforme strutturali, l’Irlanda è stato il primo Paese periferico ad uscire dal programma di salvataggio. Il mercato ha fiducia nel Paese e questo dovrebbe supportare la sua lenta uscita dalla crisi. Il deleveraging deve ancora avvenire sia nel settore privato sia in quello pubblico e, di conseguenza, le banche avranno bisogno di un ulteriore sostegno del capitale. Nel complesso, tuttavia, l'economia del Paese è migliorata. Dato il ciclo di stabilizzazione in corso, il suo ritorno sul mercato entro la fine dell'anno o nel 2015 sembra possibile.
Spagna: C'è un positivo impeto di crescita in Spagna. Le condizioni di finanziamento restano difficili per le PMI, ma sono migliorate per gran parte dell'economia, comprese le banche. Le esportazioni hanno rappresentato il grosso della ripresa del PIL spagnolo e la crescita globale sarà quindi uno dei principali fattori per la continua crescita del Paese. Mentre avviene una riduzione della leva finanziaria interna, il Paese rimane molto sensibile agli sviluppi dell'economia globale ed è particolarmente vulnerabile ad un rallentamento dei mercati emergenti.
Italia: Il governo in Italia ha focalizzato l’attenzione sulle finanze pubbliche ed è riuscito a contenere il crescente deficit debito pubblico/PIL. Sono attese azioni per riformare le condizioni del mercato del lavoro e il sistema giudiziario. La riforma elettorale è la chiave per dimostrare che c'è abbastanza buona volontà nel proseguire sulla strada dei cambiamenti. L'attuazione delle riforme strutturali è considerata la condizione per una chiara ripresa dell’economia.
LEGGI ANCHE - Italia: le riforme accelerano e le previsioni migliorano
Portogallo: Riteniamo che il migliorato accesso al mercato e la potenziale uscita dal programma di salvataggio nel 2014 siano elementi positivi per il Portogallo. Come in Spagna, i rischi per l’attuale ripresa sono gli aggiustamenti di bilancio necessari per ridurre l'elevato debito pubblico e privato. Il governo deve continuare le riforme strutturali in modo da essere in grado di negoziare una qualche forma di accordo OSI con l’UE, che potrebbe assumere la forma di contributi in conto interessi del debito o una proroga della scadenza. Il Portogallo può anche uscire dai programmi gradualmente seguendo una linea di credito precauzionale.
Grecia: Il prossimo passo per la ripresa della Grecia sarà alimentare il tessuto sociale con questi cambiamenti economici. La disoccupazione è ancora intorno al livello record del 28%. La stabilizzazione del mercato del lavoro potrebbe contribuire a sostenere gli altri sviluppi in atto nell'economia. Ancora più importante, la Grecia non è sotto pressione per cercare finanziamento nei mercati e raccoglierà solo se ci saranno sufficienti segnali positivi. Le elezioni europee e interne in Grecia a maggio saranno un checkpoint per il progresso delle politiche attuali. Ci aspettiamo instabilità nel corso dell'anno, con gli spread periferici volatili come conseguenza. Il sentiment in Grecia è ora migliore rispetto a prima della ristrutturazione del PSI nel marzo 2012, e molte delle difficili riforme e degli aggiustamenti sono già stati fatti. La decisione finale sui progressi e sul futuro della Grecia rimane nelle mani del popolo greco, che la esprimerà attraverso le elezioni.
LEGGI ANCHE - I mercati finanziari attendono le elezioni europee
CONCLUSIONE
Quattro anni dopo i loro piano di salvataggio, i Paesi periferici hanno diminuito i deficit e ridotto i costi di finanziamento del governo. I tassi di disoccupazione, tuttavia, sono più alti rispetto alla media dell’eurozona e la crescita è diversa da Paese a Paese. Anche il trend disinflazionistico nei periferici è un rischio per la ripresa, e dovrebbe persistere nel medio termine.
Le dinamiche di domanda e offerta indicano che i Paesi periferici hanno avuto il favore dei mercati da quando l’Europa è tornata ad essere nuovamente appetibile, a metà del 2012. Quello che abbiamo bisogno di vedere sul lato monetario è che i tassi di interesse per le aziende in periferia convergano verso i livelli dei Paesi centrali. Sul piano economico e sociale, riteniamo che un calo della disoccupazione sarà il maggior indicatore di progresso. Per il successo a medio termine di una ripresa sostenibile è necessario vedere la stabilità politica in tutta l'area Euro e un continuo impianto di riforme strutturali in vari settori dell'economia. Diverse misure di riduzione del debito hanno offerto tempo ai paesi periferici: i prestiti non devono essere rimborsati per almeno tre anni.
Nel lungo termine, la BCE continuerà a mantenere attivamente i rendimenti bassi a breve e lungo termine.
