Mercati azionari: vendere a maggio. . . ancora?
Sui mercati azionari, il “Sell in May” è una delle poche regole empiriche che sembrano davvero funzionare. Tra il 2010 e il 2012, per esempio, il mercato azionario Usa è salito mediamente dell’8% nei primi quattro mesi
di Redazione Soldionline 21 mag 2013 ore 11:06
Articolo a cura di Ad van Tiggelen - ING Investment Management
Sui mercati azionari, il “Sell in May” è una delle poche regole empiriche che sembrano davvero funzionare. Tra il 2010 e il 2012, per esempio, il mercato azionario Usa è salito mediamente dell’8% nei primi quattro mesi, per poi scendere del 7% durante l’estate e rimbalzare quindi dell’8% nell’ultimo quadrimestre. In questo periodo, la debolezza estiva è coincisa con un calo della crescita globale e lo sviluppo di tensioni nell’eurozona. A fronte del recente peggioramento dei dati economici dobbiamo quindi chiederci: è davvero il momento di prendersi una prolungata vacanza dai mercati, per poi tornare a settembre?
Gli sviluppi di quest’anno rivelano senza dubbio preoccupanti analogie con gli anni scorsi: dopo un forte inizio d’anno i titoli azionari hanno perso momentum, trascinati dall‘indebolimento dei dati economici e da un fiacco esordio della stagione degli utili. Questo fatto, di per sé, rende quasi scontato prendersi una pausa estiva dai mercati azionari. Dopotutto, se non ci saranno sorprese al rialzo né sul fronte dei dati economici, né su quello degli utili aziendali, chi sosterrà i prezzi azionari nei prossimi mesi? Le banche centrali? Improbabile. Hanno già salvato gli investitori in precedenti occasioni e, salvo forse la Bce, sembrano avere chiarito a sufficienza le proprie posizioni sull’immediato futuro. Chi altro, dunque?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo anzitutto renderci conto che un confronto tra le attuali condizioni finanziarie e quelle degli ultimi anni non rivela solo analogie, ma anche alcune chiare differenze:
- Mentre le tre estati precedenti sono state tutte caratterizzate da seri problemi nell’eurozona, la situazione attuale probabilmente è più stabile, con una diminuzione dei rendimenti obbligazionari dei paesi periferici e il lieve allentamento degli obiettivi di disavanzo.
- L’economia statunitense appare più solida di quanto non sia mai stata dall’inizio della crisi creditizia, in un contesto di ripresa dei prezzi immobiliari e dell’occupazione.
- Nei paesi sviluppati le aspettative di inflazione sono assai contenute, grazie al calo dei prezzi delle materie prime e alla bassa crescita dei salari. Gli anni scorsi gli investitori temevano ancora che gli stimoli delle banche centrali avrebbero fatto crescere l'inflazione.
- Il Giappone si è di recente imbarcato in un programma di stimolo senza precedenti. Con la Bank of Japan impegnata ad acquistare obbligazioni a ritmo sostenuto, creando una situazione di scarsità artificiosa, l’enorme massa globale di denaro in cerca di rendimento continua ad aumentare.
- I rendimenti offerti dal reddito fisso e dai conti di risparmio sono scesi ai minimi storici e potrebbero diminuire ulteriormente a fronte della pressione al ribasso sull’inflazione negli Stati Uniti e in Europa.
Date le circostanze, la disperata ricerca di rendimento induce sempre più gli investitori a ritenere che non vi siano alternative ai titoli azionari difensivi con dividend yield interessanti, ribattezzati con l’acronimo T.I.N.A. (There Is No Alternative). Questo sviluppo risulta evidente dal cambio di leadership sui mercati azionari: sono stati i titoli di questo tipo a guidare il rally, dando vita a un fenomeno inconsueto. Considerato il valore corrente della loro scarsità, riteniamo improbabile una correzione significativa di tali titoli difensivi nei mesi estivi. Rimangono quindi canditati a una correzione i ciclici e i finanziari. Tuttavia, diversamente dagli anni precedenti, molti ciclici non hanno partecipato allo scorso rally; i titoli legati alle commodity, in particolare, attualmente appaiono decisamente convenienti e lasciano quindi meno spazio per un sell-off. Per quanto riguarda i finanziari, probabilmente scenderebbero sensibilmente solo se la crisi dell’euro dovesse riacutizzarsi, un’eventualità che appare piuttosto improbabile nel breve periodo.
