Il tasso di disoccupazione è un dato fuorviante per spiegarne l’andamento
Il recente dato sulla disoccupazione americana di settembre rivela che è stato raggiunto il picco massimo degli ultimi 25 anni, ed è pari al 9,8%.
di Redazione Soldionline 19 ott 2009 ore 10:21
Articolo a cura di JCAssociati.it
Questo risultato è in realtà poco interessante per gli investitori, soprattutto dalla fase più acuta di una crisi economica.
Tra il livello di disoccupazione e il mercato azionario esiste una relazione inversa (ad un miglioramento delle performance azionarie corrisponde una riduzione del livello di disoccupazione), più precisamente, il primo è in grado di cogliere solo con alcuni mesi di ritardo un’eventuale ripresa economica anticipata da un rapido e violento rialzo dei valori borsistici.
Infatti, attraverso un confronto tra l’andamento storico dell’indice S&P 500 e del tasso di disoccupazione dal 1948 ad oggi, è possibile dedurre come quest’ultimo non sia un indicatore adatto a formulare previsioni sul corso futuro dei mercati azionari.
La nostra analisi considera le quattro principali crisi economico-finanziarie che hanno colpito l’economia degli Stati Uniti negli ultimi 35 anni. Durante la prima crisi petrolifera (1973) si è osservato che il mercato azionario ha registrato il minimo valore nel luglio del 1974 (63,54). Il tasso di crescita della disoccupazione non sì è arrestato, raggiungendo il picco massimo nel maggio del 1975 (9%), sebbene fosse evidente nel periodo intercorso tra le due date una netta ripresa delle performance azionarie (+43%). L’anno successivo, maggio 1976, si è registrato un definitivo aumento dei rendimenti azionari su base annua, pari al 10%, a cui è finalmente corrisposto un decremento del tasso di disoccupazione (7,4%).
Una situazione analoga in occasione della crisi del 1982, quando l’indice azionario ha raggiunto il valore minimo nel mese di luglio (107,09). Dopodiché ha fatto seguito una fase di rialzo (25%) che, ancora una volta, non è stata colta dall’indicatore di disoccupazione, il quale ha registrato il massimo storico (10,8%) nel novembre del 1982. Nell’arco dell’anno successivo (fino al novembre 1983) le performance del mercato azionario sono aumentate circa il 20% e parallelamente la disoccupazione è scesa all’8,3%.
Tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003 si è manifestato il terzo importante crollo della borsa americana, in seguito alla destabilizzazione provocata dagli attentati dell’11 settembre 2001 e alla crisi di internet scoppiata nel 2000. Ancora una volta il picco massimo della disoccupazione si è manifestato in ritardo di diversi mesi rispetto al minimo valore riportato dall’indice azionario. Lo S&P 500 ha rilevato il peggiore risultato nel febbraio 2003 (841,15) mentre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il suo massimo livello solo nei quattro mesi successivi, pari al 6,3% (giugno 2003). Il valore dell’indice azionario, nel periodo tra il minimo dell’indice e il picco del tasso di disoccupazione è salito del 18% circa. Analogamente la performance dei 12 mesi successivi (giugno 2003-giugno 2004)l’S&P500 presenta un incremento del 17% a cui è corrisposta nuovamente una riduzione della disoccupazione pari al 5,6%.
La recessione in corso, sulla scia della crisi dei subprime, ha prodotto il quarto crollo dell’indice di Borsa degli ultimi 35 anni.
Il peggiore risultato dal 2007 è stato registrato il 9 marzo del 2009 (666). Trascorsi due trimestri, si è evidenziato un netto recupero della performance azionaria (45%). Tuttavia, come è stato precedentemente asserito, la disoccupazione continua la sua corsa verso i massimi livelli. Nonostante ciò è ragionevole ritenere che il tasso di disoccupazione non debba in alcun modo influenzare l’andamento del mercato, soprattutto se le misure a sostegno dell’economia vengono ritenute appropriate ed efficaci dal mercato.
Gli indici azionari anticipano di diversi mesi sia un peggioramento che un miglioramento dell’economia reale mentre la disoccupazione è tipicamente un dato “lagging”, ovvero si manifesta in ritardo rispetto alla inversione del trend precedentemente osservata negli indici azionari.
In conclusione, quando il mercato anticipa una crisi l’indice azionario comincia a scendere. Non è detto che ad ogni discesa corrisponda un severo peggioramento economico, ma talvolta i due indicatori coincidono. Solo dopo diversi mesi la disoccupazione comincia a peggiorare. Nel momento in cui anche quest’ultima comincia a migliorare, gli indici azionari sono già saliti.
La performance dei 12 mesi successivi sarà tendenzialmente positiva, ma in molti casi la parte importante della performance si realizza prima del picco del tasso di disoccupazione.
Come dimostrato attraverso gli esempi relativi alle crisi degli ultimi 35 anni e l’andamento congiunto dell’S&P500 e del tasso di disoccupazione, quest’ultimo potrebbe essere fuorviante nel cercare di prevedere l’andamento degli indici azionari nella fase acuta di una crisi o di un boom economico.

