UBI Banca, Massiah commenta i primi 9 mesi 2019 (video)
A margine della presentazione dei conti del primi 9 mesi del 2019 il consigliere delegato di UBI Banca, Victor Massiah, ha commentato i risultati dell'istituto
di Mauro Introzzi 8 nov 2019 ore 15:31A margine della presentazione dei conti del primi 9 mesi del 2019 il consigliere delegato di UBI Banca, Victor Massiah, ha commentato i risultati dell'istituto.
Di seguito il video dell'intervista - come di consueto a cura dello stesso istituto - e la trascrizione della stessa:
Dottor Massiah, quali sono gli elementi più rilevanti di questa trimestrale?
Io credo che questa trimestrale vada letta in un ambito integrato fra conto economico e stato patrimoniale. E permettetemi innanzitutto di fare un confronto complessivo: i primi nove mesi del 2019 contro i primi mesi del 2018. Noi abbiamo innanzitutto una importantissima riduzione dello stock di NPE di oltre due miliardi. In altri contesti questa riduzione di 2 miliardi avrebbe in qualche modo inciso in maniera negativa sul CET 1, questo non è avvenuto da noi. Anzi, il CET 1 è passato da 11,43% a 12,09% quindi con un’importante crescita nell’ambito dei dodici mesi. Com’è stato possibile? Attraverso una accurata miscela tra due componenti: anzitutto abbiamo confermato quella che è la nostra strategia principale, il recupero in casa nostra, attraverso le nostre risorse. Ricordo a tutti che noi non abbiamo ceduto la piattaforma di recupero, ma al contrario l’abbiamo tenuta in casa. Oltre la metà di questi 2,1 miliardi sono stati recuperati in casa nostra. On top, abbiamo fatto due cessioni opportunistiche, una che riguardava il Leasing, la più importante, circa 700 milioni di cui 500 già finalizzati in questi numeri, altri 200 da completare auspicabilmente entro la fine dell’anno, e una componente di Factor per altri circa 150 milioni. Questa miscela ha permesso di avere dei danni estremamente limitati al conto economico e soprattutto di permetterci di non mettere in alcun modo in pericolo la crescita del CET 1 che, ripeto, abbiamo portato da 11,43% a 12,09%. Pensiamo, per l’ultima parte dell’anno, di aggiungere un ulteriore acceleratore alla riduzione, auspichiamo di arrivare addirittura all’8% di non performing loans sul totale dei crediti, attraverso una cessione nell’ambito Real Estate, nell’ambito mutui, retail.
Ho parlato innanzitutto dello stato patrimoniale, vorrei parlare del conto economico. Le voci più importanti sono: il margine di interesse. Il margine interesse effettivamente in questo ultimo quarter decresce, ma decresce per componenti non legate direttamente alla componente commerciale che, anzi, conferma la strategia di difesa del pricing che ci ha permesso fino ad oggi di avere una performance nettamente migliore dei nostri concorrenti. L’effetto di decrescita è prevalentemente legato all’applicazione del principio contabile Ifrs9 relativamente alle cessioni di credito e questa componente spiega più del 50% di quello che sostanzialmente è la discesa del margine di interesse che peraltro a livello complessivo, cioè annuale, resta di gran lunga la migliore performance nell’ambito dei maggiori gruppi bancari italiani.
Non solo, in ambito commissionale noi abbiamo avuto una performance che, pur scontando la stagionalità del terzo quarter, che è un trimestre estivo, vede una crescita, anno su anno delle commissioni, importante. Sommando le due componenti, si vede che sostanzialmente la banca è riuscita a difendere i propri proventi operativi core in un contesto di tassi di interesse negativi che ovviamente gioca contro. Vorrei aggiungere che la continua, la regolare e positiva performance dei costi, che di nuovo in un ambito annuale vedono una discesa importante, e lo stesso costo del credito se in qualche modo normalizzato delle componenti eccezionali, una tantum, delle cessioni, continua ad avere una performance migliore di quello che era previsto nel piano industriale. Nell’insieme una performance della banca che sulla componente al netto del costo del credito vede addirittura una crescita di circa il 10% anno su anno e che, di nuovo, se normalizzata delle componenti cessioni, vede una crescita anche a livello di utile. Quindi questo ci lascia ottimisti per quanto riguarda il futuro della banca stessa, che riesce a coniugare solidità a capacità di redditività economica.
