Il nuovo Warren Buffett è norvegese e non gli importa nulla della diversificazione
Si chiama Kristian Siem, ed è un value investor un po’ particolare. Investe in pochi settori, di cui ha una profonda conoscenza, acquista, ristruttura e rivende. Con un’ottica di lungo periodo.
di Marco Delugan 15 giu 2016 ore 10:34Concentrated Investing: Strategies of the World's Greatest Concentrated Value Investors racconta le gesta e spiega le tecniche di una specie particolare di value investor, di quelli che, abbandonato il concetto di diversificazione, hanno deciso di concentrarsi su pochissimi settori su cui hanno maturato una grande esperienza e una grande competenza.
Ne ha scritto nei giorni scorsi Marketwatch.
Stando al testo di Allen Benello, Michael van Biema, e Tobias Carlisle, i campioni del concentrated value investing hanno battuto regolarmente e di molto anche i migliori gestori di fondi di investimento.
Il loro approccio è un misto di finanza e industria: acquistano aziende sottovalutate, o che mostrano di avere potenzialità ancora inespresse, le rimettono in sesto e le rendono profittevoli per poi rivenderle. E per fare questo non basta certo maneggiare, anche se con grande maestria, i soli multipli finanziari, ma serve una profonda conoscenza del settore e un approccio “industriale” e di lungo periodo.
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E in questo senso il concentrated value investing diventa simile all’azionariato attivo di personaggi come Carl Icahn o Jorge Paulo Lamann. Anche loro acquistano partecipazioni in aziende per poi contribuire direttamente alla loro gestione e valorizzazione.
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Una delle storie raccontate in Concentrated Investing è quella di Kristian Siem. Molti lo considerano il Warren Buffett norvegese. Dal 1987 ha realizzato un incremento annuale composto del suo capitale pari al 30%, portandolo dai 5 milioni di dollari del 1987 a 2 miliardi di dollari nel 2014. Lo ha fatto concentrandosi sul settore delle perforazioni petrolifere offshore e dei trasporti navali, settori che per studi universitari ed esperienza lavorativa conosce molto bene.
Ve la riproponiamo, in estrema sintesi, proprio per sottolineare come il suo approccio sia diverso dal tipico approccio puramente finanziario.
Siem ha 67 anni. La sua storia di concentrated investor è cominciata alla fine degli anni ’70 quando, non ancora trentenne, ha incontrato una importante occasione di investimento proprio nel settore delle perforazioni offshore.
Era Haakon Magnus, un impianto di perforazione semi-sommergibile sequestrato dalla banca creditrice a causa dell’insolvenza del proprietario. L’impianto era costato 37 milioni di dollari e poteva essere rilevato con 22.
Siem poteva contare su una solida reputazione di esperto di perforazione offshore. Ma oltre ai 22 milioni chiesti dalla banca, ne servivano altri 4,5 per rimettere in funzione l’impianto, e l’importo dell’intera operazione diventava così piuttosto consistente per le sole sue tasche, anche contando la possibilità di prenderne in prestito una parte.
Il primo ad essere contattato come possibile partner fu Jan Tore Odegard, capo della divisione petrolio alla Norcem. L’operazione comprendeva la cessione di una quota azionaria pari al 15% dei 4,5 milioni di dollari che Norcem avrebbe dato a Siem per far ripartire la piattaforma, più l’opzione all’acquisto di altre azioni fino al raggiungimento del 50% della proprietà. Il progetto fu dapprima approvato dalla Norcem che però si tiro indietro all’ultimo momento: l’operazione sembrava troppo complessa e rischiosa.
Secondo uno schema che si sarebbe ripetuto più volte nella sua carriera, Siem cercò e trovò un’altra strada.
Molti dei fornitori norvegesi di Viking Offshore vantavano crediti nei confronti di Haakon Magnus, denaro di cui sarebbero tornati in possesso solo se la Chemical Bank avesse venduto l’impianto per almeno 22 milioni di dollari. Siam disse ai creditori di Haakon Magnus che l’unica speranza per avere indietro quel denaro era seguirlo nel suo progetto, e li convinse a essere parte dell’operazione anticipando il capitale di rischio.
