Prima regola per investire in azioni: come sono trattati gli azionisti di minoranza
Gli azionisti di minoranza non possono aspettarsi di ricevere un trattamento privilegiato rispetto agli altri stakeholder, ma quanto meno dovrebbero pretendere un trattamento equo
di Redazione Soldionline
Tratto da Le dieci regole d'oro per investire in azioni di Hugh Young, a cura di Aberdeen Asset Management
Prima di investire in una società occorre porsi alcune domande. Innanzitutto, chi la controlla. In secondo luogo, se ci si può fidare di chi la controlla. Gli azionisti di minoranza sono solo uno dei tanti gruppi di stakeholder di una società (dipendenti, management, fornitori, banche e azionisti principali, così come l’eventuale famiglia fondatrice).
Gli azionisti di minoranza non possono aspettarsi di ricevere un trattamento privilegiato rispetto agli altri stakeholder, ma quanto meno dovrebbero pretendere un trattamento equo. Ecco perché occorre domandarsi se ci si può ragionevolmente aspettare che chi detiene il controllo dell’azienda agisca con equità.
Il controllo delle società non è necessariamente nelle mani di un azionista. Nel caso dei servizi di pubblica utilità spesso sono i governi stessi ad esercitare controlli molto stringenti sulle tariffe. I prezzi dell’elettricità sono un elemento socialmente sensibile, con il quale spesso i politici giocano, anche a spese degli azionisti di minoranza. È anche vero, però, che molto spesso la parte controllante è un azionista, normalmente la famiglia fondatrice o un conglomerato di imprese. Al di là della fiducia, il modo migliore per giudicare se chi controlla un’azienda agirà con equità in futuro consiste nel vedere se ha agito equamente in passato.
Chi ha dimostrato nel tempo di trattare con rispetto i soci di minoranza merita la considerazione degli investitori. Innocenti fino a prova contraria, insomma, anche perché l’esperienza insegna che i comportamenti passati sono in genere validi indicatori dei comportamenti futuri.
LEGGI TUTTE: Le dieci regole d'oro per investire in azioni
Come sono trattati gli azionisti di minoranza, la vignetta di Fran Orford:
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Prima di investire in una società occorre porsi alcune domande. Innanzitutto, chi la controlla. In secondo luogo, se ci si può fidare di chi la controlla. Gli azionisti di minoranza sono solo uno dei tanti gruppi di stakeholder di una società (dipendenti, management, fornitori, banche e azionisti principali, così come l’eventuale famiglia fondatrice).
Gli azionisti di minoranza non possono aspettarsi di ricevere un trattamento privilegiato rispetto agli altri stakeholder, ma quanto meno dovrebbero pretendere un trattamento equo. Ecco perché occorre domandarsi se ci si può ragionevolmente aspettare che chi detiene il controllo dell’azienda agisca con equità.
Il controllo delle società non è necessariamente nelle mani di un azionista. Nel caso dei servizi di pubblica utilità spesso sono i governi stessi ad esercitare controlli molto stringenti sulle tariffe. I prezzi dell’elettricità sono un elemento socialmente sensibile, con il quale spesso i politici giocano, anche a spese degli azionisti di minoranza. È anche vero, però, che molto spesso la parte controllante è un azionista, normalmente la famiglia fondatrice o un conglomerato di imprese. Al di là della fiducia, il modo migliore per giudicare se chi controlla un’azienda agirà con equità in futuro consiste nel vedere se ha agito equamente in passato.
Chi ha dimostrato nel tempo di trattare con rispetto i soci di minoranza merita la considerazione degli investitori. Innocenti fino a prova contraria, insomma, anche perché l’esperienza insegna che i comportamenti passati sono in genere validi indicatori dei comportamenti futuri.
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