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La bilancia dei rischi

In teoria, il pensiero del presidente della Fed –più incline al problema dei prezzi piuttosto che a quello della crescita- dovrebbe tranquillizzare gli investitori

di Rocki Gialanella 13 dic 2006 ore 15:59
Nelle prime settimane dell'anno che sta per concludersi, il mercato cominciò a scontare l'ipotesi che l'inflazione dovesse essere il principale rischio da monitorare per gli investitori di ogni parte del pianeta. In quella fase si pensava che i tassi di interesse fossero destinati a salire in tempi brevi, innescando una frenata delle attività delle corporate che avrebbe inglobato minori benefici e minore redditività reale.

La storia del 2006 ha dimostrato che il comportamento reale adottato dalle istituzioni e dai mercati non ha seguito quello delineato dalle previsioni. Fatta eccezione per la fiammata di maggio, il tasso di inflazione statunitense (la variabile che detta i ritmi della politica monetaria e gli effetti sul mercato del credito) si è mantenuto su livelli non certo bassi, ma apparentemente accettabili e sotto controllo. Le aspettative sull'inflazione -che probabilmente rivestono un'importanza tanto o più importante del dato sull'IPC), hanno continuato a muoversi in un range giudicato positivamente dai mercati obbligazionari, valutari e azionari.

Adesso che l'attenzione dei mercati si è spostata sulle modalità dell'impatto previste per l'atterraggio dell'economia a stelle e strisce, l'inflazione sembra essere passata in secondo piano. In effetti, si tratta di due preoccupazioni incompatibili: temere per il dinamismo dell'economia domestica, e contemporaneamente aver paura per una crescita troppo accentuata dei prezzi.

Il comunicato emesso ieri dalla Federal Reserve mantiene una riserva sull'evoluzione dei prezzi che lascia aperta la porta a nuovi rialzi del costo del denaro. In tale contesto, non va dimenticato che ci sono dei membri della Banca Centrale Usa favorevoli ad un leggero rialzo del costo del denaro.

Se la preoccupazione di Ben Bernanke è inclinata verso il fronte dei prezzi, significa che i problemi della crescita preoccupano meno. Non è dato sapere se di molto o poco, ma sicuramente meno. Il pensiero del presidente della Fed dovrebbe, in teoria, tranquillizzare gli investitori. Per il momento il rischio di un atterraggio duro dell'economia Usa non sembra essere la principale preoccupazione della Fed che, al contrario della Banca Centrale Europea, non persegue una visione univoca dell'economia. Vale a dire, non è esclusivamente focalizzata su un tasso di inflazione al 2%.


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