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Giordano (IBL Banca): gli attivi continuano a crescere. L’IPO rimane sul tavolo

SoldiOnline.it ha avuto l’opportunità di intervistare Mario Giordano, amministratore delegato di IBL Banca. Con il manager abbiamo parlato della particolare situazione delle banche italiane, del business della cessione del quinto e del futuro del gruppo. Che potrebbe passare ancora da Piazza Affari

di Mauro Introzzi 18 mar 2016 ore 10:52

IBL Banca è un istituto bancario decisamente longevo. Nato negli anni '20 del secolo scorso come Istituto Nazionale di Credito agli Impiegati vanta un'esperienza ultradecennale nel settore del credito ai lavoratori dipendenti. SoldiOnline.it ha avuto l'opportunità di intervistare per Voi il suo amministratore delegato, Mario Giordano. Al manager abbiamo chiesto un parere sul settore bancario, sul comparto della cessione del quinto (in cui IBL Banca è leader), sulla situazione del mercato del lavoro in Italia e sull'IPO del gruppo, rinviata nei mesi scorsi.

Dottor Giordano, grazie di aver accettato di chiacchierare con SoldiOnline.it.

D: La grande novità del 2016, per il settore bancario comunitario, è legata all'introduzione delle nuove normative sul bail in, il salvataggio interno delle banche in difficoltà che potrebbe arrivare ad attingere anche ai conti correnti con liquidità superiore ai 100mila euro. Molti osservatori hanno giustificato i grandissimi ribassi delle prime settimane del 2016 con i timori che queste nuove norme hanno scatenato tra gli investitori. È andata davvero così?


mario-giordano-ibl-bancaR: Anche io ritengo che la volatilità dei mercati delle prime settimane del 2016 sia molto legata al mondo bancario, in particolare alla vicenda della risoluzione delle 4 banche del novembre 2015. Da quel momento il mercato ha iniziato a percepire quali possono essere le possibili conseguenze del meccanismo del bail in e per la prima volta i clienti si sono resi conto che da una crisi bancaria si può arrivare all’azzeramento non solo degli investimenti azionari ma anche degli strumenti di Tier2 come le obbligazioni subordinate.

Ma non è successo solo questo. Dopo la risoluzione delle 4 banche in crisi ha pesato anche una ridefinizione del benchmark degli accantonamenti sulle sofferenze bancarie. Se prima un valore corretto di accantonamento sulle sofferenze era percepito essere intorno al 46, 47 fino al 50%, nelle prime settimane del 2016 il mercato è sembrato stimare queste percentuali intorno all’83%-84%. Investitori e fondi hanno fatto un semplice calcolo e “ritracciato” il valore dei titoli bancari nella considerazione che le sofferenze avrebbero dovuto essere svalutate per quelle quote. In altre parole il mercato ha fatto il semplice esercizio di riallineare i corsi di borsa delle banche a questi benchmark.

Lo shock, quindi, è stato percepito su due fronti: quello della clientela, che ha avuto contezza in anticipo che si possono perdere i propri risparmi se allocati su una certa tipologia di obbligazioni, e quello del mercato, che ha riconsiderato le sofferenze nelle valutazioni delle banche.

D: Ci sarebbero potute essere strade alternative?

R: Personalmente avrei preferito “perfino” che le banche avessero contribuito con un impegno maggiore al Fondo di Risoluzione – verso il quale IBL Banca ha contribuito con circa 3 milioni di euro – piuttosto che creare queste “percezioni” sfavorevoli verso le banche. Ritengo infatti che l’effetto di questa situazione si riverbererà sul mondo bancario. È chiaro che la modalità di collocamento verso la clientela dei bond subordinati debba avere delle regole ben precise, ma se questa tipologia di strumenti non sarà più collocata presso la clientela retail le banche saranno costrette a collocare i titoli di Tier2 su investitori istituzionali. Investitori che non faranno altro che farci pagare qualcosa in più rispetto a quello che dovrebbe essere un corretto prezzamento del rischio. La conseguenza sarà ancora una volta quella di gravare sulle banche, “regalando” redditività ai fondi che probabilmente, in futuro, saranno i soli sottoscrittori di Tier2.

D: Ma questo non potrebbe essere colpa anche delle banche stesse?

R: È successo, in passato, che siano stati fatti degli errori da parte del sistema bancario nel prezzare i titoli subordinati, emessi a corsi che spesso non facevano percepire il vero rischio dello strumento. Tuttavia non vedo perché, in concordia con le regole vigenti della normativa Mifid e con una modalità di prezzamento corretto, la clientela retail non possa approcciare l’investimento negli strumenti di Tier2. Magari con certe modalità: la scelta di IBL Banca è stata quella di aver fatto sempre un taglio da 100mila euro, a dimostrazione di volersi rivolgere a una fascia di clientela adeguata al profilo di rischio.

Quello che dispiace – in conclusione - è che per le banche sempre di più si irrigidisce la possibilità di erogare e di immettere liquidità nell’economia. Non si può prescindere dal fatto che solo il sistema bancario può far ripartire il sistema economico e che, se le banche continuano ad essere penalizzate in questo modo, mancherà un volano importante alla crescita.

D: Anche perché con i tassi a questo livello i loro margini sono sempre più risicati...