Secondo lo stesso Siem, fu il suo entusiasmo a convincerli: la sua competenza, il fatto che ci investisse capitali personali, che conoscesse il settore, che ci credesse. E quando Siem riuscì a vendere l’impianto per 32,5 milioni di dollari, gli ex creditori di Haakon Magnus si ritrovarono con molto di più di quanto avevano investito.
Un errore che aprì nuove strade
Nel 1981, Siem incontrò l’affare che gli avrebbe permesso l’accesso al mondo dei trasporti navali: la Daimond M Dragon, una nave da perforazione allora in vendita. Non era in ottime condizioni e Siem riuscì ad acquistarla per 32 milioni di dollari. Sebbene la Diamond M Dragon fosse un affare troppo promettente per lasciarselo scappare, Siem credeva che la perforazione offshore fosse sul punto di crollare. Nel 1982, quando la nave era sotto contratto con la Phillips, cominciò a considerare diverse opzioni. Anni dopo, col senno di poi, disse che avrebbe dovuto venderla, e per ben 70 milioni di dollari.
E invece la fece confluire nella Common Brothers Plc., una compagnia navale di Newcastle, Inghilterra, fondata nel 1892 e quotata al London Stock Exchange, una delle prime compagnie navali in India durante il British Raj quando il trasporto via mare britannico era al suo massimo storico. Siem disse di essere rimasto come ipnotizzato dal fascino di una così antica compagnia navale, e pensava che l’operazione lo avrebbe reso il maggior azionista della Common Brothers.
Ma, come si accorse dopo aver concluso l’operazione, la compagnia non era in buone condizioni. Il suo principale asset, le navi cisterna, era gestito male ed era causa di perdite economiche. Quando Siem salì a bordo di una delle navi cisterna per ispezionarla, scoprì che solo il bar degli ufficiali era conservato in buono stato.
Noi pensavamo di aver ottenuto un buon prezzo per la nave da perforazione e loro di aver ottenuto un buon prezzo per le azioni. Non ricordo quale fosse allora la quotazione del titolo, ma di sicuro non ne valeva la pena. In quei giorni gli ufficiali di bordo della Common Brothers si incontravano tutte le sere al bar. Davvero una cosa brillante, quando il resto della nave cadeva a pezzi. Credo fosse sintomatico della cura con cui venivano gestiti tutti gli asset della compagnia.
La Common Brothers fu un pasticcio che Siem mise quattro anni ad aggiustare. Un pasticcio che però gli permise l’accesso all’industria dei trasporti navali, dove ottenne poi importanti successi.
Come abbiamo visto sopra, Siam ha ottenuto ottimi risultati dai propri investimenti specializzandosi in settori relativamente piccoli e utilizzando un approccio misto, con elementi finanziari e altri di tipo industriale. Un approccio descritto da questa sua dichiarazione riportata in Concentrated Investing:
L’industria, per sua natura, vive di lungo periodo, mentre la gestione di fondi di investimento, per sua natura, ha orizzonti di breve periodo. Gli investitori finanziari entrano ed escono dai loro investimenti: possono schiacciare il bottone in qualsiasi momento e uscire. Chi investe in un’ottica industriale non ha questo privilegio. Io credo che il successo nell’industria dipenda dalla capacità di pensare in termini di lungo periodo, e se cose come fusioni e acquisizioni possono metterti fuori dal gioco nel breve periodo, bisogna sempre prendere decisioni come se si fosse proprietari per sempre. E questo è salutare per l’industria, e quindi anche per gli azionisti. Io credo che questa sia stata la chiave del successo delle nostre operazioni.
La storia di Kristian Siem è liberamente tratta da Concentrated Investing: Strategies of the World’s Greatest Concentrated Value Investors.