Per la Grecia c'era (almeno) un'altra possibilità
Convertire parte del debito in Growth Bond avrebbe aiutato la Grecia a uscire dalla crisi? Probabilmente sì. Una possibilità interessante anche per altri paesi indebitati
di Marco Delugan 16 lug 2015 ore 09:56I growth bond sono titoli obbligazionari il cui rendimento per l'investitore è proporzionale all'andamento del prodotto interno lordo del paese emittente. Semplificando molto, assomigliano un po' alle azioni, che pagano dividendi più alti quando le cose vanno bene e dividendi più bassi quando le cose vanno meno bene. A differenza delle azioni non danno però diritti di proprietà all'investitore sul paese di cui ha acquistato il titolo. Titoli di questo tipo possono prevedere il rimborso del capitale oppure no.
Tecnicamente sono dei titoli derivati, strumenti finanziari il cui andamento di una qualche sua parte (in questo caso i rendimento) o di tutte, dipende da altro, il cosiddetto sottostante. In questo caso il sottostante è il Pil del paese emittente.
Esistono già sul mercato altri titoli a tasso fluttuante, come ad esempio i titoli il cui rendimento è legato all'andamento di un tasso di interesse (Libor, Federal fund rate) o dell'inflazione.
In linea di massima, i vantaggi economici e politici per l'emittente sono:
1) interessi proporzionali alla crescita: più alti se le cose vanno bene, più bassi se vanno meno bene
2) ridotte possibilità di default: il costo del servizio del debito si riduce quando le cose non vanno bene, rendendolo meglio sostenibile rispetto titoli che fluttuano in funzione della precezione di rischio di insolvenza dell’emittente
3) politica fiscale più programmabile sempre perché la percezione di solvibilità dei titoli non infiamma il costo del debito
4) freno alla crescita delle spese governative quando le cose vanno bene: perché si paga di più di interessi
5) minori tagli alla spesa pubblica nei periodi negativi: perché in quei periodi il costo del debito si riduce
Tra gli svantaggi, il freno alla spesa governativa può impedire la realizzazione di opere propangandistiche – tipiche delle fasi finali delle amministrazioni pubbliche – e far credere agli elettori che i benefici della crescita invece che andare al popolo vadano ai creditori.
Per gli investitori, sicuramente il tasso di interesse variabile può non essere molto attraente, e a questo si aggiunge la maggiore difficoltà di scelta di un titoli di questo tipo. Ma anche per gli investitori, inserire in portafoglio Growth Bond ben scelti ne può ridurre la rischiosità complessiva.
Passare dall'investimento in titoli tradizionali ai Growth Bond vuol dire passare dal calcolo del rischio e quello delle prospettive di crescita, dal guadagnare su situazioni di difficoltà – situazioni in cui possono addirittura instaurarsi fenomeni speculativi che puntano al peggioramento del rating del paese e alla crescita degli interessi sui suoi titoli – al guadagnare da situazioni di crescita economica. Vuol dire anche passare da un atteggiamento di breve periodo a uno più attento al lungo periodo. Vuol dire cambiare atteggiamento mentale, ma anche accettare un flusso di rendimenti dei propri investimenti meno prevedibile e probabilmente più basso.
Nel caso dei paesi in difficoltà economica, la logica tipica dei mercati e degli strumenti finanziari tradizionali finisce spesso col metterli in difficoltà sempre maggiori portandoli spesso in spirali recessive da cui è molto difficile uscire. Di fronte all'andamento negativo di una economia, infatti, la reazione dei mercati è tipicamente quella di venderne i titoli, aumentando così i tassi di interesse sulle successive emissioni. Tutto questo fa aumentare il costo del servizio del debito, riducendo così le risorse del paese stesso per affrontare la crisi in atto. Se le difficoltà diventano davvero grandi, allora, come nel recente caso della Grecia, può essere necessario mettere in atto piani di salvataggio che spesso finiscono con l'imporre misure di austerità – che come scopo principale hanno quello di garantire il pagamento dei debiti finanziari – che non fanno altro che peggiorare la situazione, indebolendo ulteriormente l'economia e la capacità del paese di ripagare i propri debiti.
I Growth Bond sono invece titoli anticiclici, obbligano cioè a pagare di più quando le cose vanno meglio, opponendosi così a fenomeni di surriscaldamento dell'economia – come ad esempio l'eccessiva crescita dell'inflazione che spesso rischia di inceppare il meccanismo virtuoso dell'espansione – e consentono di pagare meno quando le cose vanno meno bene, riducendo il peso del servizio del debito proprio nei periodi in cui il paese emittente avrebbe maggiori difficoltà a sostenerlo. E riducendo in questo modo anche i rischi di default del debito pubblico del paese.
Da un punto di vista politico, non dover ridurre le spese sociali nei periodi difficili a causa del sempre maggiore peso dei debiti permette agli stati di non infierire sulle categorie più deboli e mantenere meglio il consenso e la coesione sociale.
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Il primo ministro delle finanze del governo di Alexis Tsipras, Yanis Varoufakis (nella foto accanto), durante le prime fasi delle trattative di quest'anno, aveva proposto alle istutizioni creditrici la trasformazione i titoli del debito greco detenuti dalla Banza Centrale Europea, dal Fondo Monetario Internazionale e dal Fondo Salvastati in Growth Bond. I titoli sarebbero diventati irredimibili e cioè eterni, titoli il cui capitale non sarebbe mai stato rimborsato, ma che avrebbero fruttato interessi per sempre.
Abbiamo parlato di questa ipotesi con Alfonso Scarano, analista finanziario indipendente.
Ingegner Scarano, perché l'ipotesi di Varoufakis era interessante?
L'operazione sarebbe stata interessante non solo per la Grecia, ma anche per tutti i paesi molto indebitati e in difficoltà di crescita economica come l'Italia. Ma passare ai Growth Bond vuol dire, dal punto di vista del funzionamento usuale del mondo finanziario, fare una vera e propria rivoluzione, nel senso che tutti sono abituati a misurare il rischio, mentre nel caso dei growth bond ci si dovrebbe abituare a misurare la crescita e soprattutto le prospettive di crescita dell'economia di un paese e delle politiche economiche implementate dal suo governo. Certamente chi investe in questi titoli ha tutto l'interesse che l'oggetto investito vada bene, e quindi in questo caso che la Grecia vada bene.
In cosa consisteva esattamente la proposta di Varoufakis?
Varoufakis aveva proposto che i titoli detenuti dalla Banca Centrale Europea, dal Fondo Monetario Internazionale e dal Fondo Salvastati venissero trasformati in Growth Bond, titoli che maturano interessi secondo il ritmo di crescita del paese. I titoli sarebbero stati poi resi irredimibili, e quindi senza scadenza, eterni. In questo modo, la Grecia non sarebbe stata azzannata come è accaduto in questi anni e come probabilmente accadrà ancora. Ma questo scenario di ragionevolezza andava contro gli interessi di cassa e di breve periodo.
E perché la proposta non è stata accettata?
La logica di salvaguardare l'investimento e di focalizzarlo alla crescita e non al gioco della speculazione è una prospettiva molto interessante e a livello politico dovrebbe essere affrontata seriamente. Potrebbe venire utile anche per altri paese molto indebitati come l'Italia. Certamente è stata snobbata a livello speculativo perché è più difficile far crescere che gridare al lupo al lupo. E con meno possibilità di manovra della speculazione che gioca alla rincorsa del maggior rischio maggior rendimento, vi era la certezza più che il rischio di guadagnare di meno.
Insomma, quel matrimonio con i Growth Bond “non sa da fare”, per i Don Rodrigo della speculazione