Moda: nel 2023 mercato raggiungerà 81,3 miliardi di euro
Analisi presentata in occasione di Pitti Uomo dall’ufficio studi PwC Italia insieme alla Fondazione Edison
di Redazione Soldionline 11 gen 2022 ore 13:12A cura di Labitalia/Adnkronos
Moda italiana in netta ripresa nel 2021 per i grandi brand, che registrano risultati oltre le attese. Nel 2022 il mercato raggiungerà 78 miliardi di euro, mentre si arriverà a 81,3 miliardi nel 2023, superando i livelli pre-pandemia. È quanto emerge dall’analisi presentata in occasione di Pitti Uomo dall’ufficio studi PwC Italia insieme alla Fondazione Edison. Il mercato moda a livello internazionale, in particolare il comparto fashion&luxury, si è mostrato molto resiliente nel 2021. I consumi di personal luxury goods sono cresciuti del 29% nel 2021 (vs 2020), segnando un +1% sul 2019, a significare come per questo comparto ci sia stata una veloce ripresa, la cosiddetta curva a V (dati Altagamma, novembre 2021).
In Italia, la prima metà del 2021 ha visto un’importante crescita nel fatturato delle aziende moda. Dopo un 1° trimestre 2021 con un fatturato in linea con quello dello stesso periodo del 2020 (-0,3%), nel 2° trimestre 2021 l’industria della moda italiana ha segnato un forte rimbalzo, pari al 63,9%, sul 2° trimestre 2020. Una spinta che ha portato la crescita complessiva del 1° semestre 2021 a +24%, recuperando buona parte della caduta del 2020, ma che non è stata sufficiente a raggiungere i livelli del 2° trimestre 2019 (-15%). Le previsioni dell’ufficio studi PwC Italia stimano che il fatturato delle imprese della moda italiana nel 2022 raggiungerà un valore di 78 miliardi di euro, superando solo nel 2023 i livelli pre-pandemia con un fatturato stimato di 81,3 miliardi di euro.
A pesare sulla salute del comparto della moda italiana ed europea è la mancanza di flussi turistici. Il crollo dei viaggi internazionali ha provocato un dimezzamento della spesa turistica globale, confinando i turisti nei propri paesi di origine e spingendo i consumatori a raddoppiare lo shopping di lusso domestico. Di riflesso, i grandi marchi fashion che hanno investito per efficientare le proprie strategie di vendita e distribuzione sui mercati locali, soprattutto in Cina, e potenziare le proprie piattaforme digitali ed e-commerce, hanno registrato performance positive con risultati oltre alle aspettative.
Secondo i dati della Camera Nazionale della Moda, la moda italiana mostra nei primi 5 mesi del 2021 una crescita complessiva delle esportazioni del 27,6% e del 34,3% verso i soli paesi extra-UE, con un incremento prossimo al raddoppio (+93,9%) verso la Cina. Tutti i primi dieci mercati di export della moda italiana, ad eccezione del Regno Unito, hanno registrato incrementi dei flussi commerciali superiori al 10% rispetto ai primi 5 mesi dello scorso anno. Oltre alla Cina, i paesi con le migliori performance sono la Francia (+35%), gli Usa, i cui consumi sono in piena espansione (+31,9%), e la Corea (+27,8%).
I dati riflettono anche il cambiamento della clientela registrato negli ultimi anni. Se fino a dieci anni fa il mercato del lusso era appannaggio di clienti maturi in Europa e in Occidente, oggi la Cina si appresta a rappresentare la metà di questo mercato, con clienti prevalentemente Millennials e GenZ più propensi alle modalità di acquisto digitali e via mobile favorite dalla pandemia. Proprio la Cina, che ospiterà a Pechino i XXIV Giochi Olimpici Invernali dal 4 al 20 febbraio 2022, sarà un’importante arena di visibilità e di opportunità per le aziende di sportswear e abbigliamento outdoor.
La pandemia ha accelerato i processi di digitalizzazione per le aziende: comportando, secondo il monitor for circular fashion 2021 di Sda Bocconi e PwC, la necessità da parte delle pmi della moda italiana di porre maggiore attenzione a nuovi modelli di distribuzione e a strategie di digital marketing vincenti, oltre che alla cura e all’artigianalità dei propri prodotti. Secondo i dati Eurostat nel 2021 il 31% dei consumatori fra i 16 e i 74 anni in Italia ha acquistato prodotti online, contro una media europea del 56%. Nonostante il gap, il boom degli acquisti online rende necessario per le aziende lo sviluppo di una digital customer experience efficace, con il potenziamento e l’integrazione dei canali digitali e interventi mirati ad automatizzare i processi di vendita online.
Il fenomeno dello Smart working: destinato a protrarsi anche dopo la fine della crisi sanitaria, e l’evoluzione degli stili di vita lasciati in eredità dalla pandemia saranno fattori determinanti per lo sviluppo di nuove collezioni delle aziende del comparto moda. L’abbigliamento formale, sempre più in difficoltà nelle sue forme tradizionali, si sta reinventando favorendo più comfort e facilità d’uso e introducendo stili e materiali per rispondere alle nuove esigenze dei consumatori che lavorano da casa. È invece in costante crescita il segmento di vestiti Sport&Fitness e outdoor: secondo le ricerche PwC, il 27% dei consumatori in smartworking si aspetta di fare nuovi acquisti per attrezzature e indumenti sportivi in futuro. Per i consumatori la sostenibilità è un fattore chiave nelle decisioni d’acquisto. La Global consumer insight pulse survey PwC stima che Il 55% dei consumatori conferma di acquistare da aziende che tutelano il pianeta, mentre il 54% preferisce prodotti con imballaggi eco-friendly. I consumatori sono disposti a pagare di più per prodotti più salutari, locali e imballaggi sostenibili, a prescindere che l’acquisto avvenga online o in negozio.
Secondo Erika Andreetta, consumer markets consulting leader, PwC Italia: “La sostenibilità non è un trend di breve periodo: a partire dal 1° gennaio 2022 la raccolta differenziata dei rifiuti tessili diventerà obbligatoria in Italia e fenomeni come il second-hand e il resale, ma anche l’introduzione di modalità di smaltimento e riciclo dei tessuti sempre più efficaci, saranno al centro dei modelli operativi e di business della moda italiana”.“I brand del mondo fashion -conclude Andreetta- dovranno farsi trovare preparati di fronte ai nuovi paradigmi e ai comportamenti d’acquisto dei consumatori: ragionare non più in base al numero di capi venduti, ma al numero di volte che sono utilizzati per estenderne il ciclo di vita e facilitarne lo smaltimento”.
Secondo Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison: “Le 4A del Made in Italy, di cui l’Abbigliamento-moda italiano è un caposaldo, sono un motore dell’economia italiana. Il comparto ha accusato la dura crisi dettata dalla pandemia Covid-19, che ha coinvolto tutti i settori produttivi, ma il tessuto imprenditoriale ha resistito tenacemente e ha dimostrato buone capacità di ripresa. Nonostante le criticità, il contributo del settore al PIL italiano, all’occupazione manifatturiera e al surplus commerciale è strutturalmente solido e vitale per consolidare la ripresa, anche tramite le attività produttive dell’indotto”.