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Contratto a tutele crescenti e licenziamento

Entrato nella legislazione italiana con il Jobs Act, e disciplinato dal decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015, prevede una nuova regolamentazione del licenziamento.

di Marco Delugan 23 lug 2015 ore 09:58

Il contratto a tutele crescenti è stato inserito nella legislazione italiana con l'approvazione del Jobs Act, è il nuovo contratto per le assunzioni a tempo indeterminato ed è disciplinato dal decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015.

Il contratto a tutele crescenti prevede una particolare disciplina del licenziamento. E per questo specifico aspetto del contratto, l'unica cosa a crescere sono gli indennizzi previsti per alcune fattispecie di licenziamento.

Il contratto a tutele crescenti si applica:

1) ai lavoratori assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015
2) ai lavoratori che dal 7 marzo 2015 hanno visto trasformato il contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato
3) agli apprendisti qualificati dal 7 marzo 2015

Ai rapporti di lavoro già in essere alla data di entrata in vigore di questa tipologia di contratto continuerà ad essere applicata la disciplina precedente.

CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI E LICENZIAMENO ILLEGITTIMO
Il decreto 23/2015 introduce nuove forme di tutela per i licenziamenti illegittimi Nel caso di licenziamento illegittimo, al lavoratore andrà un indennizzo crescente in base all'anzianità di lavoro, e pari a due mensilità per ogni anno di lavoro svolto.

CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI E REINTEGRO DOPO IL LICENZIAMENTO
E' ancora previsto l'obbligo di reintegro nel posto di lavoro nei seguenti casi:

1) licenziamento discriminatorio, e cioè quando avviene per:

a) credo politico
b) fede religiosa
c) appartenenza ad un sindacato
d) partecipazione ad attività sindacali
e) partecipazione a sciopero
f) appartenenza ad una razza, lingua o sesso
g) handicap
h) età
i) orientamento sessuale
l) convinzioni personali

2) licenziamento intimato nei periodi di tutela, e cioè:

a) durante il primo anno di matrimonio
b) durante la maternità e fino al compimento di un anno di età del bambino
c) durante la fruizione dei congedi parentali

3) licenziamento per motivo illecito come da ex art. 1345 c.c.
4) licenziamento intimato in forma orale

In casi come questi il lavoratore avrà diritto al reintegro nel posto di lavoro e a una indennità di risarcimento. Come da Gazzetta Ufficiale, l'indennità è:

[...] commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione per lo svolgimento di altre attività' lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà' essere inferiore a cinque mensilità' dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il datore di lavoro e' condannato, altresì', per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Nei casi in cui è previsto il reintegro, il lavoratore può scegliere di non tornare a lavorare ma di ricevere una ulteriore indennità pari a 15 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr, indennità che non sarà soggetta a contribuzione Inps.

CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI E LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA O GIUSTIFICATO MOTIVO
Nel caso di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il decreto 23/2015 prevede che al lavoratore venga riconosciuta una indennità non soggetta a contribuzione previdenziale, pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr per ogni anno di lavoro svolto, di misura complessiva non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità. La misura viene dimezzata per le piccole imprese e non può superare le sei mensilità.

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