R: Le banche tradizionali hanno il problema delle sofferenze e il problema del margine di interesse legato al livello dei tassi. Quindi fare margini e utili è effettivamente sempre più difficoltoso.
La politica che sta attuando la Banca Centrale Europea è soltanto da lodare; manca purtroppo la possibilità di trasferire questi benefici monetari nel sistema economico. Anche se comunque assistiamo ad una ripresa dei mutui e dell’erogazione di credito al consumo, che poi è il settore che interessa maggiormente a IBL Banca.

D: Un altro termine entrato di recente nel vocabolario dei nostri lettori è "npl" (acronimo di non performing loans). La crisi economica di questi anni ha creato una mole rilevante di crediti non performanti. Avere una posizione di rilievo nella cessione del quinto vi ha permesso di godere di una posizione favorevole rispetto alle banche con modelli di business più orientati al credito. Continuerete a puntare sul vostro core business o c'è spazio per crescere su altre linee di business?

R: Noi continueremo a puntare sul nostro business, dove stiamo progressivamente crescendo: nei primi 2 mesi del 2016 è continuato il trend di sviluppo, con un +30% per l’erogato rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente. Quello che mi piace sottolineare è che la nostra specializzazione nell’erogazione dei prestiti contro cessione del quinto dello stipendio fino a qualche anno fa era un’attività che molti potevano considerare come limitante rispetto alle opportunità di sviluppo.
Nel 2004 – quando dsiamo diventati banca - sarebbe stato facile essere allettati dall’implementazione di nuovi prodotti tipici di un istituto bancario più tradizionale, ma abbiamo volutamente deciso di puntare sulla crescita nella nostra attività caratteristica. La nostra coerenza ha pagato: lo scorso anno abbiamo erogato oltre 600 milioni di euro, con un costo del credito che è di 9 punti base. Abbiamo un rapporto sofferenze – crediti lordi dello 0,20%. Questo è alla base della forza e della visibilità di IBL Banca. Non abbiamo ricette magiche, ma continueremo a puntare sul nostro prodotto e a rimanere una banca specializzata. La specializzazione è necessaria, considerando che il business è comunque complesso e l’operazione di finanziamento ha dei meccanismi peculiari. I soggetti in causa non sono solo 2 (finanziatore e finanziato) ma nella cessione del quinto ci sono, oltre a banca e cliente, anche la compagnia di assicurazione e il datore di lavoro. La parte difficile è saper incassare i crediti per tutta la durata del finanziamento, mediamente di una decina di anni. E sapere incassare da una moltitudine di amministrazioni pubbliche o private.

D: A proposito di lavoro ed occupazione, grazie alle assunzioni con decontribuzione e al Jobs Act il 2015 ha visto una certa ripresa del lavoro "stabile". Questa dinamica ha avuto impatti sul mondo della cessione del quinto? Un miglioramento dell'occupazione a livello nazionale potrebbe continuare anche nei mesi a venire?

R: Io penso che la dinamica sia indubbiamente positiva a livello sistemico. Per esempio noi stessi, attraverso il Jobs Act, abbiamo passato a tempo indeterminato nel 2015 circa 80 dipendenti. Per quanto riguarda IBL Banca, essendo noi fortemente focalizzati sul settore pubblico, statale e sulla categoria dei pensionati, di fatto non abbiamo avuto un impatto particolarmente significativo, fermo restando che nel tempo sicuramente l’approccio verso finanziamenti da parte di dipendenti di aziende private può essere favorito da una maggiore occupazione.

D: Nel novembre del 2015 IBL Banca ha deciso di rinviare la sua quotazione a Piazza Affari. Siete stati lungimiranti, considerando quello che è successo nei mesi a venire e in questo primo scorcio di 2016. Ma quello dell'IPO è per voi un progetto ancora valido? Con quali tempistiche?

R: Il progetto Borsa per me non è abbandonato ma è un tema che rimane sul tavolo. Ritengo che il naturale sviluppo di crescita di IBL Banca possa essere la quotazione. Abbiamo ritirato l’operazione a novembre 2015, pur potendola portare avanti, perché la sensazione che avevamo avuto era di un mercato che già iniziava a mostrare qualche segno di incertezza. Una sensazione confermata poi nei primi mesi del 2016, anche se nessuno poteva immaginare che la brezza di novembre potesse poi scatenarsi nella crisi che abbiamo vissuto a gennaio e febbraio. Secondo noi il ritiro dell’operazione è stato un punto di forza da parte della banca e non uno di debolezza. L’idea di andare in quotazione e poi vedere le nostre azioni colpite dalle vendite indiscriminate sul settore bancario di inizio 2016 non sarebbe stato incoraggiante.

Ma non lo abbiamo vissuto come una sconfitta. Del resto più passa il tempo più il business di IBL Banca si consolida e la società crea valore. Abbiamo chiuso il 2015 con circa 2 miliardi di attivo in cessione del quinto, nel 2014 erano 1,6 miliardi mentre nel 2013 erano 1,3 miliardi. Immaginiamo che nel 2016 lo stock di attivi possa arrivare a 2,3/2,4 miliardi. Questa evoluzione, di fatto gioca a nostro favore: IBL Banca ha una sua redditività, una sua solidità e una sua crescita già con quello che fa. Quindi non c’è una necessità di andare sul mercato, anche se siamo consci che raccogliere ulteriore capitale quotandoci aumenterebbe le munizioni a nostra disposizione.
Ritengo che la Borsa sia un’opportunità per un’adeguata valorizzazione della nostra società e di soddisfazione per i nuovi eventuali azionisti in un ulteriore percorso di crescita.

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