Tesla e le altre: come funziona il Sistema Musk
L’azienda di auto elettriche non è sola, ma si muove in sinergia con altre due creature dell’imprenditore americano. Il tutto all’insegna di innovazione, visionarietà e concretezza.
di Marco Delugan 12 mag 2016 ore 10:11Tesla Motors è un'azienda automobilistica statunitense con sede a Palo Alto, in California. Produce veicoli alimentati esclusivamente a energia elettrica di fascia medio alta, e parti di auto elettriche per altre aziende. E’ stata fondata nel 2003 da Elon Musk, JB Straubelche, Martin Eberhard e Marc Tarpenning.
Elon Musk, presidente e Ceo di Tesla Motors.
Tesla è stata quotata a Wall Street il 29 giugno 2010, e precisamente al Nasdaq. Nel 2013 è stato il miglior titolo del Nasdaq 100.
Ha venduto 30mila modelli nel 2014 e più di 50mila nel 2015. E per il 2016 la previsione è di venderne 60mila.
Secondo una classifica stilata da Forbes nel 2015, Tesla Motors è l’azienda più innovativa del mondo.Come ha recentemente scritto Daniel Gross di Slate.com, Tesla è parte di un sistema più ampio, quasi un keiretsu – raggruppamento di imprese alleate, tipico del Giappone – a cui partecipano altre creature di Musk, che sono SpaceX e SolarCity.
SolarCity produce sistemi per la produzione di energia solare. SpaceX è una azienda aerospaziale.
Elon Musk è l’elemento di connessione tra le diverse aziende, per i ruoli che vi ricopre e le quote di proprietà che detiene.
Daniel Gross descrive il funzionamento del keiretsu di Musk, che lui chiama Muskonomy.
Eccone una sintesi.
Per aziende manifatturiere come SolarCity e Tesla, la dimensione è cruciale. Aumentare il volume della produzione dà maggiore potere contrattuale, sia rispetto ai fornitori sia rispetto al fattore lavoro, permette di ridurre i costi unitari di produzione e di sfruttare al meglio gli investimenti in nuove tecnologie.
SolarCity per crescere ha bisogno di liquidità anticipata. L’azienda, infatti, spende molto per costruire e installare sistemi di pannelli solari che dà poi in locazione a famiglie e aziende. Per incassare deve aspettare il pagamento dei canoni. Negli anni ha ottenuto fondi da banche, investitori istituzionali, e altri soggetti.
Anche da SpaceX.
SpaceX ha un diverso modello di business. Ha clienti che pagano in anticipo – incluso il governo degli Stati Uniti - per finanziare e prenotare lanci di satelliti commerciali e non. Come risultato, SpaceX ha liquidità in eccesso e di cui può non avere bisogno per diversi anni. In situazioni come questa spesso le aziende investono in strumenti finanziati sicuri e di breve periodo, come i titoli di stato.
La liquidità di SpaceX è stata invece utilizzata per l’acquisto di obbligazioni emesse da SolarCity, a loro volta garantite dall’affitto dei sistemi di produzione di energia solare. La mossa è, secondo Gross, poco ortodossa, perché i titoli non hanno un vero e proprio mercato e SpaceX investe in strumenti che non le renderanno nulla per almeno un anno. D’altro lato, i titoli di SolarCity rendono, dopo un anno, il 4,4%, che non è affatto male e comunque più di quanto rende un titolo di stato.
SpaceX ha acquistato titoli di SolarCity per 165 milioni nel 2015 e già 90 milioni nel 2016.
Altra collaborazione utile, è quella tra SolarCity e Tesla. Con la crescita dell’utilizzo dell’energia solare, cresce l’importanza delle batterie in cui immagazzinarla. I pannelli solari producono molta energia elettrica durante il giorno, quando la domanda per usi residenziali non è particolarmente alta e producono poco o niente durante il tardo pomeriggio e la sera, quando invece la domanda residenziale aumenta. Questa sfasatura è una barriera all’espansione dell’utilizzo dell’energia solare. Un po’ alla volta le aziende solari stanno accoppiando la generazione di energia elettrica prodotta dai loro impianti con l’immagazzinamento della stessa: le batterie vengono caricate durante il giorno per utilizzarne l’energia durante la notte.
Anche SolarCity si sta muovendo in questa direzione. Ha recentemente stipulato un accordo potenzialmente rivoluzionario con la Kauai Island Utility Cooperative delle Hawaii. L’accordo prevede la costruzione di un grande campo solare di 50 acri. La produzione non andrà però ad alimentare direttamente la rete elettrica, ma verrà immagazzinata in una gigantesca batteria da 52 megawatt-ora. E ogni giorno, dalle 5 alle 10 p.m., queste batterie funzioneranno come un impianto di produzione, iniettando energia nella rete, il tutto a costi inferiori a quelli che sarebbero stati necessari per una produzione da fonti tradizionali. Per quanto riguarda la produzione al dettaglio, SolarCity sta distribuendo un prodotto simile.
SolarCity può acquistare le batterie da diverse aziende, ma ha scelto, guarda caso, di acquistarle da Tesla.
Otterrà probabilmente un buon prezzo, e potrà stipulare accordi per ottenere prodotti di qualità e con specifiche particolari e utili all’utilizzo che ne dovrà fare, probabilmente meglio e di più che con altri collaboratori.
Ma questo accordo è anche un vantaggio per Tesla.
Anche Tesla ha bisogno di crescere, per via delle economie di scala che ne conseguono. Tesla costruisce le batterie che alimentano i suoi veicoli, e in vista di un aumento della produzione di auto sta costruendo una enorme fabbrica in Nevada, chiamata Gigafactory. E qualsiasi cosa che aumenta il volume degli ordini di batterie, che siano della stessa Tesla o di SolarCity o di altri, aiuta ad abbassarne il costo unitario.
Tutto questo dovrebbe contribuire a ridurre il costo di produzione di Tesla, potendo così contribuire ad aumentarne le vendite. E, in ultima analisi, un aumento delle vendite di Tesla può portare a una maggiore domanda potenziale di SolarCity. Molte delle persone che acquisteranno o hanno già acquistato Tesla possono decidere di "caricare" le loro auto con i sistemi di stoccaggio venduti da SolarCity.
E così SolarCity raccoglie fondi da SpaceX, e fornisce un flusso di ordini e ricavi a Tesla che in questo modo aumenta i volumi di produzione di batterie e abbassa il costo delle sue auto.
Sembra tutto perfetto. Ma…
Questo genere di rapporti può creare importanti sinergie tra le aziende che vi partecipano. Ma rappresentano anche una potenziale fonte di conflitti. Nel sistema economico e finanziario americano, gli azionisti sono considerati i padroni dell’azienda, e in Muskonomy non è sempre chiaro quale sia l’affare migliore per gli azionisti delle diverse aziende. Se ci fosse una forte crescita della domanda di batterie, e altre aziende solari fossero disposte a pagare più di SolarCity per la produzione di Gigafactory? Da un punto di vista strettamente economico, avrebbe più senso per Tesla privilegiare gli altri clienti, o comunque alzare il prezzo. Ma così facendo danneggerebbe SolarCity.
Inoltre, queste interconnessioni possono contribuire alla diffusione di problemi da una società a un altra. Se Tesla dovesse avere un problema serio con la produzione delle batterie, questo potrebbe portare a conseguenze disastrose per SolarCity, che a loro volta renderebbero più difficile effettuare i pagamenti dei titoli che venduti a SpaceX.
Finora questi accordi hanno funzionato molto bene.