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ISTAT, 5,8 milioni gli italiani impiegabili

Nel 2018 la forza lavoro non utilizzata e potenzialmente impiegabile nel sistema produttivo ammonta a 5,8 milioni di individui (2,8 milioni di disoccupati e 3 milioni di forze lavoro potenziali)

di Redazione Soldionline 20 giu 2019 ore 14:30

A cura di Labitalia/Adnkronos

 

istat-logo"Nel 2018 la forza lavoro non utilizzata e potenzialmente impiegabile nel sistema produttivo ammonta a 5,8 milioni di individui (2,8 milioni di disoccupati e 3 milioni di forze lavoro potenziali); tale aggregato, che nel 2008 era pari a circa 4 milioni e mezzo, dopo aver raggiunto il picco di 6,7 milioni nel 2014, si è ridotto progressivamente a partire dal 2015". E' quanto si legge nel rapporto annuale dell'ISTAT.

 

Nel 2018 meno della metà degli occupati nel Mezzogiorno può contare su un lavoro stabile e a tempo pieno (48,8%, in calo di 5,5 punti percentuali), contro il 54% del Centro-Nord (-2,6 punti percentuali). Benché in diminuzione, resta inoltre molto più elevato nel Mezzogiorno il tasso di lavoro irregolare. La ripresa nel Centro-Nord, rileva l'Istat, è stata trainata dalle professioni qualificate, tornate ai livelli pre-crisi (+71 mila). Nel Mezzogiorno l’andamento positivo degli ultimi anni ha riguardato in particolare le professioni non qualificate e quelle esecutive nel commercio e nei servizi mentre quello delle professioni qualificate è l’unico gruppo ad avere ancora un saldo negativo tra il 2013 e il 2018.

 

La dinamica degli ultimi dieci anni si riflette in un aumento dei divari territoriali del tasso di occupazione. Nel 2018 gli occupati tra 15 e 64 anni sono il 44,5% nel Mezzogiorno (-1,5 punti rispetto al 2008) e il 66,1% nel Centro-Nord (0,5 punti in più), con un gap che sale da 19,6 a 21,6 punti percentuali. In altri termini, per raggiungere il tasso di occupazione del Centro-Nord il Mezzogiorno dovrebbe avere 2,9 milioni di occupati in più.

 

Nel decennio si sono ulteriormente ampliati i divari territoriali. Nel 2018 il recupero dell’occupazione al Centro-Nord, iniziato nel 2013, ha portato al superamento del numero di occupati rispetto al 2008 (384 mila, +2,3%) mentre nel Mezzogiorno il saldo è ancora ampiamente negativo (-260 mila; -4,0%), spiega il rapporto annuale dell'Istat. Oltre al più forte aumento del lavoro a termine, la differenza nei livelli di crescita tra le aree del Paese è dovuta alla dinamica del lavoro permanente. Complessivamente, nel Centro-Nord vi sono 195 mila dipendenti a tempo indeterminato in più rispetto al 2008 (+1,8%) mentre nel Mezzogiorno ve ne sono 273 mila in meno (-7,0%). Anche il calo del lavoro a tempo pieno è stato più forte nel Mezzogiorno.

 

Nel corso dell’ultimo decennio la popolazione con cittadinanza straniera è cresciuta di circa un milione e mezzo nel nostro Paese, incrementando tutti gli aggregati del mercato del lavoro. Tuttavia, rispetto al periodo pre-crisi, l’aumento della popolazione straniera residente si è riflesso sempre meno in un incremento degli occupati, con la conseguente diminuzione del tasso di occupazione 15-64 anni (-5,8 a fronte di +0,2 punti percentuali per gli italiani). Sebbene il tasso di occupazione degli stranieri rimanga superiore a quello degli italiani il gap si è ridotto da 8,9 punti del 2008 a 2,9 punti del 2018. 

 

L’analisi condotta sui dati della Rilevazione sulle forze lavoro mette in luce alcune delle caratteristiche strutturali che contraddistinguono la presenza straniera nel mercato del lavoro. In particolare, l’andamento dell’occupazione straniera dal punto di vista settoriale e professionale segnala l’accentuazione delle condizioni duali del mercato del lavoro italiano, con la manodopera straniera sempre più concentrata in taluni settori produttivi (in particolare nel settore dei servizi alle famiglie sono stranieri oltre due terzi degli occupati) e negli impieghi a bassa specializzazione, con minori tutele e retribuzioni più basse. Le differenze professionali appaiono ancora più evidenti nel caso delle donne straniere, la cui partecipazione al mercato del lavoro rimane caratterizzata da un’ampia eterogeneità in relazione alla comunità di appartenenza.

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