Effetto Katiuscia
La guerra scoppiata tra Israele ed hezbollah del Libano ha colto i mercati in un momento di accentuata debolezza e si è amplificata sugli indici in virtù dei nuovi massimi del petrolio...
di Carlo Gatto 17 ago 2006 ore 09:28
La guerra scoppiata tra Israele ed hezbollah del Libano ha colto i mercati in un momento di accentuata debolezza e si è amplificata sugli indici in virtù dei nuovi massimi del petrolio raggiunti sull'onda dei timori di un allargamento del conflitto a paesi come la Siria e l'Iran. Ricordiamo che gli hezbollah sono movimenti islamici radicali sciiti di ispirazione iraniana, e che l'Iran è già da tempo al centro di una delicatissima controversia internazionale sull'uso del nucleare. I razzi katiuscia di fabbricazione russa (come il nome lascia intuire) hanno lasciato un cratere profondo anche sui grafici borsistici di mezzo mondo.
Il fattore paura è facilmente riconoscibile, sia perchè i grafici mostrano una pesante inclinazione negativa, e sia perchè non danno alcun segnale di ripresa durante questa corsa verso il basso. In poche sedute la perdita ha raggiunto una dimensione pesantissima, vicina ai quattro punti percentuali, e riguarda indistintamente tutti i listini mondiali. Quando si verificano fatti del genere, si crea una sorta di impermeabilità del mercato alle buone notizie provenienti da altre fonti e l'unica cosa che potrebbe davvero ridare un certo sollievo è rappresentata da qualche buona notizia relativamente agli sviluppi del conflitto in corso. E' anche vero che ogni aggravamento in tal senso avrebbe l'effetto contrario. Prima che si crei una certa assuefazione alla novità bellica ed i mercati comincino a riprendere quota, potrebbero anche passare diverse sedute, diciamo nell'ordine di una o due settimane, magari intervallate da qualche timida reazione tecnica. Per le borse il Medioriente non è equiparabile all'Africa purtroppo dimenticata, e proprio a causa del petrolio e degli squilibri politici, costituisce sempre un nervo scoperto del sistema planetario, capace di far sentire i propri effetti in qualsiasi momento.
Milano è nella media. Da mercoledì 11 la discesa non ha fatto altro che acutizzarsi ed inclinarsi sempre più. Come dicevo la volta scorsa, la migliore impostazione grafica non ci avrebbe giovato molto in caso di uno tsunami...L'unico vantaggio è quello di essere partiti da un livello più alto, a tutela dei supporti importanti, come ad esempio il 35.000.
Sul grafico europeo a tre mesi l'attuale discesa ha il potere di tagliare il supporto dinamico partito dalla metà di giugno e potrebbe estendersi facilmente fino a pareggiare quel minimo relativo. Questo potrebbe significare un ulteriore spazio di discesa pari a 3 o 4 punti percentuali prima di poter vedere una reazione significativa. Se poi tale reazione dovesse veramente avere luogo, allora si sarebbe delineata la base per un canale laterale alto circa 7 punti percentuali, nel quale il mercato potrebbe trovare lo spazio per metabolizzare le recenti notizie negative su tassi, petrolio e materie prime.
La vera novità questa settimana è stata la reazione del dollaro, che in un momento di crisi internazionale ha continuato a rappresentare la valuta rifugio per eccellenza, a dispetto della sua correlazione negativa con il petrolio (76 $/bar) e con l'oro (650 $/oz). Questo ci fa capire che a tutt'oggi, al verificarsi di eventi politici e belllici particolarmente gravi, il mercato mondiale preferisce ancora il biglietto verde all'euro. E questa conclusione mi sembra molto importante ai fini di una lettura corretta del ruolo concreto della moneta unica, e del suo immediato futuro in caso di crisi o di fatti particolarmente turbolenti.
Sentiment previsto per la prossima settimana: ancora debolezza.
Eventuali reazioni solo tecniche.
Occhi puntati sull'evoluzione del conflitto in corso e sulle conclusioni del G8.
Alla prossima puntata.
Renato Paludetto 2006 (riproduzione riservata)
Avete domande, suggerimenti, commenti? Scrivete as
renatoxxyy@yahoo.it
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Il fattore paura è facilmente riconoscibile, sia perchè i grafici mostrano una pesante inclinazione negativa, e sia perchè non danno alcun segnale di ripresa durante questa corsa verso il basso. In poche sedute la perdita ha raggiunto una dimensione pesantissima, vicina ai quattro punti percentuali, e riguarda indistintamente tutti i listini mondiali. Quando si verificano fatti del genere, si crea una sorta di impermeabilità del mercato alle buone notizie provenienti da altre fonti e l'unica cosa che potrebbe davvero ridare un certo sollievo è rappresentata da qualche buona notizia relativamente agli sviluppi del conflitto in corso. E' anche vero che ogni aggravamento in tal senso avrebbe l'effetto contrario. Prima che si crei una certa assuefazione alla novità bellica ed i mercati comincino a riprendere quota, potrebbero anche passare diverse sedute, diciamo nell'ordine di una o due settimane, magari intervallate da qualche timida reazione tecnica. Per le borse il Medioriente non è equiparabile all'Africa purtroppo dimenticata, e proprio a causa del petrolio e degli squilibri politici, costituisce sempre un nervo scoperto del sistema planetario, capace di far sentire i propri effetti in qualsiasi momento.
Milano è nella media. Da mercoledì 11 la discesa non ha fatto altro che acutizzarsi ed inclinarsi sempre più. Come dicevo la volta scorsa, la migliore impostazione grafica non ci avrebbe giovato molto in caso di uno tsunami...L'unico vantaggio è quello di essere partiti da un livello più alto, a tutela dei supporti importanti, come ad esempio il 35.000.
Sul grafico europeo a tre mesi l'attuale discesa ha il potere di tagliare il supporto dinamico partito dalla metà di giugno e potrebbe estendersi facilmente fino a pareggiare quel minimo relativo. Questo potrebbe significare un ulteriore spazio di discesa pari a 3 o 4 punti percentuali prima di poter vedere una reazione significativa. Se poi tale reazione dovesse veramente avere luogo, allora si sarebbe delineata la base per un canale laterale alto circa 7 punti percentuali, nel quale il mercato potrebbe trovare lo spazio per metabolizzare le recenti notizie negative su tassi, petrolio e materie prime.
La vera novità questa settimana è stata la reazione del dollaro, che in un momento di crisi internazionale ha continuato a rappresentare la valuta rifugio per eccellenza, a dispetto della sua correlazione negativa con il petrolio (76 $/bar) e con l'oro (650 $/oz). Questo ci fa capire che a tutt'oggi, al verificarsi di eventi politici e belllici particolarmente gravi, il mercato mondiale preferisce ancora il biglietto verde all'euro. E questa conclusione mi sembra molto importante ai fini di una lettura corretta del ruolo concreto della moneta unica, e del suo immediato futuro in caso di crisi o di fatti particolarmente turbolenti.
Sentiment previsto per la prossima settimana: ancora debolezza.
Eventuali reazioni solo tecniche.
Occhi puntati sull'evoluzione del conflitto in corso e sulle conclusioni del G8.
Alla prossima puntata.
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