· fornire analisi e commenti indipendenti sui mercati finanziari, attraverso Report periodici e interpretazioni in tempo reale dei principali avvenimenti economici;
· segnalare corrette strategie di investimento attraverso "Portafogli Consigliati" aggiornati in tempo reale. Per corrette strategie di investimento si intende un insieme di scelte che consentano un'adeguata distribuzione dei rischi e diano la possibilità di ottenere rendimenti superiori alla media del mercato;
· contribuire ad una maggiore consapevolezza degli investitori sulle opportunità, i rischi, gli errori e i casi di disinformazione più frequenti del mondo del risparmio;
· aggiornare gli abbonati sui principali temi normativi, legali e fiscali legati al mondo del risparmio.
Il servizio JC Investimenti non promette rendimenti favolosi ma mette in condizione gli iscritti di effettuare le scelte di investimento con maggiore cognizione di causa, evitando situazioni che potrebbero mettere a rischio la consistenza
Questo risultato è in realtà poco interessante per gli investitori, soprattutto dalla fase più acuta di una crisi economica.
Tra il livello di disoccupazione e il mercato azionario esiste una relazione inversa (ad un miglioramento delle performance azionarie corrisponde una riduzione del livello di disoccupazione), più precisamente, il primo è in grado di cogliere solo con alcuni mesi di ritardo un’eventuale ripresa economica anticipata da un rapido e violento rialzo dei valori borsistici.
Infatti, attraverso un confronto tra l’andamento storico dell’indice S&P 500 e del tasso di disoccupazione dal 1948 ad oggi, è possibile dedurre come quest’ultimo non sia un indicatore adatto a formulare previsioni sul corso futuro dei mercati azionari.
La nostra analisi considera le quattro principali crisi economico-finanziarie che hanno colpito l’economia degli Stati Uniti negli ultimi 35 anni. Durante la prima crisi petrolifera (1973) si è osservato che il mercato azionario ha registrato il minimo valore nel luglio del 1974 (63,54). Il tasso di crescita della disoccupazione non sì è arrestato, raggiungendo il picco massimo nel maggio del 1975 (9%), sebbene fosse evidente nel periodo intercorso tra le due date una netta ripresa delle performance azionarie (+43%). L’anno successivo, maggio 1976, si è registrato un definitivo aumento dei rendimenti azionari su base annua, pari al 10%, a cui è finalmente corrisposto un decremento del tasso di disoccupazione (7,4%).
Una situazione analoga in occasione della crisi del 1982, quando l’indice azionario ha raggiunto il valore minimo nel mese di luglio (107,09). Dopodiché ha fatto seguito una fase di rialzo (25%) che, ancora una volta, non è stata colta dall’indicatore di disoccupazione, il quale ha registrato il massimo storico (10,8%) nel novembre del 1982. Nell’arco dell’anno successivo (fino al novembre 1983) le performance del mercato azionario sono aumentate circa il 20% e parallelamente la disoccupazione è scesa all’8,3%.
Tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003 si è manifestato il terzo importante crollo della borsa americana, in seguito alla destabilizzazione provocata dagli attentati dell’11 settembre 2001 e alla crisi di internet scoppiata nel 2000. Ancora una volta il picco massimo della disoccupazione si è manifestato in ritardo di diversi mesi rispetto al minimo valore riportato dall’indice azionario. Lo S&P 500 ha rilevato il peggiore risultato nel febbraio 2003 (841,15) mentre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il suo massimo livello solo nei quattro mesi successivi, pari al 6,3% (giugno 2003). Il valore dell’indice azionario, nel periodo tra il minimo dell’indice e il picco del tasso di disoccupazione è salito del 18% circa. Analogamente la performance dei 12 mesi successivi (giugno 2003-giugno 2004)l’S&P500 presenta un incremento del 17% a cui è corrisposta nuovamente una riduzione della disoccupazione pari al 5,6%.
La recessione in corso, sulla scia della crisi dei subprime, ha prodotto il quarto crollo dell’indice di Borsa degli ultimi 35 anni.
Il peggiore risultato dal 2007 è stato registrato il 9 marzo del 2009 (666). Trascorsi due trimestri, si è evidenziato un netto recupero della performance azionaria (45%). Tuttavia, come è stato precedentemente asserito, la disoccupazione continua la sua corsa verso i massimi livelli. Nonostante ciò è ragionevole ritenere che il tasso di disoccupazione non debba in alcun modo influenzare l’andamento del mercato, soprattutto se le misure a sostegno dell’economia vengono ritenute appropriate ed efficaci dal mercato.
Gli indici azionari anticipano di diversi mesi sia un peggioramento che un miglioramento dell’economia reale mentre la disoccupazione è tipicamente un dato “lagging”, ovvero si manifesta in ritardo rispetto alla inversione del trend precedentemente osservata negli indici azionari.
In conclusione, quando il mercato anticipa una crisi l’indice azionario comincia a scendere. Non è detto che ad ogni discesa corrisponda un severo peggioramento economico, ma talvolta i due indicatori coincidono. Solo dopo diversi mesi la disoccupazione comincia a peggiorare. Nel momento in cui anche quest’ultima comincia a migliorare, gli indici azionari sono già saliti.
La performance dei 12 mesi successivi sarà tendenzialmente positiva, ma in molti casi la parte importante della performance si realizza prima del picco del tasso di disoccupazione.
Come dimostrato attraverso gli esempi relativi alle crisi degli ultimi 35 anni e l’andamento congiunto dell’S&P500 e del tasso di disoccupazione, quest’ultimo potrebbe essere fuorviante nel cercare di prevedere l’andamento degli indici azionari nella fase acuta di una crisi o di un boom economico.

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