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Fondi chiusi immobiliari italiani: trattamento fiscale e oneri commissionali

Dal 1° gennaio 2004 con il decreto legge 269/03 sono stati introdotti grandi cambiamenti sul trattamento fiscale di fondi chiusi immobiliari. E’ stata infatti soppressa la tassazione in capo al fondo sostituendola con quella in capo ai partecipanti al momento della percezione dei proventi

di Mirco Leonelli

Entriamo più nello specifico, senza dimenticarci degli aspetti commissionali dei fondi.

Cerchiamo come prima cosa di “sbrogliare la matassa” della tassazione dei fondi immobiliari italiani, croce e delizia di molti risparmiatori. Fino al 31/12/2003 su questa tipologia di fondi veniva applicata a monte un'imposta sostitutiva, pari all'1% del valore netto contabile del fondo (imposta patrimoniale già scalata progressivamente dal valore della quota che era quindi al netto della stessa), esonerando quindi i partecipanti dall’assolvimento di ulteriori oneri impositivi sui proventi da essi percepiti.

Dal 1° gennaio del 2004 invece, il D. Legge 269/03 ha abolito l'imposta di cui sopra sostituendola con una ritenuta d'imposta del 12.50% per i privati e a titolo di acconto per le imprese commerciali. La tassazione sui privati viene applicata direttamente dal proprio intermediario, che funge da sostituto di imposta, e va a colpire i proventi distribuiti dal fondo (una specie di dividendi) e quelli realizzati con il riscatto o vendita sul mercato delle quote (redditi da capitale). Vanno però fatte due precisazioni. L’ammontare del dividendo, in alcuni casi, non viene interamente tassato al 12.5%: vi può infatti essere una minima parte esente da ogni tipo di ritenuta. Inoltre mentre chi ha acquistato i fondi dal 01/01/2004 si trova a pagare un’imposta sul capital gain che colpisce la differenza tra prezzo di mercato di acquisto e prezzo di vendita,  chi vi ha investito negli anni precedenti il 2004 ha come prezzo di carico fiscale non il prezzo di acquisto sul mercato ma il NAV del fondo al 31/12/2003.

Passando ora alla componente più “delicata”, i costi per chi vi investe, premetto che l’analisi che trovate qui di seguito è indicativa in quanto ogni fondo ha voci di costo diverse e sarebbe opportuno leggere nel dettaglio il prospetto informativo per approfondirne la conoscenza.

Detto questo entriamo nello specifico partendo dalla nascita del fondo. In questa sede il sottoscrittore deve versare una “commissione di sottoscrizione” (fissa o in percentuale della somma investita) che è la prima fonte di guadagno, e tra le più importanti, per l’emittente. Qualora invece decida di acquistarlo direttamente sul mercato regolamentato italiano (MTF) paga la commissione di intermediazione trattenuta dalla propria banca, diversa tra i vari istituti di credito.

Esistono inoltre anche una serie di piccoli oneri a carico del fondo e, quindi, di riflesso, dell'investitore. Tra questi abbiamo la commissione annua di gestione spettante alla SGR, il compenso per gli esperti indipendenti che devono fare perizie e valutare gli immobili ogni 6 mesi, il compenso della Banca Depositaria, le spese di manutenzione e ristrutturazione degli immobili, quelle inerenti l'acquisizione e le vendite degli stessi da parte della SGR, oltre ad altre spese varie.

Solo in alcuni casi esiste anche una provvigione pari al 20% dell’extraperformance ottenuta dal fondo rispetto all’obiettivo prefissato. Ne deriva che il fondo a scadenza trattiene una parte del NAV da rimborsare agli investitori per coprire questa provvigione, i costi sostenuti per liquidare gli immobili e il prelievo fiscale. Questo potrebbe essere un ulteriore fattore, insieme a quelli trattati nell’articolo relativo alle caratteristiche dei fondi immobiliari, a sostegno delle motivazioni che spiegano lo sconto del prezzo di Borsa rispetto al NAV.

Mirco Leonelli
mircoleo@libero.it

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