Europa e Giappone, le aree preferite da Pictet
Una serie di fattori fa sì che le aziende europee e giapponesi siano meglio posizionate per beneficiare di una ripresa dei profitti
di Redazione Soldionline 13 giu 2016 ore 10:25Estratto a cura di Pictet Asset Management
I mercati azionari hanno chiuso lo scorso mese su livelli sostanzialmente invariati in valuta locale poiché i segnali di ripresa dell’economia USA sono stati compensati dal rallentamento della crescita in Cina. Il biglietto verde è salito di più del 2% rispetto alle valute principali alla luce delle crescenti attese di un inasprimento dei tassi da parte della Fed previsto per giugno/luglio. I mercati dei future hanno chiuso il mese scontando un 50% di probabilità di un rialzo dei tassi a luglio.
I prezzi del greggio sono aumentati di circa il 5%, toccando velocemente i 50 dollari a barile per la prima volta nel 2016 e portando così i guadagni di quest’anno a più del 20%, a fronte dei timori di interruzioni della fornitura in Canada e Nigeria.
La prospettiva di un inasprimento della politica monetaria statunitense e l’aumento del dollaro hanno penalizzato le piazze azionarie emergenti, che hanno ceduto il 5 per cento circa in dollari.
Nei Paesi industrializzati, i titoli giapponesi sono scesi, dato il fallimento degli stimoli monetari della Bank of Japan. Tuttavia l’ondata di vendite è stata frenata da varie società giapponesi che hanno aumentato il riacquisto di azioni per proteggere le riserve liquide dall’effetto dei tassi di interesse negativi.
A maggio i contributi peggiori sono giunti dai titoli di energia e materiali, sulla scia di continue preoccupazioni circa l’effetto di un crollo degli investimenti tecnici dopo il recente calo dei prezzi del petrolio. Il settore della tecnologia ha guadagnato più del 3%, portando la performance 2016 in territorio positivo. Anche i titoli finanziari statunitensi hanno conseguito solidi guadagni poiché gli investitori hanno scommesso sull’aumento della redditività delle banche grazie a costi di finanziamento più elevati.
Sul fronte valutario, le divise dei mercati emergenti hanno subito una flessione rispetto al dollaro. Le più colpite sono state quelle dei Paesi che dipendono dai capitali esteri; il rand sudafricano e la lira turca sono tra le principali vittime del sell-off. Al contempo il valore dello yuan cinese è stato fissato ai minimi da cinque anni, evidenziando un prezzo di mercato più debole rispetto al rally del dollaro.
I titoli di Stato hanno chiuso perlopiù in calo dopo il rally di inizio mese che ha portato al minimo dell'1,08% i rendimenti obbligazionari, misurati da JP Morgan. Negli Stati Uniti, i rendimenti sui Treasury a breve (più sensibili ai cambiamenti delle attese sui tassi di interesse) hanno raggiunto i massimi delle ultime 10 settimane.
Per quanto riguarda l’allocazione azionaria regionale abbiamo ridotto a neutrale l’esposizione ai mercati emergenti per via dei timori circa la breve durata della recente ripresa dell’economia cinese.
I nostri indicatori anticipatori mostrano una decelerazione dell’economia in Cina, un dato decisamente allarmante se si pensa che il rallentamento si verifica in un momento in cui le autorità stanno drenando parte della liquidità offerta nei mesi scorsi. In aprile i tassi di crescita annui di vendite al dettaglio e produzione industriale hanno subito una netta flessione, passando rispettivamente dal 9,7% al 9,3% e dal 6,8% al 6%. Anche gli investimenti nel settore manifatturiero sono diminuiti e attualmente crescono a un ritmo del 6% annuo.
Ci sono anche altre ragioni per cui investire nell'azionario emergente non è più così vantaggioso. L’attrattiva dell’asset class era dovuta alla debolezza del dollaro USA, che sostiene le commodity e contribuisce a ridurre i costi di servizio del debito per le società, nonché alle valutazioni allettanti.
Nonostante le piazze emergenti appaiano ancora convenienti rispetto ad altri mercati azionari – in base al rapporto prezzo/utili i titoli presentano uno sconto del 25% rispetto all’indice MSCI World – le speculazioni circa un inasprimento dei tassi da parte della Fed già il mese prossimo hanno causato un apprezzamento del dollaro. Al contempo, i recenti cambiamenti nel posizionamento degli investitori suggeriscono che le possibilità di ulteriori guadagni sulle piazze emergenti sono limitate. Il rally dell’ultimo periodo è stato accompagnato da un’impennata delle sottoscrizioni da parte di investitori esteri: solo il mese scorso si sono registrati flussi in entrata per USD 26 miliardi. È improbabile che in estate l’afflusso di capitali si mantenga su questi livelli.
Tra le aree avanzate, Europa e Giappone si confermano i nostri mercati azionari preferiti dato che in entrambe le regioni la politica monetaria ultraaccomodante dovrebbe sostenere la congiuntura e gli utili aziendali. In base ai nostri indicatori, nel prossimo futuro in Europa la crescita potrebbe rallentare; tuttavia, i dati si sono mantenuti nel complesso incoraggianti. Il Citigroup Economic Surprise Index per l’Europa, che misura di quanto i dati abbiano superato le aspettative di consensus, è tornato in territorio positivo per la prima volta da gennaio. Per contro, negli Stati Uniti tale parametro si trova ai minimi da fine febbraio.
Nonostante una crescita degli utili modesta a livello globale, una serie di fattori fa sì che le aziende europee e giapponesi siano meglio posizionate per beneficiare di una ripresa dei profitti. In queste due regioni le pressioni sui margini sono meno accentuate che negli USA, dove i margini sono a livelli record. Ormai da diversi anni gli utili delle società dell’Area Euro sono inferiori a quelli delle controparti statunitensi, per cui è altamente probabile che le aziende della regione riescano a recuperare terreno. Dal 2008, Infatti, le società europee hanno conseguito utili del 60% inferiori a quelli delle aziende USA in valuta locale.
In Giappone, la riforma delle società sta dando buoni frutti: 282 società quotate sulla borsa di Tokyo hanno annunciato piani per il riacquisto di azioni da 36 miliardi di dollari totali. A nostro parere tale trend dovrebbe continuare, a vantaggio degli azionisti. Nelle ultime settimane le piazze giapponesi ed europee hanno sottoperformato quelle statunitensi e attualmente presentano valutazioni molto scontate.
A livello settoriale, continuiamo a preferire i titoli ciclici e convenienti come quelli delle società attive nel campo dei beni voluttuari e della tecnologia, che dovrebbero beneficiare di un aumento della spesa al consumo. Anche le società del settore delle telecomunicazioni si distinguono per valutazioni molto interessanti. Il settore, inoltre, trarrà probabilmente vantaggio dal consolidamento e dall’attenuazione delle pressioni normative.
I beni di prima necessità, per contro, presentano valutazioni onerose e le società esposte ai mercati emergenti potrebbero essere penalizzate dal rallentamento congiunturale nella regione. Anche le utility sono poco interessanti; oltre a essere soggetti a una maggiore regolamentazione, infatti, questi titoli difensivi, con caratteristiche simili alle obbligazioni, tendono a risentire in maniera eccessiva dell’aumento dei tassi di interesse.