In conclusione, ci aspettiamo una ragionevole tenuta dei mercati azionari durante i mesi estivi, anche in assenza di sorprese economiche positive o di vasti stimoli delle banche centrali. Più di ogni altra cosa, probabilmente sarà l’assenza di alternative a sostenere i prezzi azionari.
Sui mercati azionari, il “Sell in May” è una delle poche regole empiriche che sembrano davvero funzionare. Tra il 2010 e il 2012, per esempio, il mercato azionario Usa è salito mediamente dell’8% nei primi quattro mesi, per poi scendere del 7% durante l’estate e rimbalzare quindi dell’8% nell’ultimo quadrimestre. In questo periodo, la debolezza estiva è coincisa con un calo della crescita globale e lo sviluppo di tensioni nell’eurozona. A fronte del recente peggioramento dei dati economici dobbiamo quindi chiederci: è davvero il momento di prendersi una prolungata vacanza dai mercati, per poi tornare a settembre?
Gli sviluppi di quest’anno rivelano senza dubbio preoccupanti analogie con gli anni scorsi: dopo un forte inizio d’anno i titoli azionari hanno perso momentum, trascinati dall‘indebolimento dei dati economici e da un fiacco esordio della stagione degli utili. Questo fatto, di per sé, rende quasi scontato prendersi una pausa estiva dai mercati azionari. Dopotutto, se non ci saranno sorprese al rialzo né sul fronte dei dati economici, né su quello degli utili aziendali, chi sosterrà i prezzi azionari nei prossimi mesi? Le banche centrali? Improbabile. Hanno già salvato gli investitori in precedenti occasioni e, salvo forse la Bce, sembrano avere chiarito a sufficienza le proprie posizioni sull’immediato futuro. Chi altro, dunque?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo anzitutto renderci conto che un confronto tra le attuali condizioni finanziarie e quelle degli ultimi anni non rivela solo analogie, ma anche alcune chiare differenze:
- Mentre le tre estati precedenti sono state tutte caratterizzate da seri problemi nell’eurozona, la situazione attuale probabilmente è più stabile, con una diminuzione dei rendimenti obbligazionari dei paesi periferici e il lieve allentamento degli obiettivi di disavanzo.
- L’economia statunitense appare più solida di quanto non sia mai stata dall’inizio della crisi creditizia, in un contesto di ripresa dei prezzi immobiliari e dell’occupazione.
- Nei paesi sviluppati le aspettative di inflazione sono assai contenute, grazie al calo dei prezzi delle materie prime e alla bassa crescita dei salari. Gli anni scorsi gli investitori temevano ancora che gli stimoli delle banche centrali avrebbero fatto crescere l'inflazione.
- Il Giappone si è di recente imbarcato in un programma di stimolo senza precedenti. Con la Bank of Japan impegnata ad acquistare obbligazioni a ritmo sostenuto, creando una situazione di scarsità artificiosa, l’enorme massa globale di denaro in cerca di rendimento continua ad aumentare.
- I rendimenti offerti dal reddito fisso e dai conti di risparmio sono scesi ai minimi storici e potrebbero diminuire ulteriormente a fronte della pressione al ribasso sull’inflazione negli Stati Uniti e in Europa.
Date le circostanze, la disperata ricerca di rendimento induce sempre più gli investitori a ritenere che non vi siano alternative ai titoli azionari difensivi con dividend yield interessanti, ribattezzati con l’acronimo T.I.N.A. (There Is No Alternative). Questo sviluppo risulta evidente dal cambio di leadership sui mercati azionari: sono stati i titoli di questo tipo a guidare il rally, dando vita a un fenomeno inconsueto. Considerato il valore corrente della loro scarsità, riteniamo improbabile una correzione significativa di tali titoli difensivi nei mesi estivi. Rimangono quindi canditati a una correzione i ciclici e i finanziari. Tuttavia, diversamente dagli anni precedenti, molti ciclici non hanno partecipato allo scorso rally; i titoli legati alle commodity, in particolare, attualmente appaiono decisamente convenienti e lasciano quindi meno spazio per un sell-off. Per quanto riguarda i finanziari, probabilmente scenderebbero sensibilmente solo se la crisi dell’euro dovesse riacutizzarsi, un’eventualità che appare piuttosto improbabile nel breve periodo.
In conclusione, ci aspettiamo una ragionevole tenuta dei mercati azionari durante i mesi estivi, anche in assenza di sorprese economiche positive o di vasti stimoli delle banche centrali. Più di ogni altra cosa, probabilmente sarà l’assenza di alternative a sostenere i prezzi azionari.
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