Non c’è alternativa al rischio
In un mondo in cui il deleveraging nel settore pubblico e privato è solamente all’inizio ed i costi di rifinanziamento sono quindi un fattore importante, gli stimoli delle Banche Centrali sotto forma di Quantitative Easing rimangono critici
di Redazione Soldionline 3 ott 2013 ore 11:49
Articolo a cura di Allianz Global Investors
In un mondo in cui il deleveraging nel settore pubblico e privato è solamente all’inizio ed i costi di rifinanziamento sono quindi un fattore importante, gli stimoli delle Banche Centrali sotto forma di Quantitative Easing rimangono critici per mantenere la domanda finale aggregata in un trend al rialzo. Le principali Banche Centrali pertanto continueranno a voler restare “dietro la curva”. L’abbondante liquidità immessa dalle Banche Centrali manterrà i tassi a breve vicino allo zero, i rendimenti a lungo termine al di sotto del livello di equilibrio e i rischi inflazionistici al rialzo. Considerato che la maggior parte delle risorse finanziarie globali è investita in strumenti liquidi a brevissimo termine, la financial repression resta ancora un effettivo pericolo per gli investitori.
Confermiamo quindi la nostra convinzione per cui non c’è alternativa se non quella di investire nei risk asset:
• I titoli governativi di riferimento nei mercati sviluppati offrono rendimenti inferiori alla soglia di equilibrio e continuano ad essere costosi. Le scadenze a più lungo termine sembrano da evitare. La tendenza a lungo termine dei rendimenti è al rialzo. Riteniamo che i rendimenti dei Treasury a 10 anni potrebbero stabilizzarsi tra il 2,7% e il 3,5%.
• Considerate le caratteristiche specifiche delle obbligazioni dei mercati emergenti in valuta locale, le prospettive ci sembrano ancora positive, anche in alcune delle economie più fragili che recentemente hanno risentito delle dichiarazioni della Federal Reserve sulla riduzione degli stimoli monetari. Non possiamo escludere nuove fasi di debolezza sull’ondata di politiche monetarie più restrittive nelle economie sviluppate, ma ciò rappresenterebbe un’ulteriore opportunità di acquisto.
• Le valutazioni azionarie sono sostenute da una serie di fattori, tra cui il profondo divario dei rendimenti tra azioni e obbligazioni - circa il 2,9% per gli Stati Uniti - e il fatto che la maggior parte dei grandi investitori ha una posizione sottopesata nei mercati azionari e che molti settori presentano un rendimento da dividendi interessante. Con riferimento al segmento dei titoli a dividendo, sarebbe preferibile un orientamento più ciclico verso le società con un potenziale di crescita dei dividendi.
• Il Giappone è un caso a parte. Si potrebbe optare per un’operazione tattica sul mercato azionario giapponese per sfruttare la reflazione, ma finché non saranno attuate riforme strutturali importanti non possiamo prevedere una sovraperformance sostenuta. I JGB invece non appaiono un investimento attraente.
Oggi più che mai, l’unico modo per ottenere rendimento è rischiare.
In un mondo in cui il deleveraging nel settore pubblico e privato è solamente all’inizio ed i costi di rifinanziamento sono quindi un fattore importante, gli stimoli delle Banche Centrali sotto forma di Quantitative Easing rimangono critici per mantenere la domanda finale aggregata in un trend al rialzo. Le principali Banche Centrali pertanto continueranno a voler restare “dietro la curva”. L’abbondante liquidità immessa dalle Banche Centrali manterrà i tassi a breve vicino allo zero, i rendimenti a lungo termine al di sotto del livello di equilibrio e i rischi inflazionistici al rialzo. Considerato che la maggior parte delle risorse finanziarie globali è investita in strumenti liquidi a brevissimo termine, la financial repression resta ancora un effettivo pericolo per gli investitori.
Confermiamo quindi la nostra convinzione per cui non c’è alternativa se non quella di investire nei risk asset:
• I titoli governativi di riferimento nei mercati sviluppati offrono rendimenti inferiori alla soglia di equilibrio e continuano ad essere costosi. Le scadenze a più lungo termine sembrano da evitare. La tendenza a lungo termine dei rendimenti è al rialzo. Riteniamo che i rendimenti dei Treasury a 10 anni potrebbero stabilizzarsi tra il 2,7% e il 3,5%.
• Considerate le caratteristiche specifiche delle obbligazioni dei mercati emergenti in valuta locale, le prospettive ci sembrano ancora positive, anche in alcune delle economie più fragili che recentemente hanno risentito delle dichiarazioni della Federal Reserve sulla riduzione degli stimoli monetari. Non possiamo escludere nuove fasi di debolezza sull’ondata di politiche monetarie più restrittive nelle economie sviluppate, ma ciò rappresenterebbe un’ulteriore opportunità di acquisto.
• Le valutazioni azionarie sono sostenute da una serie di fattori, tra cui il profondo divario dei rendimenti tra azioni e obbligazioni - circa il 2,9% per gli Stati Uniti - e il fatto che la maggior parte dei grandi investitori ha una posizione sottopesata nei mercati azionari e che molti settori presentano un rendimento da dividendi interessante. Con riferimento al segmento dei titoli a dividendo, sarebbe preferibile un orientamento più ciclico verso le società con un potenziale di crescita dei dividendi.
• Il Giappone è un caso a parte. Si potrebbe optare per un’operazione tattica sul mercato azionario giapponese per sfruttare la reflazione, ma finché non saranno attuate riforme strutturali importanti non possiamo prevedere una sovraperformance sostenuta. I JGB invece non appaiono un investimento attraente.
Oggi più che mai, l’unico modo per ottenere rendimento è rischiare.
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