Nei nostri portafogli, pur essendo sottoesposti sui titoli di Stato e orientati alla breve durata, preferiamo tassi europei, in particolare le obbligazioni sovrane a medio termine di Italia e Spagna. Nel settore azionario, adattamenti operativi dovrebbero consentire alle imprese europee di generare rendimenti forti visto che i loro margini operativi partono da una base molto bassa. Come i multipli di valutazione azionari europei sono cresciuti nel 2013, i bassi margini mostrano che c'è ancora spazio per un miglioramento, mentre la leva operativa contribuirà positivamente ai rendimenti. Il nostro modello di MSCI EMU dimostra che un tasso di crescita dell’area euro previsto all’1,4% dovrebbe tradursi in una crescita dell’Eurozone EPS di circa l’8%. Un “dividend yield” di circa il 3,4 % spingerebbe i potenziali rendimenti totali a bassa doppia cifra.
Attualmente stiamo gestendo attivamente nei nostri portafogli queste opportunità di investimento nel settore azionario e del reddito fisso esistenti. Tuttavia, nel lungo termine, dobbiamo ricordare che il percorso strutturale della zona euro non è ancora finito. La periferia ha vinto molte battaglie finora, alcune sul fronte politico e altre sul fronte delle riforme istituzionali. Un passo importante per vincere la guerra sarà il rilancio dell'occupazione e della domanda interna. Questo servirà a definire la ripresa europea un vero successo.
Nell’estate di quattro anni fa, la crisi europea era nel suo punto cruciale. Gli squilibri di bilancio dei Paesi periferici hanno portato i mercati a dubitare della loro sostenibilità economica e monetaria. Tra il 2010 e il 2011, Grecia, Irlanda e Portogallo hanno dovuto ricorre ad aiuti finanziari e di conseguenza sono entrati in programmi di adeguamento economico con l’UE e il FMI. Spagna e Italia hanno invece evitato i programmi su larga scala, ma hanno comunque intrapreso un percorso di riforma fiscale e strutturale che è ancora in corso.
L'ATTUALE SITUAZIONE DELL'EUROZONA
Lo scorso anno ha segnato l’uscita della zona euro dalla crisi del debito sovrano. I dati economici hanno iniziato a migliorare dai minimi del ciclo, parzialmente grazie agli adeguamenti strutturali intrapresi dai Paesi periferici. I mercati hanno fiducia sul fatto che il programma OMT della BCE possa rappresentare una protezione. I mercati azionari hanno accelerato e gli spread del reddito fisso si sono ristretti come risultato del miglioramento dei funding markets per banche e Stati. Tutti i Paesi periferici ad eccezione della Grecia hanno ora rendimenti a 10 anni sotto il 5%.
Rimangono in sospeso alcune importanti questioni: le banche non sono entusiaste di prestare denaro all'economia reale e il consumo interno è ancora debole. Ci sono ancora fonti di instabilità sistemica nella regione, come la crisi cipriota ha dimostrato l’anno scorso. Ad ogni tornata elettorale, a prescindere dal Paese in questione, i partiti radicali oscurano l'orizzonte. Tuttavia, gli aspetti positivi superano quelli negativi. Crediamo che la ripresa sia ben avviata nella periferia e che i mercati si fidino della capacità della BCE di fornire una rete di sicurezza in caso di necessità. Questi sviluppi regionali, insieme ad un miglioramento delle prospettive economiche globali, ci portano a prevedere una crescita reale del PIL di circa il +1 %/1,5 % nel 2014. L'Europa sta lentamente emergendo dalla recessione.
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Crediamo che il 2014 sarà l'anno in cui le agenzie di rating dovranno invertire la tendenza al downgrade per i mercati sviluppati e, in particolare, per i Paesi periferici che stanno già facendo segnare un ritorno alla normalità.
Irlanda: Dopo una serie di dolorosi aggiustamenti fiscali e di riforme strutturali, l’Irlanda è stato il primo Paese periferico ad uscire dal programma di salvataggio. Il mercato ha fiducia nel Paese e questo dovrebbe supportare la sua lenta uscita dalla crisi. Il deleveraging deve ancora avvenire sia nel settore privato sia in quello pubblico e, di conseguenza, le banche avranno bisogno di un ulteriore sostegno del capitale. Nel complesso, tuttavia, l'economia del Paese è migliorata. Dato il ciclo di stabilizzazione in corso, il suo ritorno sul mercato entro la fine dell'anno o nel 2015 sembra possibile.
Spagna: C'è un positivo impeto di crescita in Spagna. Le condizioni di finanziamento restano difficili per le PMI, ma sono migliorate per gran parte dell'economia, comprese le banche. Le esportazioni hanno rappresentato il grosso della ripresa del PIL spagnolo e la crescita globale sarà quindi uno dei principali fattori per la continua crescita del Paese. Mentre avviene una riduzione della leva finanziaria interna, il Paese rimane molto sensibile agli sviluppi dell'economia globale ed è particolarmente vulnerabile ad un rallentamento dei mercati emergenti.
