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Meglio le small o le big cap?

Il 2014 dovrebbe confermarsi l’anno dei mercati azionari e sarà importante comprendere su quale segmento di capitalizzazione convenga puntare. Cosa ne pensa Schroders Italia

di Mauro Introzzi 4 feb 2014 ore 14:54
In borsa, ci sia concessa la considerazione ardita, le dimensioni contano. Nelle proprie scelte di investimento bisogna quindi sempre capire se sia meglio puntare sulle società a grande o su quelle a piccola capitalizzazione.
Ma nei prossimi mesi quale sarà la tipologia di capitalizzazione più favorita? A questa domanda ha provato a rispondere Donatella Principe, Responsabile Institutional Business di Schroders Italia.

logo-schroedersSecondo l’analista il 2014 dovrebbe confermarsi l’anno dei mercati azionari e sarà importante comprendere su quale segmento di capitalizzazione convenga puntare. Per la Responsabile Institutional Business di Schroders Italia il focus dovrebbe spostarsi dalle società a piccola e media capitalizzazione alle large cap. Principe evidenzia come, dall’ottobre 2011, sia al di là che al di qua dell’oceano le società a minor capitalizzazione abbiano fatto nettamente meglio rispetto alle Large Cap, con un extra rendimento di circa il 20%.

La tendenza - chiaramente spiegabile - potrebbe essere arrivata al termine:
questo risultato è in linea con l’andamento storico delle piccole-medie capitalizzazioni, che tendono a registrare i rendimenti migliori nelle prime fasi di ripresa del ciclo economico. Questa fase, certamente in America e in parte anche in Europa, si è esaurita nel corso del 2013 e resta solo limitatamente un elemento di supporto per il 2014. Per le piccole e medie capitalizzazioni americane, in particolare, ci sarebbe un problema di sopravvalutazione non solo in assoluto (e rispetto alla propria storia), ma anche relativo (rispetto alle Large Cap americane).
Principe evidenzia poi un altro fattore a favore delle big cap:
inoltre, se si ritiene che i paesi sviluppati (e quindi anche l’Europa) continueranno nel 2014 la loro fase di ripresa, allora le industrie cicliche globali dovranno guidare la performance dei mercati finanziari. Una situazione questa che dovrebbe favorire le società di grande capitalizzazione americane, che producono il 40% dei loro utili al di fuori degli Stati Uniti.
L’esperta di casa Schroders parla poi dell’azionato del Vecchio Continente, evidenziando che:
In Europa va tenuto in considerazione che, sebbene il ciclo economico sia indietro nella sua ripresa rispetto a quello Usa, le società a piccola e media capitalizzazione europee non di meno hanno riportato rendimenti in linea con le controparti americane, più in grado di fare leva su una reale accelerazione del ciclo. Tutti i parametri di analisi del settore portano a ritenere che le valutazioni delle società a piccola capitalizzazione inizino a evidenziare chiari segnali di stress.
A favore delle large cap, anche in Europa, un'evdenza di bilancio:
Mantenere solido il giro d'affari impone che attività ad alto assorbimento di capitale (come per esempio le spese di marketing) giochino un ruolo crescente nel sostenere le vendite, con ricadute negative sui margini. Una sfida più facile da gestire per le società di grande che di piccola capitalizzazione.
Ed un'evidenza "ambientale":
Infine in Europa non va trascurato nel supporto alla crescita aziendale il ruolo giocato dal credito. Mentre in America le condizioni del credito sono nettamente migliorate, in Europa la lenta e debole ripresa della concessione di prestiti rischia di essere gelata sul nascere dai contraccolpi dell’Asset Quality Review della BCE.
Principe chiude così la sua analisi con un:
Le società di grandi capitalizzazione anche rispetto a questa sfida appaiono meglio equipaggiate.
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