CIR (Conti Individuali di Risparmio): cosa sono
Dedicati ai piccoli investitori, i Conti Individuali di Risparmio (CIR) si pongono l’obiettivo di incentivare i risparmiatori italiani ad investire nei titoli di stato. Con vantaggi anche per le finanze pubbliche. Ecco come funzionano
di Mauro Introzzi 2 ott 2018 ore 14:58I CIR, acronimo di Conti Individuali di Risparmio, sono strumenti che mirano a incentivare l’investimento in titoli di stato da parte dei risparmiatori italiani. La principale differenza rispetto ai PIR è che questi ultimi avevano invece l’obiettivo di veicolare risorse verso le imprese, in particolare quelle di dimensioni medio-piccole, mentre l'oggetto dei CIR sono i BTP e gli altri bond governativi.
Ma cosa sono i CIR? Lo vediamo in questa guida.
COSA SONO I CIR
I CIR potrebbero essere introdotti dal decreto fiscale collegato alla prossima legge di bilancio, approvata nell’autunno del 2018. Non essendo ancora disponibili i dettagli tecnici dell’eventuale progetto di legge, le caratteristiche riportate qui di seguito potrebbero mutare nel momento in cui trovassero effettiva applicazione le indicazioni che circolano sugli organi di stampa.
I CIR sono dei conti sui quali affluiscono gli investimenti in titoli di stato, come i BTP, emessi a partire dal 2019 di un risparmiatore. I destinatari di questo strumento sono le persone fisiche residenti in Italia, che mediante questa tipologia di conti potranno godere di un’esenzione fiscale totale. Sono quindi esclusi dai CIR le aziende e le altre persone giudiriche.
In altre parole gli interessi cedolari e le eventuali plusvalenze derivanti da una differenza favorevole tra acquisto e rimborso non saranno oggetto della tassazione sulle rendite finanziarie che nel caso dei titoli di stato è pari al 12,5% (contro il 26% di titoli azionari, ETF, rapporti bancari e bond societari).
Nel momento in cui si entra in un CIR si può godere di un credito d’imposta pari al 3,5%.
I CIR, infine, sono impignorabili e insequestrabili. Ed esclusi dalle imposte di successione e donazione se le somme saranno vincolate per almeno 18 mesi.
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CIR, UNA IPOTESI ALTERNATIVA AL CREDITO D'IMPOSTA
Nelle settimane successive alle indiscrezioni legate a una loro introduzione sui media si è paventata, per il trattamento fiscale, un'ipotesi diversa rispetto al credito d'imposta. Allo studio dell'esecutivo ci sarebbe infatti l'introduzione di una deduzione del 23% sul totale dell'investimento (fino a un massimo di 3mila euro l'anno). Su 3mila euro si potranno portare in deduzione 690 euro.
I TITOLI CIR COMPLIANCE
Possono essere ricompresi in un CIR tutti i titoli di stato emessi dal Tesoro italiano a partire dal 2019. Le obbligazioni dovranno essere mantenute fino alla loro scadenza e non potranno essere date in garanzia per altre operazioni (come i pronti contro termine). I gestori, inoltre, non potranno strutturare delle operazioni short in titoli stato (ossia vendite allo scoperto).
Al vaglio ci sarebbe poi l’ipotesi di ricomprendere nel CIR, per una quota minoritaria che potrebbe arrivare a una percentuale tra il 5% e il 10%; anche qualche altra tipologia di investimenti come quella in azioni o in obbligazioni societarie.
Inizialmente si pensava che nei CIR si potesse investire una cifra compresa tra i 30 e i 900 mila euro all’anno. Successivamente si è fatta largo l'ipotesi di una limitazione ad personam (almeno inizialmente), di 3mila euro all'anno, e totali, di 15 miliardi di euro ogni anno.
QUANTO COSTA UN CIR?
La normativa dovrebbe fissare anche dei paletti ai costi del CIR, offerti da ogni intermediario finanziario abilitato da Consob e Banca d’Italia. Il costo annuo massimo sarà legato ai costi di amministrazione, consulenza e gestione per un tetto massimo pari allo 0,15% del valore totale dell’investimento.
CIR, UN VANTAGGIO ANCHE PER LO STATO
I vantaggi potenziali dei CIR non sono solo appannaggio degli investitori, ma anche del ministero del Tesoro e dei suoi conti pubblici. Uno degli effetti di una buona diffusione dello strumento potrebbe infatti essere quello di abbassare la tensione sui titoli del debito pubblico e stabilizzarne le fluttuazioni. Con conseguenti benefici sullo spread e sulla capacità di indebitamento del paese.
Strumenti analoghi sono già stati utilizzati con successo anche nei paesi anglosassoni.
Nelle intenzioni dell'esecutivo la destinazione delle risorse raccolte sarà ben chiara ex ante: il denaro sarà utilizzato per finanziare infrastrutture (ponti, strade scuole, grandi opere).
CIR, DIFFERENZE CON I PIR
I CIR ricordano da vicino un altro strumento balzato agli onori delle cronache di recente, ossia i PIR. Introdotti dal governo Gentiloni dalla Legge di Bilancio 2017, i Piani Industriali di Risparmio prevedono – come per i CIR - un totale abbattimento del carico fiscale se conservati per almeno 5 anni.
Ma a differenza dei CIR, che raccoglie solo titolo di stato italiani, gli asset idonei ad entrare in un PIR sono azioni, obbligazioni corporate, quote di fondi di investimento e anche conti correnti bancari. Un vincolo di diversificazione prevede che il 70% di quanto investito debba essere destinato a strumenti finanziari emessi da imprese italiane o europee con stabile organizzazione in Italia. Il 30% di questo 70% deve essere investito in strumenti emessi da imprese diverse rispetto a quelle incluse nel FTSE Mib. E cioè verso aziende di dimensioni minori, come quelle quotate nei segmenti MidCap, Star, Standard o sul mercato AIM.
(Photocredit: Philip James Corwin/CORBIS/Corbis via Getty Images)