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La trappola dei tassi

Esiste una vecchia trappola che i tassi ciclicamente possono far scattare. Si fabbrica in questo modo: si portano i tassi ad un livello molto basso, per aiutare l’economia a riprendersi. Poi si costruisce una parvenza di stabilità dell’economia e quindi dei tassi stessi.

di Carlo Gatto 22 ago 2007 ore 09:55

A questo punto la trappola è pronta. Chi sono le prede? Tutti quei soggetti economici deboli, che finalmente si trovano ad aver accesso al mercato del credito grazie a tassi assai invitanti. Così tanti lavoratori precari o a basso reddito si indebitano e stipulano un mutuo per acquistare finalmente la prima casa, o forse dovremmo dire il primo appartamento, e lo fanno molto spesso a tasso variabile, perchè la rata è più bassa di quella a tasso fisso, e poi l'economia è stabile ed anche i tassi variabili dovrebbero restare su quei livelli. Quando la gran parte di questi soggetti economici deboli è entrata nel 'club mutui subprime' la trappola può scattare. I tassi cominciano a salire e a salire e a salire. La rata sale e sale e sembra non fermarsi mai, fino a mandare in rovina molti di questi sottoscritttori di mutui ed anche certe banche che si erano premurate di offrirli ai loro clienti senza preoccuparsi eccessivamente delle garanzie prestate. E la frittata è fatta. Ovviamente non c'è nessuna mente o complotto mondiale dietro tutto ciò, ma le varie maree dell'economia portano spesso a riva questi relitti. Nella fattispecie americana i tassi erano scesi fino all'1%, mentre in Europa fino al 2%. A tanti hanno fatto gola e ne hanno approfittato. Poi è arrivato il rialzo fisiologico e ciclico, gonfiato però agli estremi dal petrolio, dal caro-commodities e da altri fattori che hanno acuito un problema già esistente, rappresentato dal numero eccessivo di mutui variabili rispetto a quelli a tasso fisso. La mossa della Fed di abbassare i tassi di 50 punti base è stata la mossa giusta, anche se molti l'hanno considerata un errore da principianti. L'errore c'è stato, ma prima, nel non accorgersi che la corda era stata tirata troppo pensando solo all'inflazione. Ora con il taglio del TUS e la promessa di ulteriori tagli, non si immette solo denaro fresco in un sistema improvvisamente in crisi di liquidità, ma si dà anche una boccata di ossigeno a tutti coloro i quali si trovano ancora sull'orlo del baratro per la crescita dei tassi, senza esserci ancora caduti, sia clienti che banche creditrici. Si è imboccata la via giusta e la discesa del petrolio sotto i 70 $/bar ha dato una mano a questa mossa audace della Fed. Intendiamoci: la discesa del greggio non è dovuta all'attualizzazione di una futura recessione, ma solo alla chiusura di posizioni da parte di fondi in seguito al crollo dei mercati. L'indice S&P500 dice più di mille parole:



L'indice delle 500 maggiori società USA ha già recuperato e superato il livello pre-crollo del 16 agosto e questo la dice lunga sulla solidità della borsa newyorkese. Milano per contro si affloscia come una un pallone bucato:



Dopo la discesa sotto i 40.000 punti, la nuova discesa 'ferragostana' l'ha portata sotto i 38.000, salvo poi rimbalzare a 39.000 e lì vegetare in attesa di notizie da Wall Street. Non è il caso di farsi troppe illusioni su Piazza Affari in questa fase: stava male prima del 16 agosto, e non è affatto guarita. La settimana dei quattro indici è andata così:



Notate lo scarto di un punto netto tra Wall Street ed Europa. E' anche vero che vedere il Nasdaq scendere di cinque punti in due sedute fa un po' impressione. Sarà un chiaro monito alla prudenza per le prossime settimane.
La crisi dei mercati ha aumentato l'avversione al rischio degli operatori e ridotto le operazioni di carry trade sullo yen, che si è rinforzato del 10% sul dollaro e sull'euro. Il dollaro inoltre ha beneficiato del raffreddamento dell'oro, sceso a sua volta grazie al petrolio:



Il biglietto verde si è rinforzato da 1,38 ad 1,35 guadagnando 3 figure che fanno bene all'equilibrio valutario mondiale.
Concludendo la situazione è ancora rischiosa perchè è ancora fluida. Gira voce che molte banche Usa siano sottocapitalizzate, ma d'altronde è normale accorgersi di non avere la ruota di scorta solo quando si buca...Nei prossimi giorni ne sapremo di più, ma se così fosse, sarebbe il caso di stare lontano dalla borsa ancora per un bel po'. Quanto alle accuse mosse contro le società di rating mi sembrano un po' eccessive. E' vero che tali società hanno peccato sempre per eccesso di positività nei loro giudizi, ma è anche vero che le loro valutazioni non possono basarsi che sullo storico e non sul futuro che deve ancora realizzarsi, quindi sento di poter spezzare una lancia a loro favore. Quello che manca è uno scarto negativo prudenziale standard da assimilare ad ogni valutazione, ma affrontare questa dissertazione vorrebbe dire scendere troppo nei particolari.

Sentiment previsto per la prossima settimana: estremamente incerto.
Siamo ad un bivio. Il mercato può riprendersi o correggere ancora molto.


Renato Paludetto 2007 (riproduzione riservata)


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