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Meglio le azioni dei bond

Gli investitori dovrebbero cercare di sfruttare il potenziale dei premi al rischio offerti dai mercati, mantenendo la massima flessibilità: serve capacità di selezione dei titoli

di Edoardo Fagnani 11 giu 2013 ore 12:12

A cura di Andreas Utermann, Global CIO e Co-Head di Allianz Global Investors

Dopo essere rimasti sostanzialmente stabili per decenni, a partire dal 2007 i bilanci delle Banche Centrali dell’Ocse sono esplosi, con un'espansione del 500% circa per la Bank of England e del 380% per la Federal Reserve. Segue a breve distanza la Banca Centrale Europea, un tempo assai più conservatrice, che ha ampliato il proprio bilancio del 250%. Malgrado le critiche avanzate da chi afferma che tale espansione è sterilizzabile e non si è ancora tradotta in una crescita degli aggregati monetari a causa del crollo della velocità, questo processo probabilmente relega al passato il money targeting.

L’indipendenza delle Banche Centrali, un tempo così importante, sta subendo una lieve ma percettibile erosione, in quanto i governi vedono restringersi sempre più il loro spazio di manovra fiscale. La vecchia distinzione tra organi di politica monetaria e fiscale inizia a diventare più labile, un cambiamento osservabile non solo nel finanziamento esplicito del debito pubblico, ma anche nella maggiore apertura verso la decisione delle Banche Centrali di veleggiare controvento.
Al contempo si aggiustano al rialzo i target massimi di inflazione e si definiscono livelli minimi. Anche nei paesi dove è ancora previsto un tetto, come nel Regno Unito, nessuno sembra allarmarsi troppo se l’obiettivo viene regolarmente infranto. Il Giappone, invece, ha stabilito target minimi di inflazione per riuscire finalmente a uscire da un’economia stagnante. Di conseguenza, per un eccesso di cautela i Banchieri Centrali si trovano ora dietro la curva, invece che davanti.

In tale contesto, gli investitori dovrebbero cercare di sfruttare appieno il potenziale dei premi al rischio offerti dai mercati, mantenendo la massima flessibilità. Un approccio di asset allocation flessibile, che sfrutti le opportunità di beta delle diverse asset class unitamente alla capacità di selezione dei titoli, risulta più importante che mai.

Con l’aumento delle aspettative di inflazione, gli attuali rendimenti dei titoli governativi, artificialmente bassi, sono destinati a perdere ulteriormente attrattiva agli occhi degli investitori. Questo non può che far emergere lo spettro di una severa correzione del mercato obbligazionario e incoraggiare gli investitori a guardare altrove in cerca di rendimenti reali positivi. In un contesto economico di questo tipo, caratterizzato da tassi di inflazione bassi ma in aumento, storicamente le azioni hanno sempre sovraperformato le obbligazioni. Nell’ambito del mercato obbligazionario, i prodotti a spread quali titoli high yield e obbligazioni dei mercati emergenti non solo offrono rendimenti superiori, ma forniscono anche un margine di protezione contro il rischio rispetto al debito sovrano, in uno scenario di aumento nei tassi di interesse.


Nonostante il rally dei mercati azionari, che negli ultimi mesi ha fatto segnare nuovi massimi storici, le azioni presentano valutazioni ragionevoli. Gli investitori a lungo termine dovrebbero sovrappesare le azioni rispetto alle obbligazioni. Ma la prospettiva che le aspettative di inflazione si mettano al passo con la realtà inciderà anche sui salari e, di conseguenza, sulle valutazioni azionarie. Possiamo aspettarci che la tendenza al ribasso del rapporto tra costo del lavoro e produttività aziendale netta subisca una decisa inversione negli anni a venire, in quanto la dinamica salariale reagisce ad aspettative di inflazione più elevate. Questo fattore potrebbe diventare sempre più rilevante per la valutazione delle imprese ad alta intensità di lavoro.

Le politiche aggressive di Quantitative Easing adottate in quasi tutti i paesi dell’Ocse hanno determinato una correzione al ribasso dei tassi di cambio reali molto più rapida rispetto alle economie emergenti. In questa prospettiva, non dovremmo considerare le misure adottate dal Giappone alla stregua di una guerra valutaria, ma piuttosto come un tardivo riallineamento con altre economie sviluppate per bloccare e, in definitiva, invertire il trend di continuo apprezzamento dello yen. Questo processo fa parte di un importante ribilanciamento dell’economia globale e potrebbe sostenere il costante apprezzamento delle valute dei mercati emergenti, in particolare il Renminbi, nel prossimo decennio.

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