Italia: Il governo in Italia ha focalizzato l’attenzione sulle finanze pubbliche ed è riuscito a contenere il crescente deficit debito pubblico/PIL. Sono attese azioni per riformare le condizioni del mercato del lavoro e il sistema giudiziario. La riforma elettorale è la chiave per dimostrare che c'è abbastanza buona volontà nel proseguire sulla strada dei cambiamenti. L'attuazione delle riforme strutturali è considerata la condizione per una chiara ripresa dell’economia.
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Portogallo: Riteniamo che il migliorato accesso al mercato e la potenziale uscita dal programma di salvataggio nel 2014 siano elementi positivi per il Portogallo. Come in Spagna, i rischi per l’attuale ripresa sono gli aggiustamenti di bilancio necessari per ridurre l'elevato debito pubblico e privato. Il governo deve continuare le riforme strutturali in modo da essere in grado di negoziare una qualche forma di accordo OSI con l’UE, che potrebbe assumere la forma di contributi in conto interessi del debito o una proroga della scadenza. Il Portogallo può anche uscire dai programmi gradualmente seguendo una linea di credito precauzionale.
Grecia: Il prossimo passo per la ripresa della Grecia sarà alimentare il tessuto sociale con questi cambiamenti economici. La disoccupazione è ancora intorno al livello record del 28%. La stabilizzazione del mercato del lavoro potrebbe contribuire a sostenere gli altri sviluppi in atto nell'economia. Ancora più importante, la Grecia non è sotto pressione per cercare finanziamento nei mercati e raccoglierà solo se ci saranno sufficienti segnali positivi. Le elezioni europee e interne in Grecia a maggio saranno un checkpoint per il progresso delle politiche attuali. Ci aspettiamo instabilità nel corso dell'anno, con gli spread periferici volatili come conseguenza. Il sentiment in Grecia è ora migliore rispetto a prima della ristrutturazione del PSI nel marzo 2012, e molte delle difficili riforme e degli aggiustamenti sono già stati fatti. La decisione finale sui progressi e sul futuro della Grecia rimane nelle mani del popolo greco, che la esprimerà attraverso le elezioni.
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CONCLUSIONE
Quattro anni dopo i loro piano di salvataggio, i Paesi periferici hanno diminuito i deficit e ridotto i costi di finanziamento del governo. I tassi di disoccupazione, tuttavia, sono più alti rispetto alla media dell’eurozona e la crescita è diversa da Paese a Paese. Anche il trend disinflazionistico nei periferici è un rischio per la ripresa, e dovrebbe persistere nel medio termine.
Le dinamiche di domanda e offerta indicano che i Paesi periferici hanno avuto il favore dei mercati da quando l’Europa è tornata ad essere nuovamente appetibile, a metà del 2012. Quello che abbiamo bisogno di vedere sul lato monetario è che i tassi di interesse per le aziende in periferia convergano verso i livelli dei Paesi centrali. Sul piano economico e sociale, riteniamo che un calo della disoccupazione sarà il maggior indicatore di progresso. Per il successo a medio termine di una ripresa sostenibile è necessario vedere la stabilità politica in tutta l'area Euro e un continuo impianto di riforme strutturali in vari settori dell'economia. Diverse misure di riduzione del debito hanno offerto tempo ai paesi periferici: i prestiti non devono essere rimborsati per almeno tre anni.
Nel lungo termine, la BCE continuerà a mantenere attivamente i rendimenti bassi a breve e lungo termine.
Nei nostri portafogli, pur essendo sottoesposti sui titoli di Stato e orientati alla breve durata, preferiamo tassi europei, in particolare le obbligazioni sovrane a medio termine di Italia e Spagna. Nel settore azionario, adattamenti operativi dovrebbero consentire alle imprese europee di generare rendimenti forti visto che i loro margini operativi partono da una base molto bassa. Come i multipli di valutazione azionari europei sono cresciuti nel 2013, i bassi margini mostrano che c'è ancora spazio per un miglioramento, mentre la leva operativa contribuirà positivamente ai rendimenti. Il nostro modello di MSCI EMU dimostra che un tasso di crescita dell’area euro previsto all’1,4% dovrebbe tradursi in una crescita dell’Eurozone EPS di circa l’8%. Un “dividend yield” di circa il 3,4 % spingerebbe i potenziali rendimenti totali a bassa doppia cifra.
Attualmente stiamo gestendo attivamente nei nostri portafogli queste opportunità di investimento nel settore azionario e del reddito fisso esistenti. Tuttavia, nel lungo termine, dobbiamo ricordare che il percorso strutturale della zona euro non è ancora finito. La periferia ha vinto molte battaglie finora, alcune sul fronte politico e altre sul fronte delle riforme istituzionali. Un passo importante per vincere la guerra sarà il rilancio dell'occupazione e della domanda interna. Questo servirà a definire la ripresa europea un vero successo.
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