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Perché è importante NON lasciare i soldi fermi sul conto

Decidere dove mettere i propri soldi in un momento di tassi risicati e alla vigilia di avvenimenti chiave per l'economia è difficile. Ma tenere fermo il denaro è quasi sempre la soluzione meno efficiente

di Redazione Soldionline 3 gen 2020 ore 15:43

soldi-conti-correntiIn momenti di tassi di interesse così risicati, grande volatilità sui mercati, incertezza nelle prospettive dell’economia o alla vigilia di momenti chiave per la congiuntura mondiale (come possono esserlo la Brexit, le elezioni presidenziali Usa o più a lungo termine i cambiamenti climatici) si è spesso spinti a mantenere i propri risparmi sul conto corrente. Si tratta di un impulso umano: un'inerzia dettata dall'incertezza e dalla paura di prendere decisioni scorrette.

Ma lasciare fermo il proprio denaro potrebbe non essere la soluzione più efficiente per un risparmiatore. In questo pezzo vi spieghiamo perché.

 

LASCIARE DENARO SUL CONTO CORRENTE: PERCHÉ LO SI FA

Ma perché si è spinti a lasciare il proprio denaro su un conto bancario? Ce lo spiega la psicologia: in momenti di grande incertezza la paura di sbagliare spinge le persone all’inattività. Vale in ogni campo della vita, e quello finanziario non ne fa eccezione. In questo caso l’incertezza può arrivare da una determinata situazione dei mercati, dell’economia o del quadro geopolitico. Meglio perdere delle opportunità - pensa la nostra psiche - piuttosto che perdere del denaro.

A giudicare dai dati a questo pensano, evidentemente, gli italiani. Quello del nostro paese è un popolo di grandi accumulatori su conti e depositi bancari. Le ultime ricerche parlano infatti di una cifra parcheggiata sui conti bancari vicina ai 1.500 miliardi di euro. Una grandezza, questa, non troppo lontana dal prodotto interno lordo totale della nazione.

Una tendenza, quella ad accumulare denaro in conti non fruttiferi, che non caratterizza solo il nostro paese, da sempre formato da un esercito di "formichine". Secondo i più recenti dati dell'Autorità Bancaria Europea (l'Eba - European Banking Authority) anche le famiglie europee si stanno rivelando delle provette accumulatrici, con una cifra complessiva - per l'intero continente - che si attesta a 10.000 miliardi di euro. Anche in questo caso una cifra non troppo lontana dall'intero PIL continentale (circa 12.000 miliardi).

 

PERCHÈ È SBAGLIATO TENERE IL DENARO SUL CONTO

Il denaro fermo, però, perde valore. La responsabile di questa diminuzione è l’inflazione, ossia un aumento prolungato del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi in un dato periodo di tempo. Un fenomeno che ha l’effetto di cagionare un’erosione del potere d'acquisto della moneta. In altre parole una determinata somma, ad esempio 100mila euro, non permetterà tra determinati anni, per esempio 10, di acquistare la stessa quantità di beni e servizi che possiamo procurarci ora. Quanti prodotti o servizi differenziali dipenderà appunto dall’inflazione. Che vista sotto questa veste è una vera e propria tassa invisibile.

Possiamo spingerci a dire, allora, che la prima regola di un investitore avveduto (non ce ne voglia il mitico Warren Buffett) non è “non perdere il proprio denaro” ma “non far perdere valore al proprio denaro”. Il concetto di conservazione dei propri soldi va esteso così anche al loro valore. Se ci attendiamo un tasso di aumento dei prezzi al consumo del 2%, bisognerà investire puntando a un rendimento nominale di almeno il 2%.

Il concetto è molto più chiaro in alcuni periodi a inflazione molto accentuata come quello di inizio anni ottanta. A quel tempo l’inflazione arrivava a superare anche il 20% e l’aumento dei prezzi (e la perdita di valore del denaro) era palese anche ai risparmiatori meno attenti. È vero che i titoli di stato avevano rendimento a doppia cifra, ma è altrettanto vero che questi rendimenti erano comunque sempre inferiori al tasso inflattivo. Causando una sorta di tassa patrimoniale da inflazione.

Ma non è solo la perdita del potere di acquisto del denaro a pesare sulle somme parcheggiate. I conti correnti, specie quelli tradizionali, costano: non solo in termini di spese fisse come i canoni mensili, ma anche sotto il profilo delle commissioni per determinate operazioni.

 

QUINDI, COSA FARE IN ALTERNATIVA AL PARCHEGGIO DEL DENARO SU UN CONTO CORRENTE?

Per questi motivi non è efficiente lasciare fermi i propri soldi. Se, come attende la Banca Centrale Europea e giusto per considerare solo la componente negativa data dall'andamento dei prezzi al consumo, i tassi di inflazione arriveranno vicini al 2% all’anno gli italiani sosterranno una “tassa” da aumento dei prezzi al consumo che potrebbe arrivare a 30 miliardi di euro. Lo scotto del rimanere tranquilli, ma anche un’enorme perdita di opportunità e di valore.

Quindi cosa meglio fare? Se si ritiene di non essere in grado di perseguire un obiettivo di investimento in modo efficace è preferibile affidarsi a un consulente. Un professionista che dev’essere capace di interpretare i bisogni della sua clientela e che quindi riesca a generare rendimento per quest’ultima a un rischio controllato.

Il tutto a costi che non intacchino le performance, come troppo spesso succede con approcci alla gestione del risparmio di un certo tipo. Ma questa è ancora un'altra (poco edificante) storia.

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