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La costruzione di un portafoglio obbligazionario

di Andrea Modena
Ritorniamo sui fattori principali che determinano il rendimento (e quindi anche il rischio) delle obbligazioni:
  1. la liquidità del titolo;
  2. il rischio di insolvenza (Rischio emittente);
  3. il tempo alla scadenza (Duration).
Risolviamo in breve la questione del rischio legata alla liquidità del titolo: più un titolo è liquido, più rapidamente può essere convertito in moneta senza significative concessioni di prezzo. Di conseguenza nessun investitore non professionale dovrebbe acquistare titoli non quotati per il semplice motivo che non esiste un prezzo trasparente e rilevabile quotidianamente, oltre al fatto che, in caso di vendita, potrebbe addirittura mancare la controparte disposta a pagare il prezzo richiesto. 

Quanto al rischio emittente, distinguiamo ai fini delle nostre analisi i titoli obbligazionari nelle seguenti categorie: Obbligazioni Governative di economie sviluppate, Obbligazioni Governative di paesi emergenti, obbligazioni emesse da aziende con utili e bilanci “stabili” (Corporate Bond con rating investment grade) ed obbligazioni emesse da aziende con bilanci non “brillanti” (Corporate High Yield Bond con basso rating). 

Il rating è un metodo utilizzato da agenzie specializzate per classificare l’affidabilità degli emittenti sia governativi che corporate, costruito in base alla loro rischiosità con riguardo ai dati di bilancio attuali e prospettici. Vanno infine considerate le obbligazioni indicizzate all’inflazione (inflation linked bond) e le obbligazioni convertibili. Il rischio emittente del portafoglio non dovrebbe superare il 2-3%, fatto che consiglierebbe ad un risparmiatore di non acquistare comunque titoli di singole società o paesi emergenti (dove il rischio emittente è molto alto), ma strumenti di risparmio gestito (Etf, Fondi o Sicav), che già di per sé hanno un rischio emittente molto basso, poiché estremamente diversificati.

Prima ancora di analizzare quanto ci si possa aspettare in termini di rendimento nel lungo termine dalle singole classi di obbligazioni, riportiamo di seguito una tabella che riassume indicazioni sul livello di rischio in termini di volatilità, misurata tramite la deviazione standard, a parità di durata residua dei titoli intorno ai 5 anni:

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Valutare le obbligazioni in base al rating è sicuramente un metodo importante per rilevare il rischio default (fallimento), anche se troppo spesso le agenzie di rating modificano i giudizi con troppo ritardo rispetto alle condizioni di mercato.

Il rischio espresso dalla volatilità storica, fornisce invece una misura quantitativa più chiara di quanto il capitale iniziale investito possa oscillare investendo nelle diverse alternative.

Come stimare invece il rendimento delle attività prese in considerazione? Il metodo di stima dei rendimenti attesi è la spina nel fianco di tutte le simulazioni di portafoglio: ogni metodo ha pro e contro sui quali non ci dilungheremo in questa sede. Un punto di partenza ragionevole per la stima dei rendimenti futuri è la differenza nei rendimenti medi storici di lunghissimo termine delle singole tipologie di obbligazioni rispetto ai rendimenti privi di rischio, ossia quello che viene definito Yield spread storico. 50 anni di dati abbracciano ogni scenario macroeconimico possibile e dunque possono essere ritenuti attendibili per effettuare le simulazioni che ci interessano.

Nel grafico sottostante sono riportati gli Yield spread storici del mercato (Periodo 1954-2008). rispetto al free risk, per scadenze omogenee. Si può stimare ragionevolmente che le obbligazioni inflation linked per le quali mancano dati storici sufficientemente lunghi, possano avere uno spread intorno al 2%.

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Elaborazione ufficio sudi DenUp www.denup.it

Come si può facilmente osservare nel grafico seguente, rischio e rendimento delle diverse asset class non sono perfettamente lineari per cui, all’assunzione di rischi maggiori, non sempre ci si potrà attendere un aumento del rendimento in modo proporzionale.

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Elaborazione ufficio sudi DenUp www.denup.it

Di seguito infine rappresentiamo le ultime grandezze necessarie per completare lo studio, ossia gli indici di correlazione degli ultimi 5 anni delle classi di obbligazioni considerate. L’indice di correlazione esprime la relazione tra due variabili per evidenziare se a ciascun valore della prima variabile corrisponda con una certa regolarità un valore della seconda. Non si tratta necessariamente di un rapporto di causa ed effetto, ma semplicemente della tendenza di una variabile a variare in funzione di un'altra.

A valori positivi dell’indice di correlazione corrispondono movimenti nella stessa direzione tra le variabili considerate e viceversa a valori negativi corrispondono movimenti nella direzione inversa. Dati vicino allo zero segnalano invece movimenti indipendenti tra le variabili. La correlazione a 5 anni è ritenuta essere una grandezza sufficientemente stabile nel tempo e dunque utilizzabile per effettuare stime ragionevoli nella costruzione di portafogli.

In verde sono evidenziate i comparti gli indici obbligazionari meno correlati ed in rosso quelli più correlati.

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Elaborazione ufficio sudi DenUp www.denup.it

Inserendo gli input di rendimento, rischio e correlazione in un ottimizzatore, si potrà ottenere il ventaglio dei portafogli cosiddetti efficienti, ossia quei portafogli che massimizzano il rendimento, per ogni livello di rischio richiesto dall’investitore. Una volta scelto il portafoglio strategico adatto alla propria propensione al rischio, il lavoro tuttavia non è terminato: pur essendo un buon punto di partenza, questo dovrà poi essere monitorato in base all’andamento del ciclo economico e dei trend delle componenti sottostanti.

Di questo ci occuperemo nei prossimi appuntamenti.

Andrea Modena
ufficiostudi@denup.it

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