Uno dei temi legati all’industria bancaria di cui più si dibatte è la crisi di redditività, oltre alla riduzione dei costi affrontata dall’intero sistema bancario, quali prospettive di business possono consentire un recupero dal punto di vista dei ricavi?
Abbiamo visto che da noi si è fatto un sforzo notevole per compensare gli effetti negativi dei tassi negativi con la componente commissionale, che ormai ha quasi raggiunto la dimensione del margine d’interesse, stiamo parlando di poche unità di milioni per quarter di differenza. E’ ovvio che la componente però più importante di ritorno alla redditività sarà una riduzione del costo del credito, che è stato in fondo il fattore più rilevante di abbattimento del ritorno su capitale per quanto riguarda le banche italiane. Questa importante azione che abbiamo in corso di riduzione più accelerata di quanto avevamo promesso e previsto, credo sarà un elemento determinante per essere ottimisti sul futuro, perché sostanzialmente questa componente se aggiungiamo a quella che è la dimensione attuale dei non performing loans gross ratio, che è intorno al 9%, eravamo più vicini all’11% solo un anno fa, se la calcoliamo con una ulteriore cessione che abbiamo in corso di esecuzione, che siamo abbastanza ottimisti di poter realizzare a cavallo della fine dell’anno, ci porta sostanzialmente a poter ad oggi prospettare al mercato un livello di NPE gross ratio in zona 8% già alla fine del 2019. Se pensiamo che nel piano industriale al 2019 era previsto un circa 10%, abbiamo un’idea dell’importante vantaggio che abbiamo.
Alcuni considerano UBI una banca tradizionale, si riconosce in questa definizione?
Francamente non mi riconosco in questa definizione. Il motivo per cui non mi riconosco è che se noi andiamo a pensare a quale è stato il modo di comportarsi di UBI in questi anni, è stato normalmente abbastanza originale in confronto al macro trend. Ho toccato prima il tema dei non performing e abbiamo quasi tutte le maggiori banche italiane che hanno deciso di fare cessioni massive o addirittura in prevalenza di cedere la propria piattaforma di recupero crediti: noi non lo abbiamo fatto, abbiamo sostanzialmente, siamo stati i primi a muoversi sui Social Bond e tra i primissimi a muoversi sui Green Bond e questo di nuovo è un qualcosa che ha anticipato un trend, adesso dato per normale, di solidità, di green, di verde, di sostenibilità, che noi invece abbiamo visto prima. Ma soprattutto la filosofia di coniugare il conto economico allo stato patrimoniale e di non ricercare la performance nel solo conto economico, destabilizzando eventualmente lo stato patrimoniale, è un qualcosa che ci ha caratterizzato sin dall’inizio della crisi. Non a caso siamo tra le pochissime banche italiane che possono dire di aver pagato durante il periodo della crisi più dividendi di quanto hanno chiesto in termini di conto capitale, di aumenti di capitale ai propri azionisti. Quindi io credo che la nostra UBI vada riletta: è una banca che non ha paura di non schierarsi necessariamente col pensiero più di moda del momento, che è stata pioniera con i Social Bond, con i Green Bond ma soprattutto, fatemi dire, con la soluzione complessiva di UBI Comunità in cui altri adesso stanno andando a realizzare nelle proprie aziende, sulla parte di sostenibilità che in questo momento va tanto di moda e peraltro anche sulla parte su cui normalmente si tende a dare giudizio cioè su quella tecnologica, ha soluzioni di mobile banking e soluzioni di online banking tipo IWBank, che non hanno nulla da invidiare alle migliori performance, quindi io credo che questo sia in qualche modo per alcuni una pregiudiziale che è venuto il momento di smentire e in qualche modo prendendo coscienza dell’originalità che in realtà ha avuto questa banca in questo periodo.