Ma cosa ha letto Warren Buffett?
“Ho letto un libro, quasi 60 anni e fa, e lì ho imparato tutto quello che serve”, dice Warren
di Antonio Lucenti
Tutto quel che serve, Buffett lo ha imparato qui
L’interesse che Buffett riscuote presso gli investitori è tale da aver creato una sorta di tifoseria appassionata e disposta ad incontrarlo per seguire le sue dichiarazioni e carpire il suo segreto. Per ironia, lui non lo ha mai nascosto, il suo segreto, addirittura svelandone con naturalezza e dettagliatamente la fonte. Dichiara: “ho letto un libro, quasi 60 anni fa, dal titolo “The intelligent investor”, ed ho imparato da questo libro tutto quello che è necessario sapere sull’investire, con particolare interesse per i capitoli 8 e 20: da allora non ho apportato cambiamenti.”
Un libro, 2 capitoli, un successo leggendario
E’ quasi imbarazzante pensare che, non solo Buffett ha distillato il proprio successo tramite un libro, ma addirittura ci elenca i 2 capitoli specifici, basi della sua sapienza. Vediamo quali sono le perle di saggezza che si ritrovano in questi 2 capitoli di un libro scritto da Ben Graham e pubblicato nel 1949.
Capitolo 8
I mercati salgono e scendono: è l’esperienza di ognuno, ed ormai consideriamo un fatto banale. Il capitolo affronta questo argomento: trattare i movimenti del mercato in modo da investire con successo. C’è la tendenza a divenir fiduciosi, e quindi ad investire denaro, quando le azioni hanno registrato guadagni corposi, e viceversa, a vendere nel panico, dopo grosse perdite. Basterebbe ragionare logicamente per 2 secondi per capire che questo comportamento non ha nulla di razionale. Tuttavia si continua a farlo.
Buffett ha costruito il proprio successo utilizzando i movimenti del mercato, ma senza seguirlo come i lemming seguirono il pifferaio magico. Ha acquistato titoli come Coca Cola e Wells Fargo, quando il mercato li sottovalutava ed ha rifiutato Microsoft ed Amazon, riconoscendo la propria incompetenza nel ramo ed una certa tecnofobia. Essere avidi quando gli altri sono spaventati, e prudenti quando gli altri sono avidi. E’ semplice qual che Graham dice nel capitolo 8.
Il vero investitore non è quasi mai costretto a vendere le proprie azioni, e, in generale, è libero di ignorarne le quotazioni: deve porre la propria attenzione sulle proprie scelte e non altro. Infatti l’investitore che si permette di essere ondivago e di farsi prendere dal timore per ingiustificati ribassi di mercato, sta trasformando e perdendo il proprio vantaggio. Per questo uomo sarebbe meglio che non vi fosse quotazione per le sue azioni: si risparmierebbe l’angoscia causata dagli errori di giudizio di altri.
Capitolo 20
Il capitolo 20 si apre con un messaggio potente. Nella vecchia leggeda il saggio condensa la soluzione del problema in una unica frase: “anche questo passerà”, da confrontare con il motto “Margine di sicurezza”. La previsione sull’andamento delle azioni è soggetto all’errore causato da eventi imprevisti o imprevedibili; per ciò , poiché sono soggetto a tali eventi, mi assicuro al 100%. La soluzione è pagare le azioni molto meno del loro valore stimato, lasciandosi una riserva per l’errore: questo è il margine di sicurezza. Pensi che il valore dell’azione sia 50$? Benissimo. Non pagarla più di 25$. Pensi che potrebbe guadagnare 2$ l’anno prossimo? Ottimo. Posizionati in modo da estrarre utile per te anche se guadagnerà solo 1$. Deve esserci ampio margine tra la potenzialità stimata ed i risultati presunti.
Un esempio del contrario di margine di sicurezza potrebbe essere l’azione Visa. E’ sicuramente una grande azienda, in grado di sfruttare il passaggio dal denaro di carta a quello di plastica, ma attualmente costa 22 volte gli utili 2009. I calcoli indicano che probabilmente questo è il suo valore, se tutto andrà come dovrebbe andare secondo i piani. E se non succede? Se la crescita si blocca? Se la gestione perde la palla? Se i consumi scendono in picchiata?
Se… se… se… se… questo è il margine di sicurezza.
Concludendo
Queste lezioni basilari possono sembrare, ed in realtà lo sono, noiose. Ma molti investitori sbagliano a non farle proprie. E’ ovvio che Buffett non è l’unico ad aver letto il libro di Benjamin Graham, ma quel che lo rende diverso dagli altri , è il fatto che, semplicemente, ha calato le sue lezioni nella pratica abituale.
Quello che avete appena letto è un condensato di un articolo scritto da Morgan Housel e pubblicato del 17 luglio 2009 su The Motley Fool su e liberamente tradotto.
L'articolo è interessante nella sua apparente semplicità; o almeno, nel porgere, con semplicità, soluzioni non facilmente raggiunte, anche se raggiungibili. In realtà le soluzioni semplici nascondono sempre sotto le linee apparentemente elementari, elaborazioni evolute ed una preparazione di livello molto elevato. La sezione aurea non è nata dal caso, ma dall'evoluzione, e identificata dal genio umano; l'armonia e l'eleganza sono frutti dell'osservare, del comprendere, del conoscere, del sapere, e della loro sintesi.
Buffett, infatti, con grande onestà, e forse con un pizzico di motivata vanità, non perde occasione per sottolineare che il suo "metodo" pur essendo l'applicazione del puro buon senso, teoricamente a disposizione di chiunque dotato di normale capacità di ragionamento, non è applicabile dal comune investitore che non ha i suoi mezzi di informazione, uno staff tecnico come il suo, una conveniente esperienza, ed un patrimonio adeguato ad intervenire nel mercato con una potenza contrattuale elevata.
Tuttavia…
Tuttavia questo non è sufficiente motivo per deporre le armi prima di saggiare il nemico. Ricordo a chi mi legge le famose, o almeno degne di esserlo, parole di Homer Simpson: Hai fatto del tuo meglio ed hai fallito. La morale è: non provare mai. Un fascio di luce. Che può abbagliare qualcuno, oppure illuminare la via a qualcun altro
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