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Crolli in borsa e risposte psicologiche

Si è più volte accennato alle vicende borsistiche del 1929 e del 1987.Analizziamo le due situazioni per sottolineare differenze e similitudini nei comportamenti degli investitori

di Manuela Tagliani 25 set 2015 ore 12:02

La crisi del 1929 ha rappresentato l'inizio di un decennio di dura depressione economica, la 'Grande Depressione'. La crisi che ha inizialmente colpito la Borsa si è espansa a macchia d'olio in tutti gli altri settori dell'economia: i livelli di produzione del 1929 sono stati raggiunti di nuovo solamente nel 1941, con l'importante variabile del conflitto bellico.

Il crac del ventinove va quindi inserito in un contesto complesso, in cui cause ed effetti si sono sovrapposti ed influenzati a vicenda. Infatti, se la verticale caduta di fiducia è stata un sintomo di una difficile situazione strutturale che stava emergendo, è pur vero che la Grande Crisi ha modificato l'atteggiamento degli investitori, rendendoli più restii al rischio e all'azione in prima persona.

La crisi del 29 è giunta in conclusione di una enorme bolla speculativa su cui il mercato si basava a partire dal 1924, con una crescita esponenziale dal 1928. La crescita economica degli anni venti aveva aumentato la disponibilità, per i privati cittadini, di accedere a credito a ingenti somme di denaro, aumentando notevolmente il numero degli speculatori inesperti. Il sistema ha retto fino a quando i prezzi sono stati in costante ascesa, per poi crollare su se stesso in maniera tanto veloce quanto imprevedibile.

Bisogna infatti ricordare che solo pochi esperti avevano il coraggio di affermare l'assoluta sopravvalutazione del mercato, ed anche per i più attenti risultava impossibile stabilire quando la bolla speculativa sarebbe esplosa.

La caduta ha raggiunto l'apice il 29 ottobre del 1929, il famoso. Nei quindici giorni tra il 22 ottobre ed il 13 novembre l'indice Dow Jones ha subito un calo del 39,2%. Il tremendo contraccolpo sull'intera società ha portato importanti cambiamenti psicologici nella percezione del mercato azionario, visto come un mondo instabile e ad altissimo rischio, dove con facilità si poteva trovarsi rovinati in pochissimi giorni. Va notato che questa idea si è diffusa tra la popolazione anche se soltanto il 3% delle famiglie americane possedeva azioni.

La realtà del 1987 è stata assai diversa, soprattutto per le conseguenze sull'economia e sulla società. Anche in questo caso la borsa veniva da cinque anni di grande ascesa. La percezione che i titoli fossero sopravvalutati era contrastata dal clima di euforia e dalle razionalizzazioni effettuate anche da esperti economisti.

La situazione delle borse asiatiche dava un buon argomento a chi sosteneva che Wall Street avesse ancora ampi margini di miglioramento: come già sottolineato, questo tipo di voci aveva un impatto psicologico molto maggiore dei richiami alla ragione.

La caduta del 1987 è stata ancor più repentina e catastrofica di quella del 1929: in soli cinque giorni l'indice Dow Jones ha perso il 31%. Il 19 ottobre 1987(anche in questo caso verrà ricordato dalla storia come il lunedì nero) è stato il giorno peggiore del crac, pari alle due giornate più negative del 1929. La caduta non ha risparmiato società dai grandi guadagni e dalle prospettive rosee, come la Microsoft, o grandi colossi dalle solide fondamenta, come la Hewlett Packard.

La depressione seguita all'ottobre del 1987 ha allontanato per un certo periodo gli investitori, ma non ha avuto quegli effetti sull'economia che aveva avuto la grande Crisi. Il mercato economico non ha risentito più di tanto della situazione circoscrivendola al mercato borsistico. Anche gli effetti di lunga durata non sono paragonabili a quelli di cinquant'anni prima.

I due grandi episodi di panico presentano delle similitudini, come il fatto di aver rappresentato la fine di periodi di crescita spropositata, segno questo di come il clima di euforia renda ancor più tragica la successiva caduta.

Vi sono però anche notevoli differenze, soprattutto per quanto riguarda le ricadute sul mondo esterno ai mercati. I comportamenti emotivi e la percezione psicologica sono stati differenti nei due casi, e questo ha contribuito in maniera non accessoria al diverso svolgimento delle due crisi.

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