Banche e diamanti, un’altra questione di asimmetria. E una lezione da imparare
Nelle scorse settimane è finita sotto i riflettori la notizia relativa ai diamanti venduti nei canali bancari. Una vicenda che porta in dote una considerazione e – conseguentemente - una lezione
di Redazione Soldionline 17 apr 2019 ore 11:45Nelle scorse settimane è finita sotto i riflettori la notizia relativa al sequestro, nell’ambito di un’indagine della procura di Milano che ipotizza truffa e autoriciclaggio, di 700 milioni di euro a carico di cinque istituti bancari e di due società specializzate nella compravendita di diamanti.
Ma cosa sarebbe stato contestato ai soggetti coinvolti nelle investigazioni? La Procura intende accertare se ci siano state, nell’ambito dell’attività di compravendita di diamanti attraverso i canali bancari, delle cessioni di pietre preziose a prezzi superiori rispetto al loro vero valore. Il periodo temporale oggetto delle indagini è quello compreso tra il 2012 e il 2016.
Negli anni in oggetto gli istituti bancari avevano stipulato con le società specializzate nel commercio di diamanti delle intese che prevedevano la presentazione nelle proprie filiali di materiale promozionale ed informativo sull’investimento. Tuttavia, secondo quanto avrebbero verificato le indagini, gli addetti delle banche avrebbero avuto un ruolo meno passivo nella vicenda, fino ad arrivare a proporre i diamanti come investimento “alternativo”. Sembra infatti che dalle operazione di compravendita le banche ricavassero commissioni ingenti, fino al 10-20% sul transato. A prezzi di cessione che sono al vaglio degli inquirenti.
La materia, tra l’altro, non ha ricevuto una regolamentazione da parte degli organi di controllo. Banca d’Italia e Consob hanno affrontato varie volte la questione, ma non andando oltre la formulazione di informali raccomandazioni di comportamento agli operatori coinvolti.
Bankitalia ha reso noto che alla commercializzazione dei diamanti attraverso il canale bancario non si applicano le tutele di trasparenza previste per la clientela dal Testo unico bancario. Tuttavia, in un comunicato sul tema, ha ricordato anche che pur non costituendo attività bancaria o finanziaria, la commercializzazione di diamanti può comunque generare per le banche rischi operativi e di reputazione che esse devono presidiare.
Proprio per tale motivo a suo tempo Banca d'Italia inviò una comunicazione alle banche per ricordare che “anche quando intendono fornire servizi che non hanno natura bancaria e finanziaria, devono prestare la massima attenzione alle esigenze conoscitive dei clienti. In particolare, nel caso della commercializzazione di diamanti, le banche, oltre a considerare le caratteristiche finanziarie dei clienti cui è rivolta la proposta di acquisto, devono assicurare adeguate verifiche sulla congruità dei prezzi e predisporre procedure volte a garantire la massima trasparenza informativa sulle caratteristiche delle operazioni segnalate, quali le commissioni applicate, l'effettivo valore commerciale e le possibilità di rivendita delle pietre preziose”.
Consob, da par suo, ha più volte avuto modo di evidenziare come nella commercializzazione di diamanti, così come avviene per altri beni materiali, non si applichino le norme relative agli investimenti finanziari. L’organo di controllo della borsa e dei mercati ha raccomandato ai risparmiatori di prestare la massima cautela nell'effettuare operazioni sui diamanti e agli operatori bancari di rendere edotti i potenziali acquirenti sulla disciplina applicabile, sulle condizioni contrattuali e sui costi, anche commissionali, presenti nelle operazioni di vendita proposte allo sportello.
La vicenda dei diamanti e delle banche, comunque, porta in dote una considerazione e – conseguentemente - una lezione per i risparmiatori. La prima risiede nell’evidenza che in situazioni di grande asimmetria informativa è più facile assumere comportamenti opportunistici. Specie in ambiti ben poco coperti a livelli normativo. Conseguentemente è essenziale che il risparmiatore guardi con molta circospezione a promesse troppo generosi e rendimenti facili. Se è vero che le retrocessioni erano di almeno due cifre percentuali, inoltre, tutta la vicenda è gravata da un possibile conflitto di interesse legata alla solita domanda: era una proposta coerente con il profilo di rischio del risparmiatore o quella più remunerativa per chi la proponeva?
Ecco perché diventa essenziale, per un risparmiatore, selezionare con criterio chi è deputato a gestire il proprio denaro, un soggetto senza conflitti di interesse e che non sfrutti a proprio favore l’asimmetria informativa che il proprio ruolo assicura.