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Silenzio, parla Marchionne!

Lunghissima intervista all’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, su La Repubblica. Il manager a tutto tondo sull'operazione Chrysler e sulle strategie future del gruppo

di Mauro Introzzi 10 gen 2014 ore 12:27

Lunghissima intervista all’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, su La Repubblica. Il manager, intervistato dal direttore Ezio Mauro, ha toccato numerosi punti: partendo dal successo dell’operazione Chrysler per finire a parlare delle strategie future del gruppo, passando per la prossima denominazione della società, la sua sede e la quotazione di un mercato estero. Vediamo insieme i punti salienti delle parole del manager italo-canadese.

L’OPERAZIONE CHRYSLER

L’intervista prende il via dall’operazione che ha caratterizzato l’inizio del 2014 del Lingotto, quella dell’acquisto da VEBA, il fondo sanitario del sindacato americano dei lavoratori dell’auto (il UAW), della quota di Chrysler che non era ancora nel possesso del Lingotto. Marchionne ricostruisce l’intera vicenda dall’inizio:

Avevamo un accordo tecnologico con Chrysler, un’intesa di minima, e mi sono accorto che non serviva a niente, perché non produceva risultati di qualche rilievo né per Fiat né per gli americani

Da quel “seme” Fiat ha trovato lo spunto per far germogliare, nel momento della crisi, un piano. Che non sarebbe però diventato realtà se Fiat non avesse avuto la possibilità di interfacciarsi direttamente con il presidente Usa e i suoi uomini:

La nostra fortuna è stata di poter trattare direttamente con il Tesoro, con la task force del Presidente, non con i creditori di Chrysler, come voleva la vecchia logica. Se no, oggi non saremmo qui

Le condizioni nefaste della crisi, che ha colpito il mondo bancario, in questo caso hanno lavorato a favore di Fiat:

Abbiamo sfruttato condizioni irripetibili. È vero che normalmente il sistema americano è capace a digerire la bancarotta e a assicurarti le condizioni finanziarie per ripartire, perché il Chapter 11 negli Usa ti lava la macchia del fallimento. Ma quando siamo arrivati noi il sistema digestivo delle banche si era bloccato, ed ecco che abbiamo potuto negoziare direttamente con il governo, cosa mai accaduta prima

Il negoziato non è stato però tanto facile, visto che all’inizio l’amministrazione Obama aveva chiesto a Fiat di metterci “la pelle”, cioè i soldi. Ma Marchionne si è rifiutato di farlo già dall’inizio. E ha potuto farlo, ancora, per le particolari condizioni in cui versava il mondo economico americano:

Tenga conto che stiamo parlando della tragedia del 2009, quando i manager uscivano per strada con gli scatoloni perché le aziende chiudevano, quando la quota di mercato di Chrysler era precipitata al 6 per cento, non so se mi spiego

Ezio Mauro chiede poi a Marchionne un commento sui detrattori dell’operazione americana e di chi sospetta che sia stata costruita “a danno dell’Italia, delle sue fabbriche e dei suoi operai”. Per il manager, però, è vero il contrario:

Questa operazione ha riparato Fiat e i suoi lavoratori dalla tempesta della crisi italiana ed europea, che non è affatto finita. Non solo: ha dato la possibilità di sopravvivere all'industria automobilistica italiana in un mercato dimezzato. Altrimenti non ce l'avremmo più. E invece potrà ripartire con basi, dimensioni e reti più forti

LE QUESTIONI PIU’ FINANZIARIE

Poi la difesa su un altro attacco portato in questo giorni, quello dell’agenzia di rating Moody’s, che ha minacciato la bocciatura per troppi debiti e poca liquidità dopo l’acquisto di Chrysler. Marchionne, su questo, si è detto assolutamente non preoccupato e consigliato di aspettare il piano di aprile con i nuovi modelli. Escluso anche l’aumento di capitale che:

Sarebbe una distruzione di valore

In questo caso meglio un convertendo, anche se non si espone sulle cifre.
Poi sul tema della quotazione:

Fiat è quotata a Milano. Poi, andremo dove ci sono i soldi. Mi spiego: dove c'è un accesso più facile ai capitali. Non c'è dubbio che il mercato più fluido è quello americano, quello di New York, ma deciderà il Consiglio di amministrazione

Il gruppo avrà un nome nuovo nel momento in cui la fusione diventerà operativa e potrebbe cambiare la sede, che sarà decisa in base alla scelta della borsa. Ma questa è:

una questione che ha un valore puramente simbolico, emotivo

LA STRATEGIA FUTURA

Poi indicazioni molto importanti sulla strategia:

la nostra strategia è uscire dal mass market, dove i clienti sono pochi, i concorrenti sono tanti, i margini sono bassi e il futuro è complicato

Un’indicazione che segna un nettissimo cambio di strategia rispetto alla storia del Lingotto, da sempre sui mass market. Il gruppo punterà quindi sul mercato premium, caratterizzati da:

prodotti di alta qualità, con concorrenza ridotta, clienti più attenti, margini più larghi. In fondo abbiamo marchi fantastici e per definizione Premium, come l'Alfa Romeo e la Maserati

Per gli altri marchi, invece:

Fiat andrà nella parte alta del mass market, con le famiglie Panda e Cinquecento, e uscirà dal segmento basso e intermedio. Lancia diventerà un marchio soltanto per il mercato italiano, nella linea Y

Infine Marchionne fa il punto sulle fabbriche italiane:

Nel polo Mirafiori-Grugliasco si faranno le Maserati, compreso un nuovo suv e qualcos'altro che non le dico. A Melfi la 500 X e la piccola Jeep, a Pomigliano la Panda e forse una seconda vettura. Rimane Cassino, che strutturalmente e per capacità produttiva è lo stabilimento più adatto al rilancio Alfa Romeo. Mi impegno: quando il piano sarà a regime la rete industriale italiana sarà piena, naturalmente mercato permettendo.

In altri termini Fiat potrebbe non dover ricorrere più alla cassa integrazione per i suoi operai.

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