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Comprare debolezza (non in Europa)

Il persistere di focolai d’instabilità geopolitica insieme a qualche estemporaneo timore che la Federal Reserve si veda costretta ad accelerare i tempi di normalizzazione dei tassi, hanno contribuito a generare una mini tempesta perfetta sui mercati azionari

di Redazione Soldionline 7 ago 2014 ore 10:32
A cura di Alessandro Balsotti, Senior Portfolio Manager di JCI Capital

Il persistere di focolai d’instabilità geopolitica – Ucraina, Gaza, Iraq - e finanziaria – Argentina e Banco Espirito Santo - insieme a qualche estemporaneo timore che la Federal Reserve si veda costretta ad accelerare i tempi di normalizzazione dei tassi, hanno contribuito a generare una mini tempesta perfetta sui mercati azionari. Tutte le motivazioni indicate possono essere considerate più o meno logiche. In ogni caso hanno fornito una valida scusa, prima delle settimane ferragostane, per una presa di profitto su un mercato americano che faticava a raggiungere nuovi massimi e per una continuazione della riduzione del sovrappeso, accumulato per mesi dagli investitori globali sulla borsa europea.
Dopo aver suggerito cautela per qualche settimana, la violenta correzione attuale ci sembra rimuovere il motivo principale di tale cautela: la scarsa volatilità aveva convinto molti che nulla potesse veramente far male a questo mercato. Come sempre la paura può essere salutare nel ridurre l’iper-esposizione delle mani fragili e rendere migliore il profilo di rischio di acquisti su debolezza.
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keep-calmLo scenario di fondo rimane costruttivo con una crescita americana che si conferma solida, dopo aver lasciato alle spalle l’orribile Q1, al cospetto di una banca centrale rassicurata nel suo approccio attendista dalle ultime evidenze economiche. Proprio il dato economico sull’occupazione va in questa direzione. Le colombe della Fed, capitanate da Janet Yellen, saranno rinfrancate nel constatare che una buona creazione di posti di lavoro non si accompagna a un surriscaldamento dell’inflazione salariale e neanche a un ulteriore riduzione del tasso di disoccupazione. Dopo venerdì, la loro teoria che continuare a spingere sull’acceleratore di una politica monetaria espansiva possa riportare nel perimetro della potenziale forza lavoro gli ‘scoraggiati’ che avevano smesso di cercare, è marginalmente meno attaccabile. Ci vorranno mesi e mesi prima di capire se hanno ragione ma intanto la curva dei tassi americani si può rilassare un po’, indebolendo quella che rischiava di diventare un’impetuosa forza contraria ai corsi azionari.
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In Europa il discorso è un po’ diverso. Qui eventi geopolitici e dati economici stanno congiurando nel rafforzare il dubbio che il continente si stia, ovviamente in modi e tempi suoi propri, ‘giapponesizzando’. L’effetto annuncio dell’ECB sta lentamente svanendo, anche perché in scenari deflattivi è del tutto incerta la vera efficacia della politica monetaria, specie se timida. In questo contesto è comprensibile l’incrollabile forza del reddito fisso e i maggiori patemi dei mercati azionari. Preferiamo quindi Stati Uniti ed emergenti, almeno per qualche settimana ancora.
Dati macro, più Europa che Stati Uniti. US: indice ISM servizi e ordinativi di fabbrica (martedì), bilancia commerciale (mercoledì). EuroZona: indici PMI servizi e vendite al dettaglio (martedì), prima lettura per